Il territorio si estende su una superficie di 1.056 km² ed è suddiviso in 86 parrocchie, raggruppate in:
11 vicarie: Crispiano - Statte, Grottaglie, Martina Franca, Pulsano, San Giorgio Ionico, Taranto Borgo, Taranto Nord, Taranto Orientale I, Taranto Orientale II, Taranto Paolo VI, Taranto Sud e Talsano;
Secondo la tradizione petrina, diffusa in tutta la Puglia, l'apostoloPietro, nel suo viaggio verso Roma, sbarcato a Taranto, vi avrebbe fondato la prima comunità cristiana, e avrebbe consacrato Amasiano come primo vescovo. Altro vescovo attribuito dalla tradizione a Taranto fu san Cataldo, patrono dell'arcidiocesi, che studi recenti tuttavia collocano fra il VII e l'VIII secolo.[2]
La diocesi è documentata con certezza sul finire del V secolo. In una lettera di papa Gelasio I (databile tra il 492 e il 496), il pontefice annuncia alla comunità cristiana di Taranto l'invio del nuovo vescovo Pietro, consacrato a Roma; questo vescovo potrebbe essere identificato con altri vescovi omonimi, ma senza indicazione della sede di appartenenza, menzionati nelle lettere di papa Gelasio, e con il vescovo Pietro, senza indicazione della diocesi, che prese parte al concilio romano del 495.[3] Grazie all'epistolario di Gregorio Magno, sono noti altri due vescovi tarantini tra VI e VII secolo: Andrea (593), accusato a Roma di concubinaggio e di aver causato la morte di una donna;[4] e Onorio, che nel 603 fece costruire un battistero presso la ecclesia sanctae Mariae.[5]
La città di Taranto subì alterne vicende, conquistata prima dai Goti, poi dai Bizantini, presa dai Longobardi, e per quarant'anni occupata dai Saraceni. In tutto questo periodo la diocesi rimase sempre sotto la giurisdizione della Chiesa d'Occidente e dei papi di Roma, anche dopo la presa definitiva dei bizantini alla fine del IX secolo.[6] Benché il rito dominante fosse quello latino, comunità di lingua e di rito greco si svilupparono nell'entroterra e in alcune comunità monastiche. In un documento del 978 del principe di CapuaPandolfo, Giovanni II fu il primo a ricevere il titolo di arcivescovo. Il secondo arcivescovo noto è Dionisio, che nel 1028, ventunesimo anno del suo pontificato, fece donazione ai monaci di Cava della chiesa di San Benedetto.
Nella seconda metà dell'XI secolo Taranto fu conquistata dai Normanni. Il primo arcivescovo dell'epoca normanna è Drogone, che nel 1071 eresse la cattedrale, dopo che la precedente fu distrutta dai Saraceni. Le fonti dell'epoca riportano che durante gli scavi per il nuovo edificio furono trovate le reliquie di san Cataldo, proclamato patrono della città e della diocesi.
Tra Settecento e Ottocento, la vita e la storia dell'arcidiocesi è segnata dal lungo episcopato di Giuseppe Capecelatro (1778-1817). «Questo eminente arcivescovo, che per le sue doti culturali vantava conoscenze in tutte le corti europee, compresa quella di San Pietroburgo, oltre che un fine intellettuale e politico, fu anche un attento pastore della diocesi, come attestano le sue visite pastorali e i numerosissimi editti emanati in circa quaranta anni di episcopato: disciplina e cultura del clero, un'aggiornata ratio studiorum per il seminario, la catechesi al popolo in lingua volgare, l'assistenza ai moribondi, l'attenzione al complesso mondo confraternale, la lotta alla falsa religiosità popolare per una vera religiosità popolare per vivere una fede più sicura autentica sono alcuni degli elementi portanti e costanti di tutta la sua feconda e incisiva azione pastorale».[7]
Tra Ottocento e Novecento l'arcidiocesi fu guidata da altre grandi figure di vescovi: Giuseppe Rotondo (1855-1885), che non accettando l'unità d'Italia, fu esiliato prima a Napoli e poi a Roma; Pietro Alfonso Iorio (1885-1908), che introdusse in diocesi l'Azione Cattolica; Orazio Mazzella (1917-1934), che difese a oltranza le istituzioni cattoliche contro i soprusi del governo fascista.
Agli inizi del Novecento furono aboliti gli ultimi resti del rito greco; infatti nelle feste principali dell'anno liturgico, la seconda lettura e il vangelo venivano cantati in cattedrale prima in latino e poi in greco.
Nel 1968papa Paolo VI visitò la città e l'arcidiocesi e celebrò la messa della notte di Natale tra gli operai del Centro siderurgico tarantino.[8] Nell'ottobre del 1989 san Giovanni Paolo II fece la visita pastorale all'arcidiocesi tarantina.
L'arcivescovo Guglielmo Motolese governò la sede tarantina per trent'anni, dapprima (1957) come amministratore apostolico sede plena, a causa della malattia che colpì l'anziano arcivescovo Ferdinando Bernardi, e poi come arcivescovo; a lui si deve la decisione di costruire un nuovo grande edificio di culto nella parte nuova della città, dedicato alla Gran Madre di Dio, realizzato dall'architettoGio Ponti ed inaugurato il 6 dicembre 1970. Lo stesso Motolese fu vescovo di Castellaneta dal 1974 al 1980[9], unendo così per sei anni in persona episcopi le due sedi.
^Altri studi hanno messo in dubbio la sua origine irlandese a favore di quella longobarda. A. Carducci, Sull'origine longobarda del nome Cataldo, in «Annali di Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia», Università degli Studi di Lecce, Lecce 1980, I, pp. 7-15.
^Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), Roma, École française de Rome, 2000, vol. II, pp. 1737-1738.
^Pietri, Prosopographie chrétienne…, I, pp. 132-133.
^Testo dell'omelia del papa in: AAS 61 (1969), pp. 46-52.
^Dal 1969 al 1974 fu amministratore apostolico della stessa sede castellanetana.
^Dopo Amasiano e Cataldo, che visse però nel VII secolo, Ughelli inserisce due vescovi sconosciuti alle fonti storiche, Masona e Renovato. Italia sacra, IX, col. 125. Lanzoni, Le diocesi d'Italia…, p. 316.
^Il vescovo Giovanni, che secondo Ughelli prese parte ad un concilio lateranense del 601 (Italia sacra, IX, col. 125), è un vescovo spurio, perché menzionato in un falso diploma attribuito a papa Gregorio Magno. Lanzoni, Le diocesi d'Italia…, p. 317.
^Vescovo inserito da Ughelli nella cronotassi di Taranto, ma senza indicazioni documentarie; ignoto agli autori più recenti. Orazio Santoro, Taranto: la Chiesa, le chiese, a cura di Cosimo Damiano Fonseca Taranto, Mandese, 1992, pp. 101 e seguenti. Kehr, Italia pontificia, IX, p. 435.
^Vescovo documentato da Cappelletti e presunto autore di una Vita Sancti Gloriosi Martyris Orontii nel VII secolo. Sconosciuto a: Raffaele De Simone, S. Oronzo nelle fonti letterarie sino alla metà del Seicento, Lecce, Centro Studi Salentini, 1964.
^Kehr, Italia pontificia, IX, p. 437, nnº 5-6. Orazio Santoro, Taranto: la Chiesa, le chiese, pp. 101 e sgg.
^I vescovi Alessandro Facciapecora e Stefano sono accolti dalla tradizione locale e inseriti da Ughelli nella sua Italia sacra (IX, col. 126), ma su di essi non esiste alcuna documentazione; ignoti a Kehr (Italia pontificia) e a Orazio Santoro (Taranto: la Chiesa, le chiese).
^Orazio Santoro, Taranto: la Chiesa, le chiese, pp. 101 e sgg.
^Dopo Orso, Orazio Santoro (Taranto: la Chiesa, le chiese, pp. 101 e seguenti) menziona solo l'arcivescovo Alberto, documentato dal 1083 al 1100, con esclusione dei vescovi Basilio e Giacomo, inseriti nel catalogo episcopale tarantino da Ughelli (Italia sacra, IX, col. 127), assieme a un Alberto I e a un Alberto II.
^Questo vescovo sarebbe intervenuto nel 1102 alla consacrazione della basilica di San Sabino a Canosa alla presenza di papa Pasquale II; tuttavia il documento che lo menziona è ritenuto spurio. Garruba, Serie critica de' Sacri Pastori Baresi, pp. 950 e seguenti. Kehr, Italia pontificia, IX, p. 340, nº 1.
^Kamp gli assegna gli anni 1145-1169 (Kirche und Monarchie..., IV, p. 1413).
^F. Trinchera, Syllabus graecarum membranarum, Napoli, 1865, p. 248, documento n. CLXXXIX; N. Kamp, Kirche und Monarchie im Staufischen Königreich Sizilien, vol. 2 - Apulien und Kalabrien, München, 1975, p. 691 nt. 9, ora tradotto in N. Kamp, Arcivescovi e vescovi della provincia ecclesiastica di Taranto in epoca sveva, in Cenacolo, Taranto, 1996, nuova serie, n. VIII, p. 10 nt. 9. Si vedano anche: Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Graz, 1957 (ristampa anastatica da Ratisbona 1873), p. 929; Regione Puglia, Cronotassi iconografia e araldica dell'episcopato pugliese, Bari, 1984, p. 286; O. Santoro, Cronotassi della Chiesa di Taranto, in Taranto - La Chiesa / Le chiese (a cura di C.D. Fonseca), Taranto, 1992, p. 123, n. 22.
^Documentato per l'ultima volta nell'ottobre 1193 (Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 691). È morto tra ottobre 1193 e il 25 gennaio 1195.
^abcdefKamp, Kirche und Monarchie..., II, pp. 690-706.
^Il necrologio cassinese menziona il decesso del vescovo tarantino Giraldo il 17 dicembre, ma non è possibile stabilire se si tratti del primo o del secondo vescovo con questo nome. Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 696, nota 40.
^Si veda F. Magistrale (a cura di), Le pergamene dell'Archivio Arcivescovile di Taranto - I-II (1083-1258), Galatina, 1999, p. 57, nota 1.
Questo arcivescovo, necessariamente, deve aver partecipato al Concilio Lateranense IV. Cfr. Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 697.
^Gualtiero II è documentato per l'ultima volta il 14 febbraio 1218; nel mese di dicembre dello stesso anno, la sede tarantina risulta essere vacante (Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 698).
^Eletto il 10 maggio 1219 (Kamp, Kirche und Monarchie..., II, p. 698).
^Enrico Cerasolo è documentato per l'ultima volta il 22 luglio 1274. Secondo una tradizione storiografica, condivisa da Eubel, Cappelletti e Gams, il successore sarebbe stato Giacomo da Viterbo, O.P., arcivescovo di Taranto dal 1270 al 1273; fu in realtà vescovo di Ferentino dal 1276 al 1298 (Kamp, Kirche und Monarchie…, II, p. 705, nota 118).
^La sede tarantina era ancora vacante il 3 dicembre 1275 (Kamp, Kirche und Monarchie…, II, p. 705).
^Enrico Cerasolo II è morto tra il 20 aprile 1297 e il 22 giugno 1299. Kamp, Kirche und Monarchie…, II, p. 706.
^Regione Puglia, Cronotassi iconografia e araldica dell'episcopato pugliese, Bari, 1984, p. 287; O. Santoro, Cronotassi della Chiesa di Taranto, in Taranto - La Chiesa / Le chiese (a cura di C.D. Fonseca), Taranto, 1992, p. 128, n. 35; P. Cordasco (a cura di), Le pergamene dell'Archivio Arcivescovile di Taranto - III (1309-1343), Galatina, 1996, p. 105, nota 1.
^Assassinato in Grottaglie; cfr. Crassullo, Chronaca de Rebus Tarentinis.
^K. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi sive summorum pontificum, Sanctae Romanae Ecclesiae cardinalium, ecclesiarum antistitum series ab anno 1198 usque ad annum 1431 perducta e documentis tabu-larii praesertim vaticani collecta, digesta, edita, vol. I, Munster, 1913, p. 473.