Domenico Poggini, medaglia di Ludovico Domenichi

Lodovico Domenichi o Ludovico Domenichi (Piacenza, 1515Pisa, 29 agosto 1564) è stato un umanista, traduttore, editore, poligrafo, bibliografo ed erudito italiano.

Facetie, Motti, et Burle, di diversi signori et persone private, 1571. Da BEIC, biblioteca digitale

Biografia

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Gli anni giovanili a Piacenza

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Pietro Aretino ritratto da Tiziano

Lodovico era figlio di Giampietro Domenichi, avvocato e notaio di Piacenza, che vantava titolo nobiliare e ricchezza di terre in provincia, lasciate ai figli dopo una vita lunghissima il 30 dicembre 1556, come il figlio ricorderà nel suo Dialogo della Fortuna: «tanta entrata delle facultà, e possessioni, che forse bastar poteva a riposare, ed attendere a gli studj».

Compiuti a Piacenza i primi corsi di grammatica e di retorica, studiò legge a Pavia, dove ebbe a maestro Andrea Alciato, ma con poca voglia e profitto, sicché il padre lo mandò a Padova, dove finalmente si laureò, così da potersi iscrivere, il 22 agosto del 1539, nel Collegio dei notai e giudici di Piacenza. La professione legale non lo attraeva, preferendo egli frequentare gli ambienti letterari e artistici: «Perdonate il fastidio che vi recano le mie ciancie e imputate la rozzezza di quelle al ruvido e noioso delle leggi: delle quali io, qual io mi sia, son pur professore», scriveva l'8 gennaio 1541 a Pietro Aretino.[1]

Domenichi aveva conosciuto e ammirato a Venezia l'Aretino al punto di gratificarlo dell'appellativo di «divino», e mantenne con lui una continua corrispondenza, inframmezzata da qualche visita. A Piacenza Domenichi divenne membro dell'«Accademia degli Ortolani», come Anton Francesco Doni, altro suo stretto amico di quegli anni: riferisce egli stesso[2] che quell'Accademia «più per burla che per altro fine l'anno 1543 fu da alcuni svegliati intelletti ordinata in Piacenza, la quale Accademia era posta sotto la tutela e protezione del Dio degli Horti», cioè di Priapo, e aveva per motto un equivoco Se l'Humor non vien meno, da cui la fama di scandalo che s'impresse a quel circolo. Tuttavia, sostiene Domenichi, «vi si leggeva Filosofia, Logica, Retorica, Poesia latina e toscana, e vedevansi spesso comparire dottissime fatiche nell'una e nell'altra lingua».

Ogni socio vi assumeva un soprannome - il Porro, il Mentolone, il Cetriolo, il Cocomero, ecc.[3] - e segretario dell'Accademia era il Cipolla, ossia Bartolomeo Gottifredi il quale scrisse L'Amor santo delle Monache, che aveva un'apparenza di trattato ascetico ma era in realtà «opera buffonesca anzi che no, e fors'anche irreligiosa ed empia».[4]

Questo suo appartenere ad accademici che potevano apparivano più scapestrati che letterati, dovette irritare a tal punto il padre che Lodovico, secondo quanto scrive egli stesso in un sonetto e nel Dialogo della Fortuna, abbandonò l'Accademia, la professione legale e la stessa Piacenza per cercare altrove la tranquillità e la libera passione per le lettere negatagli in patria. Ma si disse anche che i motivi che lo spinsero a lasciare Piacenza fossero ben altri e più seri: Alessandro Zilioli[5] scrisse che Domenichi «contratta inimicizia con alcuni de' suoi cittadini per la quale successero varj incontri sinistri a lui e al fratello, furono finalmente costretti amendue ad abbandonar la Patria», mentre Doni, che da amico si era fatto suo fierissimo nemico, racconta di uno scandalo provocato dalla sua relazione con una suora,[6] e l'accusa altresì di essere tra i partecipanti a una congiura contro Ferrante Gonzaga.[7]

In quella lettera riservata Doni definiva Lodovico Domenichi «uno de' grandissimi traditori che vadi per il mondo», che avrebbe tenuto mano con un fuoruscito, come avrebbe dimostrato un sonetto dello stesso Domenichi e il fatto che un suo fratello fu impiccato a Pavia. Doni concludeva ipocritamente, invitando il duca a perdonare Lodovico, essendo «piuttosto appassionato che maligno».

A Venezia

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Si trasferì a Venezia, la capitale dell'editoria italiana e tra le maggiori d'Europa, città che Domenichi salutò con un sonetto:[8]

«Qui dove il Ciel dispensa eterna pace,
di che agli altri paesi è tanto avara,
d'Adria nel seno avventuroso, e chiara,
in cui la Libertà secura giace [...]»

e dove l'amico Aretino avrebbe potuto introdurlo nei giusti ambienti ove sviluppare le sue capacità di traduttore dal greco e dal latino, cercando nello stesso tempo di poter vedere riconosciuti i propri meriti di autore: il tipografo Gabriel Giolito de' Ferrari, impegnato soprattutto nella pubblicazione di libri in volgare, fece al suo caso, pubblicandogli nel 1544 le sue Rime.

Bona Sforza in una miniatura cinquecentesca

Il libro delle Rime è diviso in tre parti, ciascuno con una lettera di dedica. La prima, datata 16 aprile 1544, è indirizzata alla regina di Polonia Bona Sforza, la seconda è per Isabella Sforza, figlia del signore di Pesaro Giovanni, e la terza è indirizzata a Ippolita Borromeo, moglie del conte Girolamo Anguissola, «Dama nelle umane Lettere molto erudita»,[9] dove il Domenichi giustifica la dedica con la comune amicizia che la legava al Doni.

Sono 315 tra sonetti e canzoni di diverso argomento: da quello amoroso al religioso, dal tema politico a quello pastorale, nel rispetto dell'imitazione petrarchesca, dominante per tutto il secolo: del resto, Giolito aveva affidato proprio a Domenichi la cura di una nuova edizione del Canzoniere e dei Trionfi di Petrarca, che vedrà la luce l'anno successivo, insieme con Il Corbaccio o Laberinto d'amore di Boccaccio,

In quell'anno Domenichi tradusse e fece stampare dalla tipografia veneziana Al segno del pozzo un'opera di sant'Agostino, Del bene della Perseveranza, inviandone una copia al modenese Camillo Caula, capitano dell'esercito veneziano, sospettato più volte di eresia, il quale, ringraziandolo, lo esortava ad abbandonare gli «humani e vani studi della poesia» per dedicarsi a quelli ispirati dalla lettura del Vangelo,[10] e un'altra alla ricordata Isabella Sforza, la quale lo ringraziava l'8 agosto della dedica e del libro, scrivendo di augurarsi che «con le sue fatiche si finiranno d'aprire queste finestre che tanto tempo sono state chiuse».[11]

Erano segni, quelli, di un interesse verso l'ambiente culturale, e in particolare religioso eterodosso, che si manifestò nel Domenichi non già con la pubblicazione di propri scritti, ma limitandosi prudentemente a curare edizioni di opere non in linea con il conformismo cattolico e i dettati controriformistici: l'edizione delle commedie di Ercole Bentivoglio I fantasmi e Il geloso, le traduzioni de La vanità delle scienze di Cornelio Agrippa o di Due dialoghi di Luciano, per andare, negli anni, a curare anonimamente la pubblicazione dei Nicomediana di Calvino e i Commentarii del protestante Johannes Sleidanus, una storia dello sviluppo della Riforma fino alla Pace di Augusta, siglata nel 1555.

Secondo il piano di una collana appositamente dedicata, nel 1545 uscì dal Giolito un'antologia di poeti contemporanei e curò Il Corbaccio o Laberinto d'amore del Boccaccio, mentre per i tipi dell'editore Girolamo Scotto uscirono gli ormai classici Morgante maggiore del Pulci e l'Orlando innamorato. In quest'ultimo operò una revisione della lingua, traducendo i lombardismi in toscano e ammodernando la stessa sintassi di Boiardo. Un'operazione non nuova e non infrequente nelle edizioni dell'epoca - si pensi alle modifiche cui furono soggette le Canzoni dei poeti siciliani del XIII secolo - ma che qui si radicalizza fino al rifacimento di molte ottave. Un'operazione ancora più estrema sul testo dell'Orlando innamorato era stata già compiuta tre anni prima da Berni, ma l'edizione più moderata di Domenichi - del resto il titolo è L'Orlando innamorato [...] riformato da Lodovico Domenichi - fu per tre secoli il testo di riferimento del poema del Boiardo.

A Firenze

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Progne, tragedia di Domenichi

Nel marzo del 1546 Domenichi si trasferì a Firenze, recando con sé il Terzo libro delle lettere di Pietro Aretino, che in cambio si premurava di raccomandarlo agli amici fiorentini. La loro corrispondenza, tuttavia, e si direbbe anche la loro amicizia, s'interruppe subito dopo, forse per essergli giunte alle orecchie certe critiche dell'Aretino sulle qualità delle sue traduzioni, come sembra dedursi dalla difesa che Domenichi fa della sua traduzione di Polibio nella dedica, del 3 agosto 1546, dell'opera al duca Cosimo, e come è espresso apertamente in un passo del suo dialogo Dei Rimedj d'Amore: «Le sei Giornate dell'Aretino, le Cortigiane, e simili altre Opere vituperose, oltre che giudiciosamente sono state proibite da chi ha potuto, quando anche fussero lecite, e concesse, per nessun modo vi capitino inanzi, perché da esse non si può imparare che disonestà et lascivia, e cose tutte contrarie a' buoni costumi».[12]

Fu curatore e traduttore in volgare dal latino e dal greco, lavorando con i maggiori editori del XVI secolo: Francesco Marcolini, i Giunti, Lorenzo Torrentino, ecc. Si trovava a Firenze alla fine del 1547, come si inferisce dalla dedica della sua traduzione di Paolo Diacono, pubblicata a Venezia nel 1545[13].

Nel 1552 fu condannato alla reclusione a vita per aver tradotto e stampato l'Excuse de Iean Calvin à messieurs les Nicodemites sur la complaincte qu'ilz font de sa trop grand' riguer, un opuscolo di Giovanni Calvino contro il Nicodemismo[14]; venne liberato anni dopo dal duca Cosimo I de' Medici su istanza di Paolo Giovio. Tiraboschi riteneva che in realtà fosse stato proprio il duca ad averlo voluto in carcere, per motivi politici[15].

Lodovico Domenichi dedicò nel 1555 al duca di Urbino Guidobaldo II, la sua traduzione delle Vite di Plutarco[16][17][18]. Fu Dominici ad aver pubblicato per primo, nel 1558, Il Pecorone di ser Giovanni Fiorentino. Realizzò un rifacimento in lingua volgare dell'Orlando innamorato, ormai incomprensibile[19] e una raccolta di Dialoghi di Luciano di Luciano[20], diverse raccolte di rime[21][22][23][24][25] e lavori teatrali.

Domenichi è stato accusato spesso di plagio: per es. la tragedia Progne, pubblicata a suo nome nel 1561[26], in realtà era stata scritta da Gregorio Correr, mentre il saggio Della difesa delle donne era stato composto in realtà dal letterato pistoiese Domenico Bruni che aveva consegnato il manoscritto a Domenichi per ottenerne un giudizio critico[27].

Opere

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Scritti

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Caterina Anguissola, celebrata per la sua bellezza ne La Nobiltà delle Donne[28].

Traduzioni

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Edizioni curate da Lodovico Domenichi

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Note

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  1. ^ In Lettere scritte a Pietro Aretino da molti signori, comunità, donne di valore, 1873, p. 253.
  2. ^ L. Domenichi, Dialogo dell'Imprese d'Armi, e d'Amore, Lione, Guglielmo Rovillio 1574, p. 239.
  3. ^ Il Doni vi aveva quello di Semenza, ma non si sa quale nome avesse assunto il Domenichi: cfr. Cristoforo Poggiali, Memorie per la storia letteraria di Piacenza, I, 1789, p. 225.
  4. ^ Come si può immaginare dalla lode che vi si fa «della Toppa, o Serratura»: C. Poggiali, ibidem.
  5. ^ Historia delle vite de' poeti italiani, ms, Venezia, citato da Apostolo Zeno, note a Giusto Fontanini, Della eloquenza italiana, II, Venezia, Pasquali 1753, p. 300.
  6. ^ Anton Francesco Doni, Mondi, 1563, p. 165.
  7. ^ Secondo la denuncia contenuta nella lettera di Anton Francesco Doni al duca Ferrante Gonzaga del 3 marzo 1548, scoperta nell'Archivio di Guastalla da Ireneo Affò e pubblicata da Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 2, 1784, p. 386.
  8. ^ In Rime, p. 36.
  9. ^ C. Poggiali, cit., p. 254.
  10. ^ Alessandro d'Alessandro, Prime ricerche su Ludovico Domenichi, 1978, p. 176.
  11. ^ C. Poggiali, cit., p. 265.
  12. ^ L. Domenichi, Dialoghi, 1562, pp. 144-145.
  13. ^ Paolo Diacono|Paulus Diaconus, Paolo Diacono della Chiesa d'Aquileia della origine et fatti de i re longobardi tradotto per m. Lodouico Domenichi. In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1545
  14. ^ Enrico Garavelli, Lodovico Domenichi e i "Nicodemiana" di Calvino : storia di un libro perduto e ritrovato, con una presentazione di Jean-Francois Gilmont. Manziana : Vecchiarelli, 2004, ISBN 88-8247-145-4
  15. ^ Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Tomo 7.3, Milano : Dalla società tipografica de' classici italiani, 1824, 1520-8 (on-line)
  16. ^ Plutarco, La prima parte delle Vite di Plutarco. Tradotte da m. Lodouico Domenichi, con gli suoi sommarii posti dinanzi a ciascuna vita. Con due tauole, le quali sono poste nel fine della seconda parte: l'una serue alle cose notabili, nell'altra si sono raccolti ordinatamente tutti i nomi antichi e moderni di diuersi paesi, città, mari, promontori, venti, fiumi, monti e luoghi che in tutta l'opera si contengono. Con la dichiaratione de i pesi e delle monete, che si usauano da gli antichi. In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560
  17. ^ Plutarco, 2: La seconda parte delle Vite di Plutarco. Nuouamente da m. Lodouico Domenichi tradotte. Con due tauole, l'vna delle cose notabili, e l'altra di diuersi nomi antichi e moderni di paesi, città, mari, promontori, uenti, fiumi monti, e luoghi, che in tutta l'opera si contengono. Con la dichiaratione de i pesi e delle monete, che si usauano da gli antichi. In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560
  18. ^ Plutarco, 3: La Terza parte delle vite di Plutarco. Nuovamente da m. Lodovico Domenichi tradotte. In Venetia : appresso Iacopo Sansovino il giovane, 1570 (in Venezia : appresso Iacopo Sansovino il giovane, 1570)
  19. ^ Matteo Maria Boiardo, Orlando inamorato del s. Matteo Maria Boiardo conte di Scandiano, insieme co i tre libri di Nicolo de gli Agostini, nuouamente riformato per m. Lodouico Domenichi, con gli argomenti, e le figure accomodate al principio d'ogni canto, & la tauola di ciò, che nell'opra si contiene. In Vinegia : Al segno della Salamandra : appresso Girolamo Scotto, 1546 (In Venetia : appresso Girolamo Scotto, 1547)
  20. ^ Lucianus, Due dialoghi di Luciano, nuouamente tradotti per m. Lodouico Domenichi. In Fiorenza, 1548
  21. ^ Delle rime di diversi nobili huomini et eccellenti poeti nella lingua thoscana. Libro secondo / <Lodovico Domenichi>. In Vinegia : appresso Gabriel Giolito De Ferrari, 1548
    • Il primo volume delle rime scelte da diuersi autori, di nuouo corrette , et ristampate. In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1563
  22. ^ Poesie toscane, et latine di diuersi eccel. ingegni, nella morte del S.D. Giouanni cardinale, del sig. don Grazia de Medici, & della S. donna leonora di Toledo de Medici .... In Fiorenza : appresso L. Torrentino impressor ducale, 1563 (In Fiorenza : appresso Lorenzo Torrentino impressor ducale, del mese di Gennaio 1563)
  23. ^ Rime diuerse d'alcune nobilissime, et virtuosissime donne, raccolte per m. Lodouico Domenichi, .... In Lucca : per Vincenzo Busdragho, 1559 ([Lucca : Vincenzo Busdrago])
  24. ^ Rime diuerse di molti eccellentiss. autori nuouamente raccolte. Libro primo, con nuoua additione ristampato. In Vinetia : appresso Gabriel Giolito Di Ferrarii, 1546 (In Vinegia : appresso Gabriel Giolito De Ferrari, 1546)
  25. ^ Rime diuerse di molti eccellentiss. auttori nuouamente raccolte. Libro primo. In Vinetia : appresso Gabriel Giolito di Ferrarii, 1545 (In Vinegia : appresso Gabriel Giolito de Ferrari)
  26. ^ Progne, tragedia di M. Lodouico Domenichi. In Fiorenza : appresso i Giunti, 1561
  27. ^ Franco Pignatti, "Pratica e ideologia del plagio nelle raccolte facete e apoftegmatiche", in Il plagio nella letteratura del Rinascimento, a cura di R. Gigliucci, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 323-345
  28. ^ Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. Gonzaga di Mantova, Torino, 1835.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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