La teoria della scelta razionale, nella criminologia, è la convinzione derivata dall'utilitarismo per cui si ritiene che l'individuo compie reati in base ad una scelta autonoma tra mezzi e fini, costi e profitti, bonus e malus.

Descrizione

[modifica | modifica wikitesto]

La scelta razionale è legata alla teoria della deriva di David Matza [1] in cui le persone utilizzano le tecniche di neutralizzazione per entrare ed uscire dal comportamento delinquenziale, e alla teoria della criminalità sistematica (un aspetto della teoria della disorganizzazione sociale elaborata dalla Scuola di Chicago), dove Edwin Sutherland sosteneva che il fallimento delle famiglie e dei gruppi parentali ampliati estende l'ambito dei rapporti non più controllati dalla comunità, e mina alla base i controlli statali. Ciò induce ad una persistente criminalità "sistematica" ed alla delinquenza.

Sutherland sosteneva anche che tale disorganizzazione provocasse e rafforzasse le tradizioni culturali e i conflitti culturali che sostengono le attività antisociali. La qualità sistematica del comportamento era un riferimento a reati ripetitivi, fantasiosi od organizzati rispetto ad eventi casuali. Egli rappresentava la cultura della legalità come dominante e più ampia rispetto ai punti di vista culturali criminogeni e capace di superare il crimine sistematico se organizzata a tale scopo [2].

Teoria sulla routine

[modifica | modifica wikitesto]

L'attività di routine è una branca della scelta razionale in criminologia, sviluppata da Marcus Felson e Lawrence Cohen. Il nocciolo della teoria si focalizza sul delitto considerato come un'attività normale e dipende dalla opportunità disponibili. Se un bersaglio non è protetto a sufficienza, e se la ricompensa è conveniente, il reato avrà più possibilità di riuscire. La criminalità non ha bisogno di colpevoli recidivi, né super-predatori, né criminali condannati o persone malvagie, ma solo di un'opportunità.

Note

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ Matza, Delinquency And Drift, New York, John Wiley and Sons, (1964)
  2. ^ Sutherland, 1939: pagg. 8-9

Bibliografia

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]