Delfini | |
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Troncato d'argento e d'azzuro, un delfino d'oro attraversante. | |
Stato | Stato di Savona |
Data di fondazione | XIII secolo |
Rami cadetti | |
I Delfini (anche Delfino e Delfin) sono una nobile famiglia ligure della Riviera di Ponente notevole per la loro attività navale fin dal medioevo. A partire dalla Guerra degli Stretti si legarono alla Repubblica di Genova. Dall'inizio del XV secolo formarono l'alberghi dei Uso di Mare e dei Castro.
Una tradizione più diffusa in Spagna e Francia li ritenne discendenti dei Delfini veneziani[1][2][3] e anche dei Delfini del Viennois[3][4]. A partire da Odoardo Ganduccio[5] diversi autori liguri li considerano gli stessi che un ramo dei marchesi da Passano (della Riviera di Levante) soprannominato dei Delfinis[6], già estinti nel XVI secolo come affermato dal senatore Federico Federici[7], che nel suo "Scrutinio della Nobiltà Ligustica" distinse le due stirpi confuse dal Ganduccio e attesta l'origine della famiglia tuttora esistente all'epoca alla Riviera di Ponente[8].
L'origine a Varazze indicata dal senatore[8] venne ripresa da Luigi Tommaso Belgrano nella documentazione del cantiere navale di Ottobono Dalfinus de Varagine nel 1277[9], stesso che appare insieme a Simone Doria come uno dei due "testes e consiliatores" nell'atto di infeudazione della signoria di Varazze agli eredi di Iacopo Malocello nel 1290.[10] Già nel 1279 Guglielmo e Ansaldo dei Delfini di Varazze erano giunto all'ammiraglio Oberto de Savignone nei confronti con i Malocelli nelle sue pretese su Varazze.[11][12] Questo Guglielmo fu anche testimone alla pressa del castello di Spotorno da parte di Iacopo Boccanegra nel 1258[13] e nel 1263 insieme a Enricus Templerius[14] nel pagamento di un debito del marchese Tomasso di Ponzone all'abbazia cisterciense di Staffarda effettuato a Varazze "sub portico domus heredum Dalfini" [15].
Secondo l'atti notarili di Pera, pubblicati da G. Brătianu, i Delfini di Varazze erano anche presenti a Costantinopoli almeno dal 1281[16].
Federico Bruno li ritene come antichi signori di Castel Delfino (Savona)[17], anche non attento all'uso esclusivo del doppio cognome di Castro-Delfino (anche Castel-Delfino) all'epoca degli alberghi (tra 1435[18] e 1558[19]) prima dal ritorno al uso semplice.[20]
I Delfini sono trovati all'ordine dei nobili nel Liber Civitatis di Savona, dove ricoprirono diversi cariche della magistratura come quelli di anziano, priore degli anziani, sindaco, notai, ed altri.[17] Dal 1377 è attestata la presenza di Pietro a Famagosta, e dal XV secolo di Ambrogio a Londra, Valencia e Palermo. Dalle rapporti tra Federico e Domenico Colombo[21] segue la presenza di Giuliano a Siviglia dal 1492[22], di Aleramo (anche Alaramino) a Valencia dal 1495, e di Giovanni a Cadice nel 1498. Dal 1524 i fratelli Nicolás e Jacobo avevano presenza a Valencia, Siviglia[23] e a Cadice, dove fondarono il convento di San Francesco e la cappella funebre (poi venduta ai fiamminghi)[24]. Un'altra cappella era probabilmente a Savona nel distrutto convento di San Domenico il Vecchio al Priamar, da dove fu portata la Madonna dei Delfini (1536) di Teramo Piaggio alla chiesa di San Giovanni Battista in San Domenico[25]. Formarono parte del governo filo-francese di Savona[26] prima della pressa imperiale di 1528. Avevano il palazzo alla Fossalvaria (attuale Via Pia) tra i palazzi Scarampi e della Rovere[27].
Dagli atti del notaio Giovanni Bocchino si presume la presenza dei Delfini ad Arenzano dal 1298[28], anche se il Federici li documenta solo a partire da Giacomo, capitano legato a Giorgio del Carretto, marchese del Finale, intorno al 1340[29], imbarcato nella flotta dell'ammiraglio Pagano Doria in occasione della Guerra degli Stretti nel 1352[8]. Dal 1397 Giovanni aveva casa in Genova sulla contrada di Malcantone (attuale via di Canneto il Lungo) anche se dal 1407 vengono albergati ai Usodimare (all'epoca in Piazza Bianchi)[30]. Dal XV secolo se ritrova la presenza del casato nella amministrazione del Banco di San Giorgio sotto il doppio cognome di Usodimare-Delfino (Ususmaris Delphinus) almeno dal 1444[31] fino al 1559[32], poi ritornando al uso semplice. I Delfini genovesi continuarono l'attività cantieristica ad Arenzano, e ricoprirono diversi cariche della magistratura genovese, come quelli di ufficiale di marina, di moneta, di banchi, capitano degli artefici, la carica senatoriale di anziano, consigliere, ambasciatore e quella dei octo veros nobiles, massari e padri del Comune[8][33]. Seguendo al Federici e a Giovanni Maria Ascheri, passarono della storica fazione ghibellina alla guelfa a partire dal quattrocento[34]. Nel 1516 il capitano Battistino s'imbarcò nella flotta del cardinale-ammiraglio Federico Fregoso contro la flotta ottomana dell'ammiraglio Kurtoğlu e nel 1519 sconfisse l'ammiraglio Pedro de Bobadilla sulla costa di Chios.[35] Alla riforma della Repubblica di Genova nel 1528 furono iscritti nel Liber Primus Nobilitatis sul albergo Uso di Mare (Usus Maris famiglia)[36] e sul registro dei Delfini (Delfina) nel Liber Aureus Ascriptionum Nobilitatis (Libro d'Oro)[37].
Dal 1385 è attestata la presenza di Francesco a Chios, di Battista a Sciacca nel 1530, di Jehan Francisco a Bruxelles dal 1543 e a Madrid dal 1556, e da Girolamo a Napoli nel 1601. Nel XVII secolo Giovanni Battista comincia il legame più stabile con la Spagna[38][39], e alla fine dello stesso secolo Ambrosio, Antonio, Bernardo, Bautista, Bartolomé e Juan María sonno tutti radicati tra Valencia e Cadice[40][41]. All'inizio del settecento, Battista e Bernardo fondarono la chiesa dei Santi Nazario e Celso ad Arenzano, Bartolomé si distinse come sostenitore di Filippo V nella Guerra di Successione Spagnola[42], Juan María come capitano della Real Armada dei Borboni[43] e Manuel Lorenzo come armatore del Real Consulado de Indias[42].
Nello stesso secolo fondarono la Real Archicofradía del Rosario del Pilar[44] e sua cappella alla chiesa di San Lorenzo di Cadice, e anche la cappella del Ecce-Homo giunto quella dei Castro-Delfini (già dei fiamminghi) nel convento di San Francesco di Cadice dove furono sepolti.[45]
Le armi dei Delfini sono:
"troncato d'argento e d'azzurro (mare d'argento e aria d'azzurro), un delfino d'oro attraversante, timbrato dalla corona marchionale"[46]
così appare nel Stemmario di Giovanni Andrea Musso (anche fa il delfino naturale e la corona al campo)[47] e con tre stelle al capo nel Stemmario Uvadense di Bernardino Barboro[48], anche nel Nobiliario Español del barone de los Cobos[49], in diverse prove dell'Ordine di Malta[50], Santiago[51][52], Carlo III[53][46][54][55], ed altri.