Le Esposizioni sopra la Commedia (o Comedia nel linguaggio più antico) si intende il commento che Giovanni Boccaccio tenne nel 1373 presso la chiesa di Santo Stefano a Badia a Firenze dei primi diciassette canti dell'Inferno dantesco.

Storia

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Premessa

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Giovanni Boccaccio, oltreché essere celebre autore del Decameron ed essere stato il cofondatore del movimento umanista insieme a Francesco Petrarca, fu un appassionato cultore della memoria dantesca. Fin dalla prima infanzia, grazie alla matrigna Margherita e alla madre di lui Filippa de' Mardoli[1], Giovanni Boccaccio ebbe modo di conoscere l'opera dantesca e la storia di amore tra il poeta e Beatrice, suscitando in lui una grande passione verso il conterraneo tanto da imitare quest'ultimo nello stile e nelle tematiche in varie opere degli anni a venire (per esempio l'Amorosa visione). Inoltre Boccaccio fu anche un appassionato filologo, copiando di propria mano tre codici della Divina Commedia e facendosi divulgatore del patrimonio letterario dantesco presso i fiorentini[2].

L'occasione

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Quando alcuni fiorentini chiesero nel 1373 ai Priori delle Arti e al Gonfaloniere di Giustizia di far sì che si tenessero delle lezioni sulla Commedia, questi ultimi proposero a Boccaccio, il 25 agosto, di tenere delle lezioni presso la chiesa di Santo Stefano a Badia. Benché minato nel fisico (soffriva di scabbia e idropisia), Boccaccio accettò e a partire dal 23 ottobre cominciò a tenere delle lecturae dantis in quella chiesa, ovviamente stipendiato dal Comune fiorentino, tutti i giorni tranne quelli festivi. Purtroppo l'esperienza durò non molto in quanto la salute del Boccaccio ebbe un tracollo e, nei primi mesi del 1374, si interruppe al XVII canto dell'Inferno[3]. Si suppone inoltre che l'interruzione fu dovuta anche ad alcune polemiche sorte alla natura stessa del commento del Boccaccio, volto più alla divulgazione che ad una correttezza esegetica dei singoli versi[4].

Critica boccacciana

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Le Esposizioni sono rimaste, dunque, un'opera incompiuta, «allo stato di abbozzo, di opera in fieri»[5], ma testimoniano l'attenzione vivissima del Boccaccio verso i dettagli eruditi, lo studio e l'interpretazione dei singoli versi e lo scioglimento dei nodi più oscuri, anche se talvolta sbagliando nell'opera di esegesi[6]. Il commento boccacciano comunque è importante perché in esso:

«Dante si conferma poeta-vate, depositario di un messaggio escatologico, e, al contempo, si ripropone come grande dotto, artefice sublime del volgare e depositario di una sapienza letteraria che rimanda agli antecedenti classici delle letterature greca e latina.»

Note

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  1. ^ Branca, p. 11.
  2. ^ Sul ruolo di Boccaccio "editore" e copista di Dante, si veda ora: A. E. Mecca, Il canone editoriale dell'antica vulgata di Giorgio Petrocchi e le edizioni dantesche del Boccaccio, in Nuove prospettive sulla tradizione della "Commedia". Seconda serie (2008-2013), a c. di E. Tonello, P. Trovato, Monterotondo (RM), Libreriauniversitaria.it Edizioni 2013, pp. 119-82; IDEM, L'influenza del Boccaccio nella tradizione recenziore della "Commedia". Postilla critica, in Boccaccio editore e interprete di Dante, Atti del Convegno internazionale, Roma, 28-30 ottobre 2013, Roma, Salerno Editrice 2014, pp. 222-54.
  3. ^ Padoan, Introduzione, p. XV.
  4. ^ Nocita.
  5. ^ Padoan, Introduzione, p. XXII.
  6. ^ Padoan, Introduzione, p. XXVI.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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