Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio Parrocchia S. Nicolò dei Greci | |
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Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Località | Palermo |
Coordinate | 38°06′53.4″N 13°21′46.59″E |
Religione | Cristiana cattolica di rito bizantino (Chiesa Italo-Albanese) |
Titolare | San Nicola di Mira |
Fondatore | Giorgio d'Antiochia |
Stile architettonico | bizantino, normanno e barocco |
Completamento | 1143 (con aggiunte successive) |
Bene protetto dall'UNESCO | |
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Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale | |
Patrimonio dell'umanità | |
Tipo | architettonico |
Criterio | C (ii) (iv) |
Pericolo | no |
Riconosciuto dal | 2015 |
Scheda UNESCO | (EN) Arab-norman Palermo and the cathedral churches of Cefalù and Monreale (FR) Scheda |
La chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, sede della parrocchia di San Nicolò dei Greci (klisha e Shën Kollit së Arbëreshëvet in albanese) e nota come Martorana, è ubicata nel centro storico di Palermo. Adiacente alla chiesa di San Cataldo, si affaccia sulla piazza Bellini ove affianca il Teatro omonimo e fronteggia la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria ed il prospetto posteriore del Palazzo Pretorio[1][2].
La chiesa è concattedrale dell'eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, e officia la liturgia per gli italo-albanesi, osservanti il rito bizantino, residenti in città[3][4][5]. La comunità parrocchiale italo-albanese è da sempre parte della Chiesa cattolica, ma segue il rito e le tradizioni spirituali che l'accomunano alla tradizione liturgica orientale.
Edificio bizantino e normanno del Medioevo con torre di facciata, si contraddistingue per la molteplicità di stili che s'incontrano, in quanto, con il susseguirsi dei secoli, fu arricchita da vari altri gusti artistici, architettonici e culturali. Oggi si presenta difatti come chiesa-monumento storico, frutto delle molteplici trasformazioni e sottoposta inoltre a tutela nazionale[6].
Dal 3 luglio 2015 fa parte del patrimonio dell'umanità (UNESCO) nell'ambito dell'Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale.
Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia[7], grande ammiraglio siriaco di fede cattolica bizantina al servizio del re normanno Ruggero II dal 1108 al 1151.[8] Costruita da artisti secondo lo stile siculo-normanno , si trovava nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, motivo per il quale diventò nota successivamente come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana" (precedentemente Giorgio l'Antiocheno fece edificare anche il possente "Ponte dell'Ammiraglio" sul fiume Oreto, noto anche per una battaglia dei garibaldini). All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XII secolo, aperta in basso da arcate a colonne angolari e con tre ordini di grandi bifore.
La chiesa possiede una pianta a croce greca, prolungata con il nartece e l'atrio. Un portale assiale (ancora esistente) da sull'atrio e il nartece, come nelle prime chiese cristiane. Al di là del nartece, l'edificio era sistemato e decorato come una chiesa bizantina a 4 colonne, tranne gli archi a sesto acuto e i pennacchi della cupola che erano di gusto islamico. Nel 1193 le case attorno vengono adibite a monastero per le donne e la chiesa verrà poi ad esso inglobata.[9]
Con sede vescovile vacante, il 5 febbraio 1257 l'altare maggiore fu consacrato dal vescovo di Siracusa Matteo de Magistro di Palermo.[10]. Nel 1194 c. fu fondato il monastero attiguo, patrocinato dai coniugi Goffredo e Luisa Martorana, da cui prenderà successivamente il nome.[10]. Il 7 dicembre 1433, col privilegio concesso da Alfonso V d'Aragona e confermato da Papa Eugenio IV, la chiesa dell'Ammiraglio è assegnata al monastero adiacente. Essendo l'edificio compreso nel recinto della clausura, le monache utilizzano la nuova struttura più prestigiosa, abbandonando il luogo di culto proprio del monastero, passando al rito latino.
Negli anni 1683-1687, per adeguarla alle esigenze del nuovo rito, l'abside centrale viene distrutta e sostituita da una nuova abside rettangolare, progettata da Paolo Amato, e il prospetto meridionale viene abbattuto. Nel 1740 Nicolò Palma progetta un nuovo prospetto, secondo il gusto barocco dell'epoca.
Nel 1846 si realizza l'abbassamento del piano della piazza e viene realizzata la scalinata. In considerazione dell'alto valore artistico della chiesa, tra il 1870 e il 1873, su direzione dell'architetto Giuseppe Patricolo, si realizzò il suo restauro. Nell'intento di riportare la chiesa allo stato originario, furono staccati i marmi settecenteschi delle pareti laterali del presbiterio (di cui era prevista la distruzione) e fu accentuato il muro di chiusura originale. La chiesa venne riportata per gran parte al suo aspetto medievale originario eccetto che per la navata e per l'abside centrale.
Della fine del XIX secolo la chiesa cadde in stato di abbandono, quindi sotto l'amministrazione civile-comunale, sino al ritorno al culto orientale nel 1937 per opera della comunità albanese di Sicilia e concessione dell'Arcidiocesi di Palermo.
Nel 1940, nel segno della comunanza etnica e religiosa, una delegazione della Chiesa ortodossa autocefala albanese fa visita ufficiale agli italo-albanesi dell'eparchia, visitando la concattedrale dell'eparchia.
La chiesa assunse ed ereditò il titolo di sede della parrocchia degli italo-albanesi residenti di San Nicolò dei Greci[11] (per "greci" erano scambiate quelle popolazioni albanesi che, dal XV secolo in Italia e Sicilia, conservavano "rito greco" o bizantino, lingua, costumi, identità) nel 1943, dopo che l'omonima chiesa attigua al Seminario Italo-Albanese in Palermo fu distrutto nel secondo conflitto mondiale.
Nel 1973, considerata l'impossibilità di contatto con la Chiesa in Albania sotto il regime comunista, una delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia fa visita ufficiale agli italo-albanesi dell'eparchia, visitando la concattedrale dell'eparchia.
Nel 1982 Papa Giovanni Paolo II, in occasione del suo incontro con la comunità religiosa, civile ed accademica albanese di Sicilia, prese parte ai Divini Uffici presso la parrocchia concattedrale.
La chiesa è stata recentemente restaurata e riaperta al culto comunità nel 2013[12]; in quel frangente il clero e la comunità fu momentaneamente accolta nella chiesa del SS.mo Salvatore delle suore basiliane italo-albanesi in Palermo[13].
La parrocchia di San Nicolò dei Greci non possiede un vero e proprio territorio parrocchiale, ma è il punto di riferimento di 15.000 fedeli arbëreshë[14] (la comunità albanese di Sicilia storicamente insediata nella provincia del capoluogo) residenti nella città di Palermo e che professa il rito bizantino.
Dal 2015 rientra tra i monumenti proposti all'UNESCO nell'ambito dell'"Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale" come Patrimonio dell'Umanità.
«Voi siete qui […] il drappello di profughi che, sostenuti dalla loro profonda fede evangelica, più di cinquecento anni fa giunsero in Sicilia, trovarono non solo un approdo stabile per il futuro delle loro famiglie come nucleo della Patria lontana, ma anche l'Isola maggiore del Mare Nostrum, che per la sua posizione naturale, è un centro di comunicazione tra Oriente e Occidente, un provvidenziale congiungimento tra sponde di diversi popoli […]. La Divina Provvidenza, la cui sapienza tutto dirige al bene degli uomini, ha reso la vostra situazione feconda di promesse: il vostro rito, la lingua albanese che ancora parlate e coltivate, unitamente alle vostre centenarie costumanze, costituiscono un'oasi di vita e di spiritualità orientale genuina trapiantate nel cuore dell'Occidente. Si può pertanto dire che voi siete stati investiti di una particolare missione ecumenica [...].»
Per tradizione continua a chiamarsi "dei Greci", una definizione impropria, poiché la parrocchia appartiene ecclesiasticamente agli italo-albanesi. Greco fu definito - dai non arbëreshë - il rito bizantino per la lingua liturgica utilizzata. Non manca, comunque, la variante sempre maggiormente utilizzata oggi di "Parrocchia San Nicolò o Nicola degli Italo-Albanesi".
Dai propri fedeli albanofoni viene chiamata Klisha Arbëreshe Palermë o semplicemente Marturanë e nella versione non colloquiale Famullia/Klisha Shën Kolli i Arbëreshëvet në Palermë. Si può, inoltre, spesso leggere il titolo "Parrocchia San Nicolò dei Greci alla Martorana", questo per intendere che la parrocchia ha sede ora alla cosiddetta "Martorana", e non nella iniziale sede parrocchiale del Seminario "Greco" fra via Seminario Italo-Albanese e piazza P. G. Guzzetta di Palermo.
Le celebrazioni liturgiche, le cerimonie nuziali, il battesimo e le festività religiose della parrocchia di San Nicolò dei Greci seguono il calendario bizantino e la tradizione albanese delle comunità dell'Eparchia di Piana degli Albanesi[17][18][19].
Le lingue liturgiche utilizzate sono il greco antico (come di tradizione, che nacque per unificare sotto un'unica lingua di comprensione tutti i popoli della chiesa d'Oriente) o l'albanese (la lingua madre della comunità parrocchiale). Non è raro qui sentire parlare abitualmente i papàdhes e i fedeli in lingua albanese, la lingua, infatti, è il principale elemento che li identifica in una specifica appartenenza etnica. Qualche fanciulla di Piana degli Albanesi si sposa indossando ancora il ricco abito nuziale della tradizione albanese e la cerimonia del matrimonio (martesa) conserva tutti gli elementi della tradizione orientale[20].
Una festa particolare per la popolazione arbëreshe è la Teofania o Benedizione delle acque il 6 gennaio (Ujët e pagëzuam)[21]; la festa più importante è la Pasqua (Pashkët), con il riti orientali di forte spiritualità della Settimana Santa (Java e Madhe) e il canto del Christos anesti-Krishti u ngjall (Cristo è risorto). Il 6 dicembre ricorre la festa di San Nicola di Mira (Dita e Shën Kollit)[22].
Entrati nel primo corpo della costruzione - rifacimento settecentesco con volte affrescate da Olivio Sozzi, Antonio Grano[9] e Guglielmo Borremans - due decorazioni musive sul fronte del corpo originario raffigurano uno Ruggero II vestito da imperatore bizantino e incoronato re per mano di Gesù Cristo, la scritta in caratteri greci sopra Ruggero dice " rogerios rex" usando il termine latino, scritto in lingua greca; l'altro la dedicazione della chiesa alla Vergine da parte dell'ammiraglio d'oriente Giorgio d'Antiochia, quest'ultimo rappresentato in umile atto di prostrazione dinanzi alla Madonna.
Sulla parete occidentale dello stesso locale è murata una lapide che ricorda l'eroe nazionale degli albanesi, Giorgio Castriota Scanderbeg, posta nel 1968 in onore del suo cinquecentesimo anno dalla sua scomparsa e con l'incisione dell'aquila bicipite costantinopolitana, simbolo dell'Albania. Ai lati icone bizantine della committenza arbëreshe abbelliscono la chiesa. Superato l'ambiente suddetto, si giunge nella chiesa medievale, il nucleo originale. Qui la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale si erge l'immagine del Cristo in trono, immagine arcaizzante e di stampo occidentale, sono interamente rivestite da decorazioni musive bizantine di grande importanza, in connessione con quelle riguardanti Dafne nell'Attica. Il grandioso ciclo di mosaici bizantini della chiesa è il più antico di Sicilia[23]. I mosaici della cupola rappresentano al centro il Cristo, scendendo successivamente i quattro arcangeli (tre originali più uno apocrifo) e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e infine, nelle volte, i rimanenti apostoli.[9]
La chiesa è fornita di un'antica iconostasi in marmi mischi, in cui, essendo priva di icone, i papàdes albanesi dell'epoca hanno provvisto la realizzazione dei mosaici della Madonna, del Cristo e dalle icone di Maria Vergine e San Nicola di Mira, questi ultimi che precedono l'iconostasi.
Molto importante per i fedeli arbëreshë è la grande icona raffigurante San Nicolò in trono (XV sec.), posta oggi nel diaconicon e che si trovava nella chiesa di San Nicolò dei Greci che, unitamente al contiguo Seminario Italo-Albanese di Palermo, andò distrutta nel bombardamento aereo del 1943. L'abside, abbattuta sul finire del Seicento, venne sostituita con l'attuale cappella barocca a tarsie marmoree su progetto di Paolo Amato.
Icone contemporanee, alcune delle quali dell'iconografo italo-albanese Zef Giuseppe Barone da Piana degli Albanesi (croce bizantina della morte e resurrezione del Cristo, dipinta in entrambi i lati) e altri realizzate dell'iconografo e mosaicista albanese Josif Droboniku (raffiguranti le dodici feste despotiche e la grande crocifissione dell'altare bizantino), appartengono all'importante patrimonio artistico della parrocchia.
La fondazione del monastero dell'Ordine benedettino è posteriore alla chiesa (1194).[2] In ordine cronologico è la terza istituzione dopo il monastero basiliano del Santissimo Salvatore e il monastero di Santa Maria del Cancelliere.[25]
Nel 1535 Carlo V visitò Palermo dopo la conquista di Tunisi. Nel giardino della chiesa vi erano alberi di aranci, ma a settembre inoltrato non erano ancora maturati i frutti. Le monache benedettine, per ovviare all'inconveniente e mostrare un giardino rigoglioso e ben curato, confezionarono delle arance di pasta di mandorle, le colorarono e le appesero ai rami, conferendo al giardino un effetto più eloquente e ammirevole, aspetto tipico del raccolto imminente. Nacquero così i "frutti di martorana". Il convento aveva preso nome di Martorana dalla sua fondatrice, la nobildonna Eloisa Martorana. Da qui l'espressione "frutta di Martorana". [senza fonte]
La chiesa di San Nicolò a Palermo, detta "dei Greci" per il rito greco-cattolico osservato, nacque e fu composta sin dall'origine dal gruppo di esuli albanesi di rito orientale provenienti in massa dall'Albania e in generale, in secondo momento, dai territori albanofoni dei Balcani (Epiro o Ciamuria, Macedonia, Attica, Eubea, Morea)[26]. Il primo parroco fu Papàs Nikolao Matranga (1546-1549)[26], che apparteneva al clero coniugato, secondo la disciplina della chiesa bizantina. Da allora si è mantenuto l'aspetto etnico e religioso caratterizzante la comunità di fedeli. I sacerdoti che susseguirono provennero dalle colonie albanesi nate nella provincia di Palermo (Contessa Entellina, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Piana degli Albanesi, successivamente da Santa Cristina Gela)[26].
Cronologicamente i più recenti sacerdoti titolari della Parrocchia di S. Nicolò dei Greci, nella sede originaria del Seminario Italo-Albanese di Palermo, sono:
I sacerdoti titolari ad personam della Parrocchia di S. Nicolò dei Greci, con sede alla Martorana, sono:
Negli anni trenta del Novecento nacque l'associazione culturale e religiosa "Oriente Cristiano", presso i locali dell'Eparchia di Piana degli Albanesi a Palermo, di cui edita la rivista ufficiale omonima dell'Associazione Culturale Italiana per l'Oriente cristiano (ACIOC)[39]. Sorta per iniziativa dei papàdes dell'Eparchia, ha l'intento di sostenere culturalmente le comunità italo-albanesi di tradizione bizantina e costituire anche un punto di riferimento, di sensibilizzazione e di aiuto a tutti i cristiani per la comprensione culturale e la condivisione ecumenica con i fratelli d'Oriente, con lo scopo di promuovere iniziative per la conoscenza, la preghiera e lo studio "pro Oriente Cristiano", sulla spiritualità e la mistagogia della chiesa bizantina.
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