Diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia
Dioecesis Arianensis Hirpina-Laquedoniensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Benevento
Regione ecclesiasticaCampania
 
Mappa della diocesi
 
VescovoSergio Melillo
Vicario generaleAntonio Blundo
Presbiteri48, di cui 40 secolari e 8 regolari
1.264 battezzati per presbitero
Religiosi14 uomini, 47 donne
Diaconi5 permanenti
 
Abitanti61.200
Battezzati60.700 (99,2% del totale)
StatoItalia
Superficie781 km²
Parrocchie43 (4 vicariati)
 
ErezioneX secolo (Ariano)
XI secolo (Lacedonia)
in plena unione dal 30 settembre 1986
Ritoromano
CattedraleSanta Maria Assunta (Ariano Irpino)
ConcattedraleSanta Maria Assunta (Lacedonia)
Santi patroniSant'Ottone Frangipane
San Nicola di Bari
IndirizzoPiazza Plebiscito 13, 83031 Ariano Irpino (Avellino), Italia
Sito webwww.diocesiarianolacedonia.it
Dati dall'Annuario pontificio 2023 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
Veduta notturna del palazzo episcopale

La diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia (in latino Dioecesis Arianensis Hirpina-Laquedoniensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Benevento appartenente alla regione ecclesiastica Campania. Nel 2022 contava 60.700 battezzati su 61.200 abitanti. È retta dal vescovo Sergio Melillo.

Territorio

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La diocesi abbraccia 24 comuni dell'Italia meridionale, di cui 20 in provincia di Avellino, 3 in provincia di Benevento e 1 in provincia di Foggia. Oltre alle città di Ariano Irpino e Lacedonia, la diocesi comprende i territori comunali di: Anzano di Puglia (FG), Bonito, Carife, Casalbore, Castel Baronia, Castelfranco in Miscano (BN), Flumeri, Ginestra degli Schiavoni (BN), Greci, Grottaminarda, Melito Irpino, Montaguto, Montefalcone di Val Fortore (BN), San Nicola Baronia, San Sossio Baronia, Savignano Irpino, Scampitella, Trevico, Vallata, Vallesaccarda, Villanova del Battista e Zungoli.

Sede vescovile è la città di Ariano Irpino (in origine denominata semplicemente Ariano, poi Ariano di Puglia), dove sorge la cattedrale di Santa Maria Assunta. A Lacedonia vi è la concattedrale, anch'essa dedicata a Santa Maria Assunta, così come all'Assunta è dedicata l'ex cattedrale della diocesi di Trevico, la quale fin dal 1818 fu soppressa e aggregata all'allora diocesi di Lacedonia.

Parrocchie

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Il territorio diocesano si estende su 781 km² ed è suddiviso in 43 parrocchie, raggruppate in 4 foranie: Ariano, Ufita, Lacedonia-Baronia, Fortore-Miscano-Cervaro. Sono presenti anche 3 cappellanie.

Otto sono i santuari riconosciuti come "santuari diocesani":[1]

Storia

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L'antico santuario di San Liberatore, nella forania di Ariano

L'attuale diocesi nasce nel 1986 dall'unione di due antiche sedi vescovili, Ariano e Lacedonia, la prima documentata dal X secolo, la seconda dall'XI secolo.

Ariano

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Incerte sono le origini e la diffusione del cristianesimo nel territorio di Ariano. Verosimilmente priva di fondamento[2] è la tradizione locale che fa di san Liberatore, martirizzato durante la persecuzione di Diocleziano (inizio IV secolo), il primo vescovo di Ariano.[3]

Benché da un'iscrizione lapidea datata 1736 presente nella cattedrale di Ariano si apprenda che il primitivo edificio fu ricostruito a seguito di un evento sismico verificatosi nell'anno 858 (da emendarsi a 847),[4] la diocesi è documentata per la prima volta soltanto nel secolo successivo. Con la bolla Cum certum sit di papa Giovanni XIII del 26 maggio 969, infatti, il pontefice eresse Benevento a sede metropolitana e concesse all'arcivescovo Landolfo I la facoltà di consacrare i suoi vescovi suffraganei, tra cui quello di Ariano.[5] Nonostante dipendesse da un arcivescovato longobardo quale quello beneventano, fino al grande scisma la diocesi seguì comunque il rito bizantino.[6]

Da un libro pubblicato nel 1794 dal patrizio Tommaso Vitale è possibile desumere l'estensione originaria del territorio diocesano: in esso sono infatti elencati, oltre ai tredici centri che componevano l'allora diocesi (Ariano città vescovile, Bonito, Buonalbergo, Casalbore, Castelfranco, Ginestra, Melito, Montefalcone, Monteleone, Montemalo, Pulcarino, Roseto e Zungoli), anche undici terre distrutte; di queste ultime, tre erano state aggregate alla stessa città di Ariano (Amandi, San Donato, Sant'Eleuterio), due ad altrettanti comuni dell'allora diocesi (Campanaro presso Castelfranco, Vetruscelli presso Roseto), quattro ad altri comuni esterni alla diocesi (Corsano presso Montecalvo, Pietramaggiore presso San Giorgio alla Molinara, Tinchiano e Tropoaldo presso Apice), mentre le ultime due non sono mai state localizzate (Prosoleno, detto anche Trasolone, e Fuscoli).[7] È plausibile che il territorio originario della diocesi coincidesse con quello del gastaldato di Ariano, attestato fin dal IX secolo.[8]

Il primo vescovo conosciuto di Ariano è Bonifacio, il cui nome appare in un diploma del mese di agosto 1039.[9] In un precedente documento del 1016, l'arciprete Pietro agisce in qualità di rector episcopii sancte sedis Arianensis: le informazioni desunte da questo diploma non consentono tuttavia di stabilire se l'arciprete agiva in nome del vescovo di Ariano oppure se in quell'occasione la diocesi era vacante.[10]

Dopo Bonifacio è noto il vescovo Mainardo I, documentato in cinque occasioni da ottobre 1069 a novembre 1080. Fece costruire un nuovo battistero nella cattedrale, come testimoniato da un'iscrizione tuttora conservata all'interno dell'edificio; prese parte alla consacrazione della chiesa di Montecassino da parte di papa Alessandro III e a un concilio provinciale a Benevento; nel 1080, da una dichiarazione fatta da Mainardo a favore del monastero di Santa Sofia a Benevento, si evince che altri vescovi lo avevano preceduto sulla sede arianese, ma dei quali non si conoscono i nomi, ad eccezione di Bonifacio.

Incerto è il successore di Mainardo I; sono storicamente documentati Sarulo nel 1093 e Gerardo nel 1098. Un atto notarile riporta la concessione fatta dal vescovo Orso a mastro Amuri della chiesa di San Gregorio, con l'obbligo di versare un censuo annuo alla diocesi; il documento fu redatto nel primo anno di episcopato di Orso nell'undicesima indizione, che corrisponde o al 1087 o al 1102.[11]

Qualche secolo più tardi, il vescovo Angelo de Raimo (1406-1432) è ricordato principalmente per aver avviato nel 1410 la costruzione della chiesa di San Giacomo e dell'adiacente Ospedale per i pellegrini (successivamente destinato ad accogliere anche gli infermi), nei pressi della porta della Strada.[12]

Al vescovo Orso Leone (1449-circa 1463) si deve la ricostruzione della cattedrale, distrutta dal terremoto del 5 dicembre 1456, e la celebrazione di diversi sinodi diocesani; la sua memoria è stata perpetuata dai fedeli con una targa nel palazzo episcopale. Nicola Ippoliti (1480-1481) costruì la facciata della cattedrale, ornata delle statue della Madonna Assunta (al centro) e dei santi patroni Ottone Frangipane ed Elzeario da Sabrano (ai due lati). L'edificio fu solennemente consacrato nel 1512 dal vescovo Diomede Carafa, che ampliò anche il palazzo vescovile; tuttavia la cattedrale dovette essere presto restaurata a causa dei danni subiti a seguito del terremoto del marzo 1517.

Il santuario della Madonna di Valleluogo, le cui origini risalgono al tardo medioevo.

Una platea redatta nello stesso anno 1517, nonché una successiva Visitatio urbana anni 1591 sub episcopo Alfonso Ferrera, permettono di ricostruire l'inventario dei beni della Chiesa di Ariano e il numero delle parrocchie della diocesi con le rendite di ciascuna di esse.[13] Nel 1540 fu ancora il vescovo Carafa a fondare la biblioteca diocesana, la quale nei secoli successivi fu ampliata fino ad annoverare 32 686 volumi e opuscoli nonché 18 manoscritti e un centinaio di pergamene.[14]

A Donato Laurenti (1563-1584) si deve l'istituzione del seminario, poi ricostruito da Ottavio Ridolfi nel 1617. Laurenti si impegnò inoltre per la promozione e l'attuazione in diocesi delle direttive del concilio di Trento. Dopo che nel 1585 Ariano fu elevata a città regia, la stessa diocesi divenne di regio patronato sicché i vescovi erano prescelti direttamente dal re di Spagna e di Napoli.[15]

Nel 1591, al tempo del vescovo Alfonso Herrera (o Ferrera, 1585-1602), la diocesi comprendeva 19 167 abitanti (raggruppati in 3 914 fuochi)[16] e «una comunità religiosa formata da centoventi sacerdoti, quaranta monaci e sedici monache benedettine; vi erano cinque monasteri maschili: cistercensi, francescani, benedettini, agostiniani e domenicani».[17] Secondo altre fonti nel 1593 la diocesi contava 18 853 anime (abitanti) raggruppate in 2 974 fuochi (famiglie), mentre le terre (comuni) erano quattordici; fra queste ultime vi era pure Corsano, il cui territorio verrà poi ceduto a Montecalvo (comune dell'arcidiocesi di Benevento) dopo che la devastante peste del 1656 ne avrà sterminato la popolazione.[18]

Nei decenni successivi la diocesi fu duramente provata da una serie di terremoti; nel 1626-27 un lungo sciame sismico causò molta paura, ma i danni furono trascurabili; lo stesso accadde nel 1638 quando diverse forti scosse colpirono la lontana Calabria. Ben più gravi, a causa della maggior vicinanza agli epicentri, furono invece gli effetti dei terremoti che avvennero nel giugno 1688, nel settembre 1694, nel marzo 1702 e nel novembre 1732. Grande figura di vescovo arianese fu Filippo Tipaldi (1717-1748) che, al termine della crisi sismica, provvide a ricostruire la cattedrale e il seminario nelle forme moderne (salvo alcuni rimaneggiamenti nel corso del Novecento a seguito di un'altra serie di terremoti); egli visitò più volte la diocesi e celebrò diversi sinodi diocesani; impose l'obbligo dell'insegnamento della dottrina cristiana in tutte le parrocchie; istituì corsi di preparazione per i maestri di religione nelle scuole e si impegnò a curare l'archivio diocesano. «Nel 1736 la diocesi contava 18 150 abitanti e le chiese soggette alla sua giurisdizione raggiungevano le 80 unità, con 350 ecclesiastici e 10 conventi maschili».[17] Alla sua figura è dedicata la biblioteca generalizia Filippo Tipaldi allestita nel convento delle suore oblate di San Francesco Saverio di Ariano Irpino.

Tra i vescovi dell'Ottocento si ricorda in modo particolare Domenico Russo (1818-1837), che si impegnò soprattutto per la formazione del clero e dei fedeli; a questo scopo istituì per la sua diocesi le missioni popolari affidate ai Missionari del Preziosissimo Sangue, tra i quali operò anche il fondatore san Gaspare del Bufalo.

Dopo l'unità d'Italia la diocesi di Ariano, la cui sede rimase peraltro vacante fino all'ottobre 1871, dovette patire gli effetti delle leggi eversive dell'asse ecclesiastico con la conseguente soppressione degli ordini monastici e la confisca di vaste proprietà immobiliari (principalmente masserie e terreni agricoli).[19] Nel 1881 la popolazione nei tredici comuni della diocesi ascendeva a 48 248 abitanti[18]; tuttavia il 2 aprile 1914 il territorio di Roseto Valfortore passò dalla diocesi di Ariano a quella di Lucera,[20] sicché il numero di comuni si ridusse a dodici.

Il santuario della Madonna del Carmine a Montefalcone di Val Fortore, nella forania del Fortore-Miscano-Cervaro

Nel Novecento, al vescovo Giuseppe Lojacono (1918-1939) si deve la celebrazione del primo congresso liturgico diocesano, la fondazione dell'Azione Cattolica diocesana e l'istituzione del bollettino diocesano, mentre il successore Gioacchino Pedicini diede vita al primo congresso eucaristico diocesano (1949).

Il 15 novembre 1977 in forza del decreto Quo aptius della Congregazione per i vescovi Ariano cedette il comune di Monteleone di Puglia alla diocesi di Bovino (poi confluita nell'arcidiocesi di Foggia-Bovino), dalla quale acquisì in cambio quello di Montaguto.[21]

Nel 1986, poco prima dell'unione con Lacedonia, la diocesi di Ariano Irpino comprendeva 28 parrocchie nei comuni di Ariano Irpino, Bonito, Buonalbergo, Casalbore, Castelfranco in Miscano, Ginestra degli Schiavoni, Melito Irpino, Montaguto, Montefalcone di Val Fortore, Sant'Arcangelo Trimonte, Villanova del Battista e Zungoli.[22]

Lacedonia

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La sede vescovile di Lacedonia è documentata storicamente a partire dall'XI secolo. Il primo vescovo attribuito da alcuni autori a questa sede è Simeone, che, secondo un diploma del 1059, avrebbe preso parte alla consacrazione dell'abbazia di Monticchio, dopo aver partecipato al concilio di Melfi; tuttavia alcuni storici ritengono falso il documento relativo all'abbazia di Monticchio e dunque incerta la reale esistenza di Simeone.[23]

Secondo Paul Kehr,[24] sono solo tre i vescovi attribuibili a Lacedonia per l'XI e il XII secolo: Desiderio, il cui nome appare in due diplomi del 1082 e del 1085 in relazione alla donazione della chiesa di Santa Maria di Giuncara al monastero di Cava; Giacinto, che 1108 donò allo stesso monastero la chiesa lacedoniese di San Nicola; e Angelo, che prese parte al concilio lateranense del 1179. A questi vescovi Kamp aggiunge un anonimo, documentato in un diploma di Cava del 1185.

La diocesi era suffraganea dell'arcidiocesi di Conza ed era costituita da due soli centri abitati: Lacedonia e Rocchetta Sant'Antonio.

I vescovi di Lacedonia più noti sono Guglielmo di Nardò (1392-1396), Antonio Dura (1506-1538), Gianfranco Carducci (1565-1584), il matematico Marco Pedacca (1584-1602), che per primo cercò tra mille difficoltà di applicare i decreti del concilio di Trento; l'erudito Giacomo Candido (1606-1608), amico e discepolo di san Filippo Neri; Gian Gerolamo Campanili (1608-1625), che indisse l'unico sinodo diocesano (1614) di cui si conservano gli atti; Giacomo Giordano (1651-1561), che fece costruire il palazzo episcopale e pianificò la costruzione della nuova cattedrale; Benedetto Bartolo (1672-1684), che fu rapito da dei briganti e riscattato dalla marchesa di Carpi; Giambattista Morea (1684-1711), che soppresse alcune festività di origine pagana che venivano celebrate alla vigilia dell'Epifania e pose la prima pietra della nuova cattedrale.

L'ex cattedrale di Trevico, nella forania di Lacedonia-Baronia

Il 27 giugno 1818, in forza della bolla De utiliori di papa Pio VII, la diocesi di Trevico venne soppressa ed il suo territorio, costituito dai comuni di Trevico, Carife, Castel Baronia, Flumeri, San Nicola Baronia e San Sossio Baronia, fu incorporato in quello della diocesi di Lacedonia.

Tra i vescovi dell'Ottocento si ricordano Vincenzo Ferrari (1819-1824), che fondò a Lacedonia il Monte frumentario, a favore dei contadini e contro l'usura; Michele Lanzetta (1834-1842), che istituì nell'episcopio il seminario diocesano; Giovanni Maria Diamare (1885-1888), che per favorire il livello culturale del clero, istituì incontri di formazione mensili denominati "Accademia morale teologica del clero"; e Diomede Falconio, delegato apostolico in Canada e negli Stati Uniti d'America e poi cardinale nel 1911.

Giulio Tommasi, già arcivescovo di Conza e vescovo di Sant'Angelo dei Lombardi e Bisaccia, fu nominato nel 1928 anche vescovo di Lacedonia, unendo in persona episcopi le quattro sedi. Alla sua morte (1936), e dopo quattro anni di sede vacante, Lacedonia riebbe un proprio vescovo.

Il 30 aprile 1979 Lacedonia passò dalla provincia ecclesiastica di Conza a quella di Benevento.

Il 25 maggio 1983 per effetto del decreto De animarum della Congregazione per i vescovi la diocesi cedette il comune di Rocchetta Sant'Antonio, che le era appartenuto fin dall'XI secolo, alla diocesi di Ascoli Satriano.[25]

Nel 1986, poco prima dell'unione con Ariano Irpino, la diocesi di Lacedonia comprendeva 12 parrocchie nei comuni di Lacedonia, Carife, Castel Baronia, Flumeri, San Nicola Baronia, Scampitella, San Sossio Baronia, Trevico, Vallesaccarda e Anzano di Puglia.[26]

Ariano Irpino-Lacedonia

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Il santuario di Santa Maria di Carpignano nella forania dell'Ufita, aggregato alla diocesi dal 1998

Il 9 maggio 1974 Agapito Simeoni fu nominato vescovo di Ariano Irpino e di Lacedonia, unendo così in persona episcopi le due diocesi, entrambe vacanti da diversi anni, e delle quali era amministratore apostolico dal 24 aprile 1972.

Il 30 settembre 1986, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, l'unione è divenuta piena e la diocesi ha assunto il nome attuale.

Il vescovo Eduardo Davino ha istituito l'Ufficio diocesano dei beni culturali ecclesiastici e ha contribuito all'apertura del museo degli argenti nella tesoreria della Basilica Cattedrale e del museo diocesano d'arte sacra nell'ex chiesa di Santa Lucia e di Maria Santissima Annunziata di Ariano Irpino.

Nel 1997 e nel 1998, con due decreti della Congregazione per i Vescovi,[27] sono stati rivisti i confini delle diocesi dell'Irpinia e del beneventano. La diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia ha acquisito i comuni di Greci e Savignano Irpino dall'arcidiocesi di Benevento, Grottaminarda dalla diocesi di Avellino, e Vallata dall'arcidiocesi di Sant'Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, e contestualmente ha ceduto i comuni di Sant'Arcangelo Trimonte e Buonalbergo all'arcidiocesi di Benevento.

Cronotassi

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Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi di Ariano

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Vescovi di Lacedonia

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Vescovi di Ariano Irpino-Lacedonia

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Statistiche

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La diocesi nel 2022 su una popolazione di 61.200 persone contava 60.700 battezzati, corrispondenti al 99,2% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
diocesi di Ariano Irpino
1905 50.400 ? ? 128 125 3 ? ? ? ? 25
1950 62.000 62.406 99,3 48 39 9 1.291 10 96 24
1959 63.300 63.500 99,7 43 33 10 1.472 12 112 30
1969 63.300 63.500 99,7 46 31 15 1.376 16 78 24
1980 42.800 43.000 99,5 21 21 2.038 72 30
diocesi di Lacedonia
1905 28.000 ? ? ? ? ? ? ? ? ? 11
1950 34.673 35.948 96,5 31 29 2 1.118 3 30 11
1970 30.350 30.447 99,7 20 14 6 1.517 6 26 13
1980 26.000 26.300 98,9 18 11 7 1.444 7 19 13
diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia
1990 64.728 64.926 99,7 52 33 19 1.244 20 82 35
1999 71.000 71.177 99,8 47 36 11 1.510 14 63 43
2000 69.711 70.611 98,7 50 37 13 1.394 16 71 43
2001 69.745 70.748 98,6 41 31 10 1.701 13 67 43
2002 69.236 69.599 99,5 48 37 11 1.442 14 70 43
2003 71.329 71.942 99,1 50 39 11 1.426 14 68 43
2004 72.902 74.055 98,4 51 38 13 1.429 16 63 43
2006 73.524 74.200 99,1 75 57 18 980 20 54 43
2012 74.000 74.750 99,0 52 41 11 1.423 8 13 70 43
2015 65.800 66.500 98,9 46 36 10 1.430 8 12 71 43
2018 63.430 64.030 99,1 50 41 9 1.268 8 11 57 43
2020 61.000 61.530 99,1 51 42 9 1.196 7 11 46 43
2022 60.700 61.200 99,2 48 40 8 1.264 5 14 47 43

Note

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  1. ^ Santuari, su Diocesi di Ariano Irpino - Lacedonia (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2016).
  2. ^ N. Schiavo, pp. 121-128.
  3. ^ T. Vitale, pp. 188-189.
  4. ^ Aldo Marturano, Contributi per la storia dei terremoti nel bacino del Mediterraneo: secc. V-XVIII, Storia e scienze della terra, vol. 5, Laveglia, 2002, p. 37, ISBN 9788888773292.
  5. ^ Kehr, Italia pontificia, IX, pp. 54-55, nº 15.
  6. ^ Gruppi archeologici d'Italia, Gruppo archeologico romano, Archeologia, vol. 8, 2000, p. II.
  7. ^ T. Vitale, pp. 351-366.
  8. ^ Laura Esposito, Ariano sacra" nei suoi più antichi documenti (secc. X-XIII) (archiviato il 27 luglio 2022).
  9. ^ Kehr, Italia pontificia, IX, p. 137.
  10. ^ P. Massa, pp. 13-14.
  11. ^ P. Massa, pp. 112-114.
  12. ^ T. Vitale, p. 201.
  13. ^ P. Massa, p. 15, nota 65.
  14. ^ Biblioteca diocesana, su Anagrafe Biblioteche Italiane. URL consultato il 21 ottobre 2018 (archiviato il 21 ottobre 2018).
  15. ^ Vescovi in città - Apparati festivi e cerimonie ecclesiastiche nel Regno di Napoli (secoli XVI-XVIII), in La città, il viaggio, il turismo, FedOA, p. 2433, ISBN 9788899930028.
  16. ^ Studi veneziani, vol. 52, L.S. Olschki, 2006, p. 88.
  17. ^ a b BeWeB.
  18. ^ a b N. Flammia, p. 188.
  19. ^ N. Flammia, pp. 185-190.
  20. ^ (LA) Immutatio finium dioecesum, AAS 6 (1914), p. 188
  21. ^ (LA) Decreto Quo aptius, AAS 70 (1978), p. 132.
  22. ^ Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 170, 24 luglio 1986, pp. 40-41. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle 28 parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale dell'8 luglio 1986 su richiesta del vescovo di Ariano Irpino del 15 maggio precedente. Anche: Gazzetta ufficiale, serie generale, supplemento nº 267, 17 novembre 1986, p. 8.
  23. ^ Tra questi D'Avino (Cenni storici…, p. 284, nota) e Kehr (Italia pontificia, IX, 1962, p. 503, nº 1 e nota).
  24. ^ Italia Pontificia, vol. IX, 1962, p. 510.
  25. ^ Decreto De animarum, AAS 75 I (1983), pp. 780-781.
  26. ^ Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 166, 19 luglio 1986, pp. 8-9. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle 12 parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale dell'8 luglio 1986 su richiesta del vescovo di Lacedonia del 15 maggio precedente. Anche: Gazzetta ufficiale, serie generale, supplemento nº 267, 17 novembre 1986, p. 8.
  27. ^ AAS 90 (1998), pp. 58-60 e 239-240.
  28. ^ a b c d e f g h i j k P. Massatabella 2, pp. 128-130.
  29. ^ Gams inserisce al 1080, ma con il beneficio del dubbio, un vescovo di nome Giovanni, ignoto a tutti gli altri autori. Mainardo è documentato ancora a novembre del 1080.
  30. ^ a b c d e f g h i j k l Kamp, Kirche und Monarchie…, vol. I, pp. 223-228.
  31. ^ Vescovo inserito nella cronotassi di Ariano da Ughelli (Italia sacra, VIII, col. 216), ma senza alcuna indicazione documentaria.
  32. ^ Questo vescovo fu eletto per la sede di Siponto nel 1300, ma il papa non acconsentì a questo trasferimento. Eubel chiama questo vescovo Raone arianensis (Hierarchia catholica, I, p. 453, nota 3) e potrebbe essere lo stesso già documentato nel 1290 (Kamp).
  33. ^ Secondo Gams e Cappelletti, tra Giovanni (1344) e Tommaso (1356) esiste un vescovo Raimondo (menzionato nel 1349), cui succede un Giovanni II, trasferito a Dulcigno il 19 novembre 1354. Ughelli mette Raimondo (1349) prima di Giovanni (1356), seguito da Tommaso (1358). Per Eubel invece, in assenza di Raimondo, esiste un unico Giovanni, alla cui morte succede Tommaso; anche Vitale mette un solo Giovanni documentato dal 1344 al 24 marzo 1356, con esclusione dunque di Raimondo.
  34. ^ Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Agustiniana, Guadarrama (Madrid) 2014, vol. I, p. 522. Secondo le bolle pontificie citate da Eubel, Simone succede a Dionisio per la morte di quest'ultimo. Ughelli, e gli autori che ne dipendono, inserisce un vescovo Giacomo, trasferito a Frigento il 16 gennaio 1370.
  35. ^ La cronotassi dei vescovi dopo Simone è abbastanza confusa. Gams riporta questa sequenza: Domenico, trasferito da Muro Lucano il 21 aprile 1373; Geroaldo, documentato nel 1382 e morto nel 1390; e Giovanni da Padula, menzionato come intruso nel 1386. Eubel invece riporta questa sequenza: Geraldino, confermato da Gregorio XI il 27 aprile 1373 e trasferito a Castro di Puglia il 19 marzo 1390; Domenico, vescovo di Muro Lucano, di obbedienza avignonese, trasferito da Clemente VII l'11 giugno 1386; Giovanni da Padula, documentato nel 1382, vescovo di obbedienza romana.
  36. ^ Lazcano, o. c., vol. I, p. 522-523.
  37. ^ Lazcano, o. c., vol. I, p. 523-525.
  38. ^ Dopo Aguado, Gams inserisce il vescovo Paolo Palumbo (1645-1647) trasferito da Cassano all'Jonio. Secondo Eubel invece Paolo Palumbo muore nel 1648, quando era ancora vescovo di Cassano all'Jonio. Anche Vitale (op. cit., p. 238) non accenna alla presenza di Palumbo ad Ariano.
  39. ^ Lazcano, o. c., vol. I, p. 526.
  40. ^ Il 26 giugno successivo fu nominato vescovo titolare di Amorio.
  41. ^ Nominato vescovo titolare di Ipso.
  42. ^ Nominato arcivescovo titolare di Apro.
  43. ^ a b Già amministratore apostolico dal 24 aprile 1972.
  44. ^ Questo vescovo avrebbe preso parte alla consacrazione dell'abbazia di Monticchio nel 1059, dopo aver partecipato al concilio di Melfi. Secondo D'Avino, «il documento dal quale si vuole raccogliere la esistenza di tale Simeone è così evidentemente bugiardo da non aver bisogno di molta critica per riconoscerlo tale» (Cenni storici…, p. 284, nota). Simeone è escluso anche da Cappelletti, Gams, Kehr.
  45. ^ a b Leone Mattei Cerasoli, Di alcuni vescovi poco noti, in Archivio storico per le province napoletane, 44 (nuova serie 4), vol. 2, 1919, pp. 310-311 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2016).
  46. ^ a b c d e f Kamp, Kirche und Monarchie…, vol. 2, pp. 753-755.
  47. ^ Prima di Ruggero, molti autori inseriscono il vescovo Antonio nel 1265 (D'Avino al 1255); secondo Kamp questo vescovo è da escludere perché documentato da un diploma spurio. Kamp, Kirche und Monarchie…, vol. 2, p. 754, nota 10.
  48. ^ Il 26 agosto 1275 fu nominato vescovo di Rapolla. La bolla di nomina si riferisce a Ruggero come a un quondam episcopus Laquedonensis (cioè ex vescovo di Lacedonia); questo esclude, come hanno fatto molti autori, che Ruggero sia stato trasferito direttamente da Lacedonia a Rapolla nel 1275. La diocesi inoltre risulta essere vacante tra il 1266/68 e il 1272/73 (Kamp).
  49. ^ Questa è la data dell'elezione riportata da Gams; Eubel ha invece la data dell'8 giugno 1392, quando il vescovo pagò la tassa dovuta alla Santa Sede per la sua elezione.
  50. ^ Nominato arcivescovo titolare, titolo personale, di Limisa.

Bibliografia

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Per Ariano Irpino

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Per Lacedonia

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Voci correlate

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Altri progetti

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