Publio Annio Floro, detto anche Lucio Anneo Floro o anche Giulio Floro (in latino Publius Annius Florus, Lucius Annaeus Florus, Iulius Florus; Africa, 70/75 circa – Roma, 145 circa), è stato uno storico e poeta romano, di origini africane.

Biografia

È dato solo come più probabile dagli studiosi che i diversi nomi, fino a tre diversi Florus autori di opere pervenute, siano la stessa persona[1], a cui riferire, quindi, come un unico autore le notizie che seguono.
Floro visse all'incirca tra il 70/75 e il 145[2] e della sua vita si sa solo quel poco che afferma nel dialogo Vergilius orator an poeta (Virgilio oratore o poeta), di cui è pervenuta la parte iniziale: di origine africana, partecipò a Roma a una gara di poesia nella quale ingiustamente non fu premiato per la gelosia di Domiziano. Floro avrebbe lasciato allora, indispettito, la capitale e viaggiò a lungo nel Mediterraneo, fermandosi in Spagna, a Tarragona, dove insegnò retorica[3].
Ritornato nella capitale, divenne amico dell'imperatore Adriano[4] e si dedicò alla storia ed alla poesia, anticipando il gusto della scuola di coloro che saranno definiti poetae novelli. In base all'evidenza interna, dovrebbe essere vissuto quantomeno fino al 140[5].

Opere

L. Annio Floro, Epitome rerum Romanarum, a cura di Claudius Salmasius, Amstelodami, ex Officina Elzeviriana, 1660.

Epitoma de Tito Livio

La sua opera storico-retorica, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC libri duo, è un riassunto di settecento anni di guerre romane da Romolo ad Augusto, il cui titolo probabilmente non è autentico[6], ma aggiunto successivamente e impropriamente, perché l'autore, se certamente attinge soprattutto a Livio, se ne differenzia nello spirito e nell'impostazione (fino a contraddirlo[7]) e utilizza ampiamente altre fonti, quali Sallustio, Cesare e Seneca il Retore, registrando, inoltre, avvenimenti successivi alla trattazione liviana[6].
Floro divide la storia romana in quattro età, come quelle della vita umana, secondo un criterio che aveva adottato Seneca il Vecchio nelle sue Historiae: il periodo monarchico (infanzia), l'età repubblicana fino alla conquista di tutta le penisola italica (adolescenza), la costruzione di un impero e la pacificazione di Augusto (maturità), l'età imperiale fino ad Adriano (vecchiaia), sebbene con Traiano al'Impero romano venga restituita una nuova giovinezza[8]:

«Se qualcuno dovesse contemplare il popolo romano come un singolo individuo e rivedere tutta la sua vita, come è nato, come è cresciuto, come è arrivato a quella che può essere chiamata la maturità della sua virilità e come in seguito, per così dire, abbia raggiunta la vecchiaia, troverà che è passato attraverso quattro fasi di progresso. Il primo periodo, quando era sotto il dominio dei re, è durato per quasi 400 anni, durante i quali ha lottato contro i suoi vicini, nelle immediate vicinanze della capitale. Questo periodo sarà la sua infanzia. Il suo periodo successivo si estende dal consolato di Bruto e Collatino a quello di Appio Claudio e Quinto Fulvio, uno spazio di centocinquanta anni, durante i quali il popolo romano ha soggiogato l'Italia. Era un'epoca di attività estreme per i suoi soldati e le loro braccia, e può quindi essere chiamato la sua gioventù. Il periodo successivo è dato dai centocinquanta anni fino al tempo di Cesare Augusto, durante il quale si è diffusa la pace in tutto il mondo. Questa è stata la virilità e, per così dire, la maturità robusta dell'impero. Dal tempo di Cesare Augusto fino ai nostri anni vi è stato un periodo di non meno di duecento anni, durante il quale, a causa della inattività degli imperatori, il popolo romano, per così dire, è divenuto vecchio e perduto la sua potenza, salvo che sotto il dominio di Traiano di nuovo mosse le braccia e, contrariamente alle aspettative generali, ancora una volta ha rinnovato il suo vigore con i giovani»

L'opera è, come si nota anche solo dal brano riportato, un panegirico, pieno di retorica e di enfasi, del valore militare di tutto il popolo romano, di cui esalta le gesta dalle origini e che risale, come impostazione, ala dottrina stoica dei cicli e della palingenesi[9]. Se ne ricava, comunque, che il valore storico dell'opera risulta di scarso valore, troppo dominata com'é da intenti retorici e moralistici, connessi con profondi motivi di propaganda imperiale del periodo in cui scrive: Floro elogia più che raccontare, come evidente dal fatto, ad esempio, che egli presenta l'epoca delle guerre puniche come un'epoca aurea ed incorrotta, lamentando l'eccesso di lusso e ricchezza del suo tempo.

Il testo risulta diviso in due libri, di cui il I (per un totale di 47 capitoli) contiene le guerre esterne: I tempi dei sette re, a cominciare da Romolo; Ricapitolazione dei sette re; Cambiamento di costituzione; Guerra contro gli Etruschi e il re Porsenna; Guerra contro i Latini; Guerra con gli Etruschi, i Falisci, i Veienti, i Fidenati; La guerra gallica; Guerre galliche; Guerra latina; Guerra contro i Sabini; Guerra contro i Sanniti; Guerra etrusca, sannitica e gallica; Guerra tarentina; Guerra picena; Guerra salentina; Guerra contro i Volsiniesi; Le sedizioni; Prima guerra punica; Guerra contro i Liguri; Guerra gallica; Guerra contro gli Illiri; Seconda guerra punica; Prima guerra macedonica; Guerra di Siria contro il re Antioco; Guerra etolica; Guerra d'Istria; Guerra contro i Gallogreci; Seconda guerra macedonica; Seconda guerra illirica; Terza guerra macedonica; Terza guerra punica; Guerra acaica; Imprese di Spagna; Guerra di Numanzia; Guerra asiatica; Guerra giugurtina; Guerra contro gli Allobrogi; Guerra cimbrica, teutonica, tigurina; Guerra tracica; Guerra mitridatica; Guerra contro i pirati; Guerra di Creta; Guerra contro le Baleari; Spedizione contro Cipro; Guerra gallica; Guerra partica; Ricapitolazione[10].

Il II libro, di 34 capitoli, contiene le guerre civili e le esterne fino ad Augusto: Le leggi graccane; Sedizione di Tiberio Gracco; Sedizione di Caio Gracco; Sedizione di Apuleio; Sedizione di Druso; Guerra sociale; Guerra servile; Guerra contro Spartaco; Guerra civile di Mario; Guerra contro Sertorio; Guerra civile sotto Lepido; Guerra contro Catilina; Guerra civile tra Cesare e Pompeo; Vicende sotto Cesare Augusto; Guerra di Modena; Guerra di Perugia; Triumvirato; Guerra contro Cassio e Bruto; Guerra con Sesto Pompeo; Guerra partica sotto Ventidio; La guerra partica sotto Antonio; Guerra con Antonio e Cleopatra; Guerra contro i Norici; Guerra illirica; Guerra di Pannonia; Guerra dalmatica; Guerra contro i Mési; Guerra tracica; Guerra dacica; Guerra sarmatica; Guerra germanica; Guerra contro i Getuli; Guerra armenica; Guerra cantabrica e asturica; La pace coi Parti e la consacrazione di Augusto[11].

Lo stile particolarmente colorito della sua opera rappresenta, di fatto, un'anticipazione dei caratteri di ciò che sarà la letteratura africana, pagana e soprattutto cristiana, dei secoli successivi[12].

Poesie

Di Floro poeta ci sono rimasti, nell'Anthologia Latina, alcuni epigrammi[13], in trimetri trocaici e alcuni versi scherzosi indirizzati ad Adriano con relativa ironica risposta dell'imperatore-poeta:

(LA)

«Ego nolo Caesar esse / ambulare per Britannos / latitare per Germanos / Scythicas pati pruinas»

(IT)

«Io non voglio essere Cesare / e girare tra i Britanni / e nascondermi in Pannonia / e soffrire il gel polare!»

Cui l'imperatore rispose:

(LA)

«Ego nolo Florus esse / ambulare per tabernas / latitare per popinas / culices pati rotundos»

(IT)

«Io non voglio essere Floro / e girare tra tuguri / imboscarmi per locande / patire tonde zanzare»

I componimenti risultano, in genere, senza particolari pregi poetici, concentrandosi su temi abbastanza consueti come la celebrazione delle rose[14] e della giovinezza.
A lui è attribuito da alcuni studiosi, proprio in base alla consonanza tematica, anche il carme Pervigilium Veneris, anche se lingua e metrica contribuirebbero a sospingerlo verso il IV secolo d.C.

Vergilius orator an poeta

Ad Annius Florus è attribuito un dialogo di cui resta una parte dell'introduzione, concepita secondo lo stile dei dialoghi ciceroniani, in cui si ambienta la scena[15] e si introducono gli interlocutori; più nello specifico, la cornice è ambientata in un giardino che circonda un tempio vicino al porto di Tarragona, dove avviene l’incontro tra l’autore, poeta latino di origine africana, e uno straniero di passaggio, a cui egli racconta gli eventi degli ultimi anni della propria vita. Nelle ultime frasi l’autore difende, contro la svalutazione dell’interlocutore, il proprio mestiere di maestro di scuola impegnato a insegnare la morale e la letteratura ai giovinetti attraverso la lettura di carmina[16].
«La datazione dell’opera all’inizio del II secolo si ricava dalla menzione dei Giochi Capitolini di Domiziano, a cui l’autore avrebbe partecipato anni prima, quand’era ancora giovanissimo (tibi puero), e di un trionfo sulla Dacia, che potrebbe essere identificato con quello celebrato da Traiano»[17].

L'argomento, consueto nelle scuole di retorica, se assegnare un autore al proprio genere o ad un altro, prelude alla valutazione di Virgilio come maestro di ogni sapere che si svilupperà nel Tardoantico e, per noi, avrà la sua massima espressione in Macrobio.

Epistolario

Rimangono due frammenti delle lettere ad Adriano riportati da Carisio. Nel primo Floro confessa ad Adriano: «io mi diletto di poesia»; nell’altro lo intrattiene su cose storiche: «quasi preda tolta agli Arabi o ai Sarmati»[18].

Edizioni

Note

  1. ^ Edw. S. Forster tra i tanti.
  2. ^ Epitoma, praefatio, 8 e I 5, 5-8.
  3. ^ Occasionali elogi della Spagna nell'opera maggiore, come, ad esempio, in I 22, 38, dimostrano il buon rapporto con questa provincia. Anche il Vergilius è ambientato in Betica, come si desume dalle prime righe del cap. 1.
  4. ^ Elio Sparziano, Adriano, 16, 3.
  5. ^ Letteratura Latina Cambridge, vol. 2, Da Ovidio all'epilogo, Milano, Mondadori, 2007, p. 712
  6. ^ a b F. R. D. Goodyear, Storia e biografia, in Letteratura Latina Cambridge, vol. 2, Da Ovidio all'epilogo, Milano, Mondadori, 2007, pp. 401-402.
  7. ^ Treccani.it
  8. ^ Floro, Epitoma, praefatio, 4-8.
  9. ^ Cfr. C. Facchini Tosi, Il proemio di Floro: la struttura concettuale e formale, Bologna, Patron, 1990.
  10. ^ Il termine Anacephalaeosis, un calco dal greco, indica appunto una ricapitolazione.
  11. ^ «Altro punto di discussione è quello che riguarda i titoli dei capitoli. Vi furono essi posti dallo stesso Floro? Forse essi sono semplicemente dovuti all'opera di un amanuense o di uno studioso che li scrisse in margine, donde poi furono riportati nel testo. Forse servirono come suddivisione di studio per i giovani»: J. Giacone Deangeli, Introduzione a Floro Epitome e frammenti, Torino, UTET, 1969, p. 308.
  12. ^ F. R. D. Goodyear, Storia e biografia, in Letteratura Latina Cambridge, vol. 2, Da Ovidio all'epilogo, Milano, Mondadori, 2007, pp. 401-403.
  13. ^ 14 in tutto nell'edizione di E. Castorina, I poetae novelli, Firenze, Sansoni, 1949, pp. 40-45.
  14. ^ I frr. X-XIII Di Giovine sono variazioni sul tema.
  15. ^ Recentemente si è voluta suggerire una proposta di identificazione del contesto sacrale in cui è ambientato il dialogo con il tempio di Augusto sulla collina retrostante la città di Tarraco, in base ai cenni presenti al principio del dialogo e ad alcuni dati di ordine letterario e archeologico: S. Rocchi, Floro, Vergilius orator an poeta: un’ipotesi archeologica sull’ambientazione del dialogo presso il tempio di Augusto a Tarraco (con nuove note filologiche al testo), in Revisa d'Arqueologia de Ponent, n. 24 (2014).
  16. ^ R. Tabacco, Introduzione a Vergilius orator an poeta, su DigilibLT.
  17. ^ Ibidem.
  18. ^ Carisio, pp. 66, 10 e 177, 13 Barwick.

Bibliografia

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