La legge Fornero, chiamata anche semplicemente riforma Fornero, è il nome con cui viene comunemente indicato l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, intitolato "Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici", che, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero, ha modificato il funzionamento del sistema pensionistico italiano.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia economica d'Italia.
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A partire dal 2010, dopo la crisi del debito greco, nel contesto delle manovre finanziarie correttive tese a contrastare la grande recessione che dagli Stati Uniti, dove era nata con la Crisi dei subprime, si era trasferita in Europa, vengono emanate in Italia anche nuove, incisive norme riguardanti le pensioni, volte a modificare la disciplina risalente alla riforma Dini del 1995.
Ciò al duplice scopo di:
La riforma è stata votata dalla coalizione di partiti che sostenevano il governo Monti, composta da PD, PDL, Unione di Centro e Futuro e Libertà per l'Italia e altri gruppi minori. La riforma venne emanata ai sensi dell'art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (detto "decreto salva Italia") - convertito successivamente in legge 22 dicembre 2011 n. 214.
Fu denominato Decreto Salva Italia perché le misure introdotte, secondo lo stesso Monti, erano finalizzate al risparmio di spesa pubblica volta ad evitare il default finanziario dello Stato Italiano nell'ambito della crisi del debito sovrano europeo.
La norma modificò dei rapporti giuridici tra i soggetti di diritto previsti dall'art. 38 della Costituzione Italiana, ossia tra i cittadini lavoratori nelle condizioni di bisogno e gli enti previdenziali in qualità di pubbliche amministrazioni istituite per la gestione dei sistemi pensionistici pubblici obbligatori. Consistette nell'attuazione di un default dei sistemi pensionistici pubblici per ridurre la spesa pubblica legata alle prestazioni pensionistiche in un momento di crisi finanziaria in quanto, nel sistema pensionistico pubblico, detto anche previdenza di primo pilastro, le pensioni si pagano con le imposte. È quindi una riforma previdenziale del sistema pensionistico pubblico e delle assicurazioni sociali obbligatorie.
Le nuove norme pensionistiche varate dal 2010 sono comprese in due provvedimenti legislativi organici, che vanno sotto il nome, rispettivamente, di “Riforma delle pensioni Sacconi” (dal nome del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo Berlusconi IV, Maurizio Sacconi) e “Riforma delle pensioni Fornero” (dal nome del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo Monti, Elsa Fornero).
Riforma Sacconi del 2010 (DL 78/2010, convertito dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122),[1] (che conferma ed espande quanto già statuito col DL 78/2009, L. 102/2009):
Riforma Sacconi del 2011 (DL 98/2011, Legge 15 luglio 2011, n. 111[6] e DL 138/2011, Legge 14 settembre 2011, n. 148)[7]
Riforma Fornero del 2011 (DL 201/2011 convertito dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214)[13]
Nel 2013 furono dichiarati inammissibili dalla Corte di cassazione due referendum abrogativi promossi da Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e forze sindacali della sinistra contro la riforma Fornero poiché il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva sciolto le Camere prima che le firme venissero presentate.
Il 20 gennaio 2015 la Corte costituzionale della Repubblica Italiana dichiarò inammissibile il referendum abrogativo proposto dalla Lega Nord in quanto "legge di bilancio".[14][15]
Con sentenza depositata il 30 aprile 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 24, comma 25 del D.L. 6 dicembre 2011[16], nella parte in cui negava la rivalutazione automatica - ad una fascia intermedia di pensioni - mediante l'indennità di contingenza.
Le critiche alla sentenza rientrano nel filone secondo cui i giudici sembrano non tener conto che prima di ogni articolo della Costituzione c'è un Articolo Zero da rispettare: “L'Italia non può vivere a spese degli italiani di domani”[17]; per converso, coloro che portarono la controversia in Corte (cioè tutti quelli che percepiscono un trattamento superiore a tre volte il minimo) dalla sentenza rivendicarono il diritto "a chiedere il rimborso della rivalutazione non corrisposta 2012-2013 e gli arretrati relativi a 2014 e 2015 che vanno rivalutati alla luce dei maggiori importi dei due anni precedenti".[18]
Il successivo intervento normativo del Governo, che ha prodotto una norma di legge[19] che dilaziona nel tempo e nello spazio dei beneficiari la restituzione dell'indennità di contingenza illegittimamente sospesa dalla legge Fornero, è stata oggetto di nuovi ricorsi[20], in primo luogo alla medesima Corte costituzionale per inottemperanza del precedente giudicato[21].