Artemidoro di Efeso (in greco antico: Ἀρτεμίδωρος ὁ Ἐφέσιος?, Artemídōros ho Ephésios; II secolo a.C.I secolo a.C.) è stato un geografo greco antico.

Biografia

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Scrittore greco, originario di Efeso, in Ionia (Asia Minore), fu autore di un'esposizione geografica in XI libri, il cui titolo è, secondo le fonti, Geographoùmena. La sua opera è andata perduta, ma se ne sono conservati estratti principalmente in Strabone, Plinio, Diodoro Siculo, Ateneo di Naucrati, Porfirio, Marciano di Eraclea, Stefano di Bisanzio, Costantino VII Porfirogenito, nonché negli scolii ad Apollonio Rodio. Non va confuso con Artemidoro di Daldi, anch'egli originario di Efeso, autore di un trattato sull'interpretazione dei sogni (Onirocriticon).

Pochissime notizie biografiche sono note: egli stesso raccontava nella propria opera di aver ricevuto dai propri concittadini l'incarico di recarsi a Roma in ambasceria, con lo scopo di ottenere che la palude Selinusia, con i cospicui tributi ad essa connessi, di cui i publicani si erano impadroniti, fosse restituita al tempio di Artemide Efesia, ed inoltre che la località detta Eracleotide, resasi autonoma, fosse ricongiunta ad Efeso. Il successo gli valse l'erezione di una statua d'oro (probabilmente raffigurante la dea, con un'epigrafe votiva). Marciano colloca l'akmé di Artemidoro nella 169ª Olimpiade, ovvero nel 104-100 a.C.

Geografia

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Nella sua opera geografica, Artemidoro descrive l'intero mondo abitato: l'Europa nei libri I-VI, l'Africa nei libri VII-VIII, l'Asia nei libri IX-XI. Egli mescola descrizioni delle località visitate con notizie storico-antiquarie, amministrative e naturalistiche; un ruolo particolarmente importante è attribuito alle distanze fra le località, che Artemidoro, fra i primi, misurò in stadi invece che in giornate di viaggio. Non sembra invece che egli abbia avuto interesse per la geografia matematica e astronomica (propria, ad esempio, di Eratostene), essendo ben più orientato a osservare la realtà con gli occhi del viaggiatore.

Fortuna

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Artemidoro subì un curioso destino letterario: la sua opera, ricca di informazioni, fu saccheggiata dai letterati posteriori, i quali però espressero spesso valutazioni negative. Gli nocque, probabilmente, il confronto con gli scritti di Posidonio di Apamea, ad esempio per la descrizione della Spagna su cui entrambi si cimentarono. La maggiore solidità scientifica del filosofo stoico causò un pregiudizio contro Artemidoro, che si risente ancora in autori che pure se ne servono in abbondanza, come Strabone nella sua Geografia.

Una vera rinascita della fortuna di Artemidoro si ebbe quando Marciano (IV secolo?) scelse di riscrivere Artemidoro riassumendolo e, evidentemente, deformandone il testo per adeguarlo ai propri scopi. L'epitome di Marciano divenne perciò il testo artemidoreo ufficiale che continuò ad essere letto e utilizzato dagli autori posteriori, tra cui Stefano il quale se ne servì per il proprio Lessico di toponimi ed etnonimi. Anche l'epitome di Marciano però andò perduta, sicché oggi non se ne conservano che pochi frammenti, come per il testo integro di Artemidoro.

I frammenti di Artemidoro furono raccolti per la prima volta da John Hudson nel I volume dei Geographiae veteris scriptores Graeci minores (1698). Samuel Hoffmann nel 1838, in appendice ad uno studio sugli Iberi (Die Iberer im Westen und Osten), pubblicò uno studio Artemidorus, der Geograph, nel quale mise insieme una raccolta ragionata dei frammenti artemidorei. Al contrario, Karl Wilhelm Ludwig Müller, autore dei Geographi Graeci Minores (1855), non raccolse di Artemidoro che i soli frammenti sicuramente provenienti dall'epitome di Marciano. L'ultima edizione in ordine di tempo (e quella a tutt'oggi in uso, nonostante i non pochi errori e fraintendimenti) fu realizzata da Robert Stiehle nel 1856 per la rivista tedesca «Philologus».

Papiro di Artemidoro

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Nel 1998, sulla rivista di papirologia «Archiv für Papyrusforschung» è stata data notizia dell'esistenza di un papiro di grandi dimensioni (alto circa 32,5 cm e lungo più di due metri, ripartito in numerosi frammenti) contenente un proemio ad un'opera geografica, una descrizione della Spagna con misurazioni di distanze fra località, una mappa e numerosi disegni di animali veri o fantastici e di parti di statue corredati da didascalie. L'identità di una parte del testo con il frammento 21 di Artemidoro ha indotto gli editori a identificare il testo con i Geographoùmena e a denominare il manufatto come papiro di Artemidoro. L'oggetto sarebbe perciò l'unico testimone diretto dell'opera, ma documenterebbe anche la più antica mappa e l'unico repertorio di bozzetti e schizzi (cahier d'artiste) conservatici dell'antichità.

Tuttavia, dal 2005 è insorta una polemica in merito all'autenticità del papiro. Luciano Canfora e la sua équipe di ricercatori hanno sostenuto dubbi sulla sua genuinità riscontrando in esso numerosi errori di concetto che presuppongono sviluppi della materia geografica ben più tardi; usi linguistici bizantini; iconografie connesse all'astrologia moderna; e (non ultima) la presenza di cattive congetture formulate da studiosi moderni. In via di ipotesi, si è suggerito che autore del falso possa essere stato Costantino Simonidis, un celebre falsario greco di metà Ottocento, autore di beffe capaci di trarre in inganno studiosi come Dindorf, e già autore di falsi geografici come il periplo di Annone. Anche il filologo anglo-statunitense Richard Janko si è espresso contro l'autenticità, benché con argomenti diversi da quelli di Canfora. Al contrario, Salvatore Settis, che assieme a Claudio Gallazzi e Bärbel Kramer ha curato l'edizione del papiro, si è espresso in maniera decisa per l'autenticità dell'opera. Attualmente il dibattito è aperto.

Bibliografia

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