Samāʿ (in arabo سماع?) significa letteralmente ascolto in arabo e persiano. Era originariamente una pratica rituale di ascolto della lettura del Corano, diffusasi nei circoli sufi di Baghdad a partire dal III sec. dell’Egira (IX sec.d.C.). Ben presto si affiancò a quella del testo sacro, la lettura di componimenti poetici di genere determinato (come il ghazal o la qasida), accompagnati da specifici repertori musicali, connessi con particolari strumenti (in ambito turco, in primo luogo il ney), e dalla danza.

La danza del Samāʿ è conosciuta in Europa anche come la danza dei dervisci rotanti, tuttavia non tutte le forme di Samāʿ prevedono questo tipo di movimento.

Nella tradizione sufi mevlevi, il Samāʿ rappresenta un viaggio mistico di ascesa spirituale attraverso la mente e amore per "il Perfetto". In questo viaggio il danzatore simbolicamente si rivolge alla verità, accresce in amore, abbandona il proprio ego, trova la verità e giunge al "Perfetto"; quindi ritorna dal viaggio mistico con una maturità maggiore, così da amare ed essere di servizio per tutto il creato, senza discriminazioni di fede, razza, classi e nazioni.

Struttura del Samāʿ mevlevi

Nel samāʿ mevlevi vi è un conduttore intorno a cui si forma un cerchio di dervisci. Viene avviata facendo girare il piede sinistro; l'abito usato dai dervisci è bianco (simbolo di morte), il lungo cappello è marrone (lapide tombale), e il mantello è nero (simbolo del sepolcro). La cerimonia della danza si suddivide in due parti :

Alla fine della danza vi è la preghiera finale, con recitazione di un passo del Corano.

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