Orsogna comune | |
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Statua di Raffaele Paolucci | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Abruzzo |
Provincia | Chieti |
Amministrazione | |
Sindaco | Ernesto Salerni (lista civica Orsogna Rinasce Insieme) dal 06-06-2019 |
Territorio | |
Coordinate | 42°13′N 14°17′E |
Altitudine | 432 m s.l.m. |
Superficie | 25,45 km² |
Abitanti | 3 660[1] (31-12-2022) |
Densità | 143,81 ab./km² |
Frazioni | Feuduccio, Ritiro, San Basile, Sterparo, Valli-Coste di Moro |
Comuni confinanti | Ari, Arielli, Canosa Sannita, Castel Frentano, Filetto, Guardiagrele, Lanciano, Poggiofiorito |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 66036 |
Prefisso | 0871 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 069057 |
Cod. catastale | G128 |
Targa | CH |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona D, 1 841 GG[3] |
Nome abitanti | orsognesi |
Patrono | san Nicola di Bari |
Giorno festivo | 6 dicembre |
Cartografia | |
Posizione del comune di Orsogna all'interno della provincia di Chieti | |
Sito istituzionale | |
Orsogna (Ursógne in abruzzese) è un comune italiano di 3 660 abitanti[1] della provincia di Chieti in Abruzzo.
Insieme ai comuni di Arielli, Canosa Sannita, Filetto e Poggiofiorito ha fatto parte dell'Unione dei comuni della Marrucina fino al 31 dicembre 2012, quando l'ente associato è stato sciolto. È rinomata per la Festa dei Talami, Quadri biblici viventi, antichissima tradizione che si rinnova ogni anno la mattina del Martedì in Albis (martedì dopo Pasqua) e la sera di Ferragosto.
Dagli anni '90 si è sviluppata notevolmente la sua fama per la produzione di olio e vino.
"Orsogna" pare derivare dal nome arcaico di una sua contrada sita nella Valle del Moro presso l'abitato della contrada Rissogna, vale a dire l'odierna contrada Fraia.
Nel XIII secolo compare denominata come Ursonna nella "Historia Diplomatica Federici Secundi" come sede di custodia di prigionieri della Battaglia di Cortenuova vinta da Federico II contro i liberi comuni lombardi nel 1237.
Lo stemma del paese, risalente probabilmente al XVI secolo o comunque successivo all'epoca rinascimentale, è un esempio di "stemma parlante", tipologia classificata e ben nota all'araldica storica: quando i Comuni cominciarono a costituirsi come enti politici ed economici veri e propri nell'Italia basso-medievale e rinascimentale, si diedero una spiegazione toponomastica spesso elementare e priva di aderenze con la realtà storica, ancora ignota; in questo caso la presenza di orsi nel territorio sembrò il fatto più plausibile, poiché la vicina Maiella ne è sempre stata ricca, e dunque un orso rampante venne scelto come emblema del Comune, che si sarebbe chiamato Orsinia e poi Orsonia, per diventare infine Orsogna, dalla leggendaria presenza di una famiglia di orsi in un non meglio identificato remoto passato.
Nel XVIII secolo, quando la nuova ricerca storica di stampo illuminista cominciò ad occuparsi in maniera scientifica dello studio delle fonti, alcuni studiosi locali avanzarono l'ipotesi che il nome del paese potesse derivare da un certo Orso Orsini, Signore del luogo[4].
Nel 1074 Orsonia è proprietà di due feudatari, il sacerdote Adeodato di Pietro e Adamo di Azzo; essi in questo anno donano la Chiesa di San Martino (oggi scomparsa) all'eremo benedettino di San Salvatore della Maiella, retto dal Priore Ranieri[4].
Anticamente il paese abruzzese era popolato prevalentemente da contadini, ma vi erano anche dei vasari, dato che il terreno circostante all'abitato è argilloso.
Questi artigiani lavoravano in grotte sotto la rupe rivestita di calanchi del paese, in posizione favorevole protetta dal freddo invernale.
Oggi le grotte degli artigiani sono quasi del tutto abbandonate dal periodo delle 2 guerre mondiali, ma in molte grotte sono rimasti resti di lavorazione di terracotta.
Il paese appare citato per la prima volta in un diploma del 1151 di Ruggero il Normanno, che faceva dono del feudo all'abazia di San Salvatore a Maiella, tra queste la chiesa di San Martino "apud Ursonia". Nel XIII secolo fece parte della Contea di Manoppello. nel 1294 era sotto il controllo dei Colonna, che eressero il castello che sino al 1943 sorgeva su Piazza Mazzini, accanto al teatro comunale. Nel XV secolo il castello passò agli Orsini, anche se i Colonna lo ripresero il 26 agosto 1512. A questi anni risale l'edificazione di una delle più antiche chiese orsognesi, rimaste in piedi sino al 1943-44, la cappella della Madonna del Rifugio, che sorgeva davanti al sagrato della parrocchia di San Nicola. La cappella conservava anche degli Statuti molto antichi scritti in volgare, trafugati dopo il terremoto del 1881, e giunti alla biblioteca del Senato.
Nel 1799, durante l'occupazione francese del Regno di Napoli, Orsogna ebbe l'occasione di riscattarsi, dopo decenni di lotte tra la cittadina e la vicina Guardiagrele per i confini territoriali. Il 25 febbraio di quell'anno gli orsognesi partirono con un gruppo di francesi, e assediarono Guardiagrele, bruciandola.
Nel 1881 terremoti di notevole intensità colpirono Orsogna. Una forte scossa si verificò alle ore otto del 10 settembre colpendo anche Lanciano, Castel Frentano, Guardiagrele, Ortona, San Vito, Francavilla e luoghi limitrofi. Esplicativa la cronaca scritta da Beniamino Costantini, allora studente, presente a Orsogna durante il sisma.[5]
Numerose furono le scosse successive: tra il 10 e l'11 settembre 1881, il 22 e 13 novembre e l'11 febbraio 1882. Orsogna subirà ingenti danni, con numerosi morti e feriti. Tuttavia in pochi anni le abitazioni danneggiate furono ricostruite, sicché dalle prime immagini del '900, la cittadina è vista in fiorente sviluppo.
Durante il Risorgimento, Orsogna fu sede di una "vendita" di Carbonari, introdotta nel 1812, e per questo molti liberali antiborbonici vennero processati nel biennio 1848-49. Costoro però vennero graziati da Achille Rosica, "magistrato" dell'Aquila sino al 1855 e consigliere di Francesco I delle Due Sicilie. Il progresso del Risorgimento ebbe effetti positivi a Orsogna, poiché l'ordinamento amministrativo delle contrade andò a suo favore, il paese si dotò di vari terreni sottratti a Guardiagrele, e beneficiò dell'economia agricola. L'edilizia si andò sviluppando fuori dal confine storico di Piano Castello, ossia l'area compresa tra il castello, il piano della chiesa di San Nicola, e i due quartieri del Borgo Romano e San Giovanni, con la chiesa omonima. In particolare venne interessato dallo sviluppo edilizio civile il Largo del Mercato, iniziato a chiamare "Piazza G. Mazzini" negli anni '30 del Novecento, poi la via Orientale, il Corso Trento e Trieste, ossia il cosiddetto "Quart'abbàll" (quartiere a valle), poi la strada occidentale verso la pineta, intitolato negli anni '50 a Raffaele Paolucci. Negli anni '20 presso la pineta occidentale venne inaugurato il tempietto sacro con Monumento ai caduti della Grande Guerra.
Nei primi anni della seconda guerra mondiale, tra il 1940 e 1943, Orsogna fu uno dei comuni dell'Abruzzo ad essere designato dalle autorità fasciste come luogo di internamento civile per profughi ebrei stranieri presenti in Italia. Gli internati furono 26, uno dei gruppi più numerosi nella provincia di Chieti.[6] Dopo l'8 settembre 1943 e l'occupazione tedesca, la situazione si fece drammatica. Quattro ex-internati ebrei, arrestati in paese, furono uccisi in un eccidio a San Pietro Ari l'11 gennaio 1944;[7] gli altri riuscirono a nascondersi o darsi alla fuga, raggiungendo le località già liberate dell'Italia meridionale.
Orsogna fu una delle cittadine abruzzesi a pagare un prezzo sanguinoso e distruttivo per il passaggio del fronte. Il paese era vicino ad Ortona, capo a mare della linea Gustav, che terminava a Cassino, ed era avamposto strategico per il ritiro nella Val di Sangro, presso le montagne. I bombardamenti alleati infatti iniziarono nel novembre e poi il 15-20 dicembre 1943, quando le truppe neozelandesi dell'VIII Armata, conquistata la "Winter Line" del Sangro, cercarono di sfondare la linea del fiume Moro, senza riuscirsi. Orsogna dovette subire 4 attacchi alleati contro i tedeschi, prima di capitolare nel giugno 1944, quando ormai era ridotta a un cumulo di macerie, con il 90% della gente sfollata nelle campagne, o nelle grotte, o negli arconi del rifugio antiaereo.
Dopo che le truppe alleate con la 2ª Divisione neozelandese giunsero nel dicembre del '43 presso il fiume Moro, iniziarono le ostilità e la popolazione fu costretta a rifugiarsi sotto i bastioni medievali o nelle campagne. Per la conquista dell'abitato furono combattute quattro battaglie tra neozelandesi e tedeschi tra il 3 e il 24 dicembre 1943. Tra le truppe tedesche si distinsero i paracadutisti della 1ª Divisione paracadutisti, in particolare il III Battaglione del 4º Reggimento. Gli scontri avvenuti ad Orsogna e nelle sue contrade lungo la Linea Gustav costarono più di 1600 perdite ai neozelandesi e tra le 1800 e le 1950 ai tedeschi. A causa della pressoché totale distruzione dell'abitato, Orsogna viene in alcuni casi definita come la "Cassino dell'Adriatico".[8]
Gli alleati con la campagna militare del Moro, capitanati dal generale Montgomery, circa il 20 dicembre sfondarono le linee nemiche e si diressero verso Ortona attraverso le contrade di San Donato e Leonardo, giungendo infine in città. I combattimenti si protrassero fino al 27 dicembre con la distruzione della città e la conseguente liberazione. Winston Churchill ricordò la battaglia di Ortona come la Stalingrado d'Italia.
Orsogna, bombardata dagli alleati fino al giugno del 1944, venne liberata soltanto l'8 giugno 1944 dal 184º Reggimento di Fanteria "Nembo" del Corpo italiano di liberazione. La chiesa di San Rocco venne completamente cancellata e così anche il massiccio castello baronale che occupava la piazza (oggi vi sorge l'ufficio postale e un palazzo). La chiesa parrocchiale perse il solaio e una cupola (ne aveva due), mentre la zona del corso principale veniva definitivamente spazzata via. I combattimenti durarono furiosamente nei rispettivi centri di Orsogna, Ortona, Tollo e Canosa Sannita fino a tarda notte del 28 giugno, successivamente si spostarono verso Giuliano Teatino, e restò leso anche il convento francescano.
Ci furono centinaia di sfollati che si rifugiarono presso Chieti nella cattedrale e a Lanciano o a Guardiagrele, che non avevano subìto ingenti danni. Al termine della seconda guerra mondiale Orsogna risultò il centro abruzzese più danneggiato dai bombardamenti dopo Ortona e Gessopalena.
La ricostruzione tuttavia avvenne nella seconda metà del '44 e furono inizialmente ripristinate le due chiese principali, ad opera del genio civile.
Nel dopoguerra la ricostruzione fu immediata e riuscì solo in parte a recuperare gli edifici più antichi, poiché, con i finanziamenti americani, si pensò a far ripartire immediatamente l'economia e a recuperare una normalità sociale nel più breve tempo possibile, a costo di sacrificare storici monumenti gravemente danneggiati, ma rimasti ancora in piedi, oppure di ricostruire opere distrutte come erano e dove erano, spendendo molti più soldi per un lavoro filologico riedificativo. Fu ripristinata nel 1946 circa la chiesa di San Nicola seguendo più o meno lo stile originale, mentre quella di San Rocco fu costruita ex novo, con uno stile moderno in stile pugliese, del tutto diverso dalla precedente, che aveva visto il tetto gravemente danneggiato. Negli anni '50 furono demolite le parti restanti del castello Colonna e di un palazzo liberty adiacente, così come la cappella del Rifugio presso San Nicola e il palazzo vescovile, nonché la chiesa di San Giovanni, anch'essa irrimediabilmente danneggiata. Negli anni 2000 fu restaurata la storica Torre di Bene (XVII secolo) presso il tratturo, trasformata in galleria d'arte e centro per servizi.
Negli ultimi anni Orsogna ha risentito di un flusso migratorio che non solo si è spostato verso il nord Italia o all'estero, ma anche nelle città vicine come Lanciano, Ortona e Guardiagrele, che potevano garantire un lavoro più sicuro a quelle persone.
Tale fenomeno ha favorito stagnazione economica e sociale, dai primi anni del nuovo Millennio, che solo negli ultimi anni sta lentamente cambiando, con il rilancio turistico ed economico della città, contando soprattutto sull'integrità del territorio circostante, sull'esportazione di prodotti agricoli e del vino prodotto nella cantina sociale civica.
Lo stemma e il gonfalone del comune di Orsogna sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 13 febbraio 2001.[9]
«D'argento, all'orso ritto, al naturale, linguato e allumato di rosso, attraversante la fascia diminuita di azzurro. Ornamenti esteriori da Comune.»
La città di Orsogna è stata insignita della Medaglia d'argento al merito civile[10], il 26 marzo 2003.
Benché di origini medievali (nel 1097 risulta tra i beni del monastero di San Barbato di Pollutri[12]), la chiesa attuale fu ricostruita totalmente alla fine del XVIII secolo per volere di Gioacchino Murat, poi danneggiata gravemente nei bombardamenti del 1943-44, ma ricostruita seguendo lo stile originale. La parrocchia sorge presso via Roma, nella parte alta di Orsogna, ha un aspetto monumentale, con due cupole gemelle sul tetto, un interno barocco molto ampio (anche se i dipinti delle volte e dell'abside risalgono quasi tutti al dopoguerra), a navata unica, e un massiccio campanile all'abruzzese, ossia con una lanterna sulla sommità cuspidata della torre. La chiesa fu seriamente danneggiata nei bombardamenti del 1944 e ricostruita dal genio civile rispettando la struttura originaria. La chiesa è dotata anche della casa canonica e di un giardino con l'edificio per ospitare i pellegrini.
La chiesa fu costruita nel XV secolo fuori le mura, in Largo del Mercato, oggi Piazza Mazzini. Successivamente subì rimaneggiamenti barocchi, con l'erezione di un porticato nel XIX secolo, ma nel bombardamento del 1943-44 fu quasi del tutto distrutta. Restavano in piedi il campanile, due mura perimetrali e la facciata. Il portico laterale gotico era andato perduto per sempre. La chiesa dunque nella fine degli anni '40 fu ricostruita ex novo, usando uno stile severo e spoglio che riecheggia l'arte romanico-fascista. La struttura è rettangolare, in pietra bianca, con semplice facciata decorata da rosone e portale a mosaico, molto lontana per bellezza alla chiesa originale.
Risale al XIII secolo, e si trova in contrada Feuduccio. Benché danneggiato nella seconda guerra mondiale, è stato perfettamente restaurato secondo i canoni medievali. Il complesso conventuale ha una chiesa a navata unica, con volte a crociera, e l'edificio per ospitare i pellegrini, collegato alla chiesa mediante il chiostro ad archi. Dal convento si può anche percorrere la passeggiata verso la grotta della Madonna di Lourdes.
Si conserva presso il parco il Sacrario dei Caduti della Grande Guerra, realizzato nel 1922-26 in stile neoclassico, a tempietto greco circolare, con la cupola, e ordine di colonne ioniche a capitello, e il sacello interno.
La Torre sorge in via San Francesco, è caratterizzata da una pianta quadrangolare con base a scarpa, e presso la facciata una moderna scalinata che permette l'accesso, mentre altri accessi sono sul lato di fianco e sulla parte posteriore. Dei cornicioni marcapiano scandiscono orizzontalmente la struttura in due grandi settori, più il terzo ammezzato della torretta colombaia. Tali settori sono in mattone cotto semplice, con dei beccatelli presso le cornici, e ordine regolare di finestre, una per lato, con timpano triangolare. [21].
Gran parte del di questi monumenti è andata distrutta con la seconda guerra mondiale.
Fu fondata nel 1797 come "rinomata Banda Rossa", così denominata per le giubbe rosse delle uniformi, diretta dal Maestro Raffaele Di Sipio, allievo di Cesare De Santis, professore del Santa Cecilia di Roma. La banda presto divenne una componente fondamentale delle tradizioni festive orsognesi; nel 1861 i briganti di Mecola ad esempio vennero accolti trionfalmente dalla banda civica, diretta da Ireneo Parlatore, mentre veniva portato in processione il quadro di San Nicola. Nel 1927 la banda, sotto al direzione del Maestro Gino Di Nizio, assunse il nome "Grande Banda d'Abruzzo - Orsogna", debuttando in diverse tournée, anche a Napoli e in Puglia. Solo in un caso la banda attraversò un momento buio, quando dovette suonare nella vicina Guardiagrele, storica rivale del paese, nel giorno di San Rocco, quando scoppiò una tremenda rissa. La rissa raggiunse l'oltraggio politico, e molti bandisti vennero arrestati, tra cui il noto cornista Domenico Ceccarossi. La banda attraversò un altro momento buio durante la guerra. Nel 1947 si tentò di ricostituirla, ma senza successo, e ciò fu possibile solo negli anni '50, benché spesso e volentieri, ancora oggi, rinsanguata nel numero da altri membri provenienti dai paesi accanto, come Poggiofiorito, Arielli, Miglianico, Filetto; i maestri continuano ad esibirsi nelle principali ricorrenze, tra tutte la cerimonia dei Talami del Lunedì dell'Angelo.
Tipica festa abruzzese in ricordo di Sant'Antonio Abate, si celebra il 16 gennaio, con canti e balli itineranti per il paese, nonché nelle scuole elementari e medie, con messe in scena di Sant'Antonio tentato dal Demonio e liberato dagli angeli. La festa continua con la benedizione degli animali in piazza, e con mangiate negli stand gastronomici.
Si celebra la notte del 14 agosto, per celebrare il Ferragosto, ossia il giorno dell'Assunzione. Dato che Orsogna è nota per la produzione del vino, da circa un decennio una delle feste a carattere civile più famose della cittadina è diventata proprio l'Edizione Notte Rosé, organizzata dai dirigenti delle cooperative vinicole sociali del territorio. Il centro del paese, soprattutto viale Paolucci e Piazza Mazzini, a notte inoltrata danno inizia a un programma di degustazioni di vini e concerti musicali di gruppi più o meno famosi nel panorama nazionale. Il centro storico tuttavia diventa un percorso itinerante per la degustazione, in appositi siti scelti, dei vini locali, mentre degli occhi di bue e dei fari tingono i palazzi con luci rosa.
Trattasi di una rappresentazione teatrale di carri allegorici raffiguranti scene tratte dalla Bibbia.[27]
Si svolge il Martedì di Pasqua ed il 15 di agosto di ogni anno[28] Si tratta di un gruppo di sette quadri biblici tratti dall'Antico e Nuovo Testamento, portati in sfilata per le vie principali della città (corso Raffaele Paolucci, piazza Mazzini, via Rosica, corso Trento e Trieste) sia il Lunedì dell'Angelo che il giorno di Ferragosto. La manifestazione nacque nel periodo medievale, coniugano la devozione religiosa a riti propiziatori per il futuro raccolto. Sui palchi immobili in pose plastiche, attori giovani e meno giovani scelti tra i cittadini interpretano scene allegoriche (la Genesi, Caino e Abele, la Natività, il Figliol Prodigo, scene della Passione, Resurrezione); in alto ad ogni pannellone si trova una grande sole a raggi in legno dorato, con legata una "madonnina" interpretata dalle ragazzine del paese, rappresentando la Madonna del Rifugio, cui è dedicata la sagra. Infatti il primo talamo fu realizzato in onore della Madonna, di cui presso il sagrato della chiesa di San Nicola esisteva la chiesa, distrutta nel 1943-44. I fedeli misero in scena il quadro che sovrastava l'altare maggiore, nel quale la Madonna dal viso scuro (detta Madonna Nera di Loreto), copriva col manto azzurro quattro persone in preghiera.
Il coro folcloristico fu fondato nel 1921 venendo in seguito intitolato alla "Figlia di Jorio" in memoria di un quadro di Francesco Paolo Michetti, quadro che ritrae Giuditta Saraceni, una donna del luogo in costume locale con il panorama visto da Orsogna. Il coro, oltre i cori locali, è impegnato a diffondere le usanze, le tradizioni e le usanze locali...[29]
Il teatro di Plinio porta in scena le opere di Plinio Silveri, a questo teatro si ispira il teatro ottanta. Il circolo artistico locale ospita mostre di pittura, di presepi e di sculture...[29]
Orsogna ancora oggi incentra la sua economia sull'agricoltura, e anche sul turismo. Di recente si è specializzata nell'industrializzazione della produzione vinicola, con le cantine sociali situate sulla strada statale Marrucina (o via Ortonese) la Cooperativa Olearia Vinicola, poi la Cantina Orsogna posta accanto, e la Cerretano.
Abitanti censiti[30]
Purtroppo a causa degli ingenti bombardamenti alleati del 1943 e dei cannoneggiamenti nazisti, Orsogna ha perso gran parte del suo patrimonio artistico, risultando uno dei comuni abruzzesi ad essere stato tra i maggiormente provati dalla guerra. Tuttavia, ancora oggi, si riconoscono i quartieri che dividono il borgo:
Feuduccio (contrada Convento dei Cappuccini), Ritiro, San Basile, Sterparo, Valli-Coste di Moro.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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23 aprile 1995 | 12 giugno 2004 | Fabrizio Montepara | Lista civica di centro-destra (1995-1999) Lista civica di centro-destra (1999-2004) |
Sindaco | [31][32] |
13 giugno 2004 | 25 maggio 2014 | Alessandro D'Alessandro | Lista civica di centro-destra Liberi per Orsogna | Sindaco | [33][34] |
26 maggio 2014 | 8 aprile 2019 | Fabrizio Montepara | Lista civica di centro-destra Liberi per Orsogna | Sindaco | [35] |
9 aprile 2019 | 25 maggio 2019 | Vincenzo Cicolini | Lista civica di centro-destra Liberi per Orsogna | Sindaco |
Fino al 31 dicembre 2012 ha fatto parte dell'Unione dei comuni della Marrucina.
Il comune ha una piccola squadra, l'Orsogna Inside[36], milita in Terza Categoria di Chieti girone A.
Nel territorio comunale è sviluppata la produzione di vino[37].
Ad Orsogna si producono pasta alla chitarra, le polpette cacio e uovo (in dialetto locale "pallotte casce e ove"), la focaccia di farina di mais con la verdura (in dialetto locale "pizz' e ffuje"), la focaccia col granturco (In dialetto locale "pizz' di randigne", le lumache col sugo (in dialetto locale "ciammaiche al sugo") al "cif e ciaf" fatto con il guanciale di maiale a pezzetti, crispelle di patate, la Pupa di Pasqua in pasta di mandorle (dolce pasquale tipico locale a forma di bambola), ciambelle fritte senza buco (in dialetto locale "li ciaunelle"), i taralli natalizi, le pizzelle[37]
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