C.V. 33 (poi L. 33)
Descrizione
TipoCarro armato leggero
Equipaggio2
Utilizzatore principaleBandiera dell'Italia Italia
Bandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
Esemplari2.000
Sviluppato dalCV29
Dimensioni e peso
Lunghezza3,2 m
Larghezza1,46 m
Altezza1,3 m
Peso3,2 t
Propulsione e tecnica
MotoreFiat 4 cilindri 2746 cc a benzina
Potenza43 hp
Rapporto peso/potenza13,87 hp/t
Prestazioni
Velocità su strada38-42 km/h
Velocità fuori strada14,4-15 km/h
Autonomia130
Pendenza max45 %
Armamento e corazzatura
Armamento primario2 mitragliatrici binate cal 8mm (versione base)
Corazzatura frontale14 mm
Corazzatura laterale8 mm
Corazzatura posteriore8 mm
A certe unità vennero aggiunte dall'equipaggio mitragliatrici leggere (Bren catturate o Fiat Mod. 14/35) o mortai leggeri (Brixia Mod. 35) per aumentarne le capacità offensive/difensive.
Dati tratti da Biagi, 1983[1]
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CV 33 in Africa settentrionale, durante la Campagna del Nord Africa (1940-1943).
CV 33 in Grecia
In Albania

Il CV 33, abbreviazione della dicitura completa Carro Veloce 33, è stato un carro armato leggero italiano sviluppato tra le due guerre mondiali come miglioramento del CV 29, a sua volta una copia fedele del tankette Carden-Loyd Mk VI, acquistato dal Regno Unito. Il carro veloce fu un mezzo leggerissimo impiegato dalle truppe celeri (cavalleria e bersaglieri) e corazzate del Regio Esercito, così come figura nei ruoli di alcune unità della Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana, che si impadronirono di alcuni carri dopo l'8 settembre 1943.

Designazione

La designazione ufficiale del carro fu Carro Veloce 33 (abbreviato in C.V. 33) fino al 24 giugno 1938, successivamente, con una circolare dell'Ufficio addestramento dello Stato Maggiore Regio Esercito, la designazione cambiò in L 33. Il 14 giugno 1940, l'Ufficio addestramento emanò una nuova circolare contenente la nuova designazione: L. 3, infine il 4 agosto 1942, con l'ultima circolare, la designazione divenne L. 33.

È diffusa anche le denominazione non ufficiale L3/33, che sta ad indicare con barra obliqua le due designazioni del '38 o '42 e '40 .

Con il dopoguerra, i ricostituiti reparti corazzati italiani utilizzarono per l'identificazione la designazione originale del veicolo.[2]

Sviluppo

Gli studi per il nuovo carro veloce incominciarono presso la ditta Ansaldo nel 1930, attraverso la realizzazione di una serie di prototipi, alcuni ancora montati sullo scafo del tankette Mk VI[3], e poi di una preserie: i CV29.

La prima versione definitiva venne realizzata nel 1933, da cui il nome del carro. Già l'anno seguente vennero apportate alcune modifiche all'armamento e ad altre parti dando così vita alla II serie.

Nel 1936 venne messa in produzione una versione migliorata denominata CV35 (in seguito L. 35) che presentava come principale innovazione l'imbullonatura delle lamiere di protezione in precedenza solamente saldate.

Nel 1938 venne prodotta un'ultima versione, detta, non ufficialmente, CV38, poi L38, che presentava alcune modifiche al sistema delle sospensioni e ai cingoli.

Complessivamente vennero prodotti più di 2.000 esemplari (comprese le versioni speciali).

Alcuni carri sopravvissero alla Seconda guerra mondiale e furono utilizzati dai reparti della Polizia di Stato nell'immediato dopoguerra.

Impiego operativo

A partire dal 1933, anno della sua entrata in servizio il C.V. 33 è stato presente in tutti gli avvenimenti bellici che coinvolsero l'Italia fino al 1945.

Difficile dare un giudizio positivo sul carro leggero Ansaldo-Fiat: costruito in materiale leggerissimo e relativamente veloce, il carro era certo più adatto all'esplorazione e al supporto della fanteria che al combattimento;[5] l'armamento però (mitragliatrici) risultava efficace al massimo entro i 400 m, purché si sparasse a bassa velocità e la mancanza di torretta girevole rendeva il carro particolarmente vulnerabile agli attacchi da dietro. Gli L33 erano dei piccoli carri da 3,2 tonnellate, con scarsa capacità di fuoco, sviluppati e ideati per combattere in ambito alpino e montagnoso. Visto il loro proficuo utilizzo durante la Guerra di Abissinia, ben quattro anni prima, contro un nemico che non disponeva né di divisioni corazzate, né di armi anticarro, i comandi italiani ebbero la presunzione di volerli utilizzare nel corso della Seconda guerra mondiale con compiti di "rottura" nei confronti delle divisioni di fanteria nemiche. Il risultato fu pessimo, non solo per l’incapacità del carro di poter svolgere tale funzione contro reggimenti provvisti di armi anticarro, ma soprattutto perché la irrisoria corazzatura poteva essere facilmente penetrata anche da qualsiasi mitragliera dotata di munizionamento perforante e, a breve distanza, persino dalle armi individuali del nemico.[6] La visibilità era scarsa e l'uscita dell'equipaggio dai carri colpiti, a causa della posizione degli sportelli, era praticamente impossibile durante il combattimento. Si deve registrare poi, dal punto di vista della mobilità, che il carro era sì maneggevole, ma non sempre riusciva ad affrontare terreni difficili. L'autonomia poi, era l'ennesimo tallone d'Achille di questo carro, che, in Libia, costringeva gli equipaggi a portare tre fustini da 20 litri di benzina sulla corazza anteriore. Solo pochi esemplari, infine, avevano il supporto per l'impiego contraereo della mitragliatrice.

Versioni

Una colonna di carri C.V. 33 in Bulgaria.
Carro lanciafiamme L.3/lf.

Esportazione

Il CV33, e versioni seguenti, venne anche esportato in numerosi stati.

Esemplari superstiti

Sono attualmente conservati dieci esemplari del carro L3/33[10][11]. Gli esemplari indicati in neretto sono meccanicamente funzionanti:

C.V. 33 al Canadian War Museum a Ottawa.

Curiosità

Note

  1. ^ Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale - Una storia di uomini, vol. I, Milano, Gruppo editoriale Fabbri, 1983, p. 300, ISBN non esistente.
  2. ^ Nicola Pignato e Filippo Cappellano, Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano. Vol. I (Dalle origini al 1939), Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, 2002, pp. 13-14.
  3. ^ Classificato in Italia con la sigla CV29.
  4. ^ Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Torino, Einaudi, 2008, p. 294, ISBN 978-88-06-19168-9.
  5. ^ a b Biagi, p. 301.
  6. ^ Paolo Caccia Dominioni, Alamein. 1933 – 1962, Milano, Mursia, 1992, p. 44.
  7. ^ Jim Winchester, Carri armati italiani della seconda guerra mondiale, Roma, L'Airone Editrice, 2006, p. 121, ISBN 88-7944-840-4.
  8. ^ https://farm4.static.flickr.com/3005/2551779156_b02a325014_b.jpg
  9. ^ http://tank-photographs.s3-website-eu-west-1.amazonaws.com/italian-carro-valoce-l3-33-lanciaflame-flamethrower-ww2.html
  10. ^ Oltre a 31 esemplari dell'L3/35 (di cui 2 lanciafiamme) e 4 del L3/38
  11. ^ http://the.shadock.free.fr/Surviving_Panzers.html
  12. ^ È possibile che sia stato trasferito con il 31º Reggimento carri presso la Caserma "Zappalà" - Scuola di cavalleria dell'Esercito Italiano (Lecce).

Bibliografia

AAVV - L'armamento italiano nella seconda guerra mondiale, carri armati 2 - Edizioni Bizzarri, Roma 1972

Voci correlate

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