Franco Magnani | |
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Il generale di brigata Franco Magnani | |
Nascita | Mede, 9 marzo 1909 |
Morte | Torino, 1º marzo 1965 |
Cause della morte | esiti di un incidente stradale |
Dati militari | |
Paese servito | Italia Italia |
Forza armata | Regio Esercito Esercito Italiano |
Arma | Fanteria |
Corpo | Regio corpo truppe coloniali della Tripolitania Alpini |
Anni di servizio | 1929 - 1965 |
Grado | Generale di divisione |
Guerre | Guerra di Etiopia Occupazione dell'Albania Seconda guerra mondiale |
Campagne | Campagna di Russia |
Battaglie | Seconda battaglia difensiva del Don |
Comandante di | Scuola Militare Nunziatella Brigata "Taurinense" |
Decorazioni | vedi qui |
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1] | |
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Franco Magnani (Mede, 9 marzo 1909 – Torino, 1º marzo 1965) è stato un generale italiano degli Alpini, decorato di Medaglia d'oro al valor militare a vivente nel corso della seconda guerra mondiale; oltre che della Medaglia d'oro, è stato insignito anche di due promozioni per merito di guerra, di una Medaglia d'argento, di due Croci di guerra al valor militare e di cinque Croci al merito di guerra.
Nacque a Mede, provincia di Pavia, il 9 marzo 1909[2] all'interno di una famiglia della piccola borghesia,[1] figlio di Guido e Cesarina Cotta-Ramusino. Diplomatosi in ragioneria e frequentata a Milano la scuola di reclutamento del Regio Esercito per divenire ufficiale di complemento, venne nominato sottotenente nel giugno 1929 ed assegnato al 4º Reggimento alpini.[3]
Richiamato a domanda nel 1930 venne inviato in Tripolitania,[2] prestando servizio nel VI Battaglione Libico e nel VII Gruppo Sahariano.[3]
Promosso tenente con anzianità 1º marzo 1935, dalla Libia partì per l'Africa Orientale Italiana con il 1º Reggimento di fanteria coloniale[2] e partecipò al conflitto etiopico al comando di un plotone di mitraglieri, ottenendo il trasferimento in servizio permanente effettivo per meriti di guerra e due Croci di guerra al valor militare (Gianagobò, aprile 1936; Sella di Gurè, marzo 1937).[3]
Rientrato con la 1ª Divisione fanteria "Libia" in Tripolitania nel luglio 1937, rimpatriò alcuni mesi dopo e fu destinato all'8º Reggimento alpini della 3ª Divisione alpina "Julia".[3]
Nell'aprile 1939, al comando della 70ª Compagnia del battaglione "Gemona",[2] sbarcò in Albania ed il 1º gennaio 1940, benché ancora tenente, venne chiamato a ricoprire l'incarico di Aiutante maggiore in prima dell'8º Reggimento alpini mobilitato.[3] A partire dal 28 ottobre dello stesso anno prese parte alle operazioni belliche sul fronte greco-albanese al comando della compagnia d'assalto della "Julia";[2] Compagnia "speciale" formata di elementi volontari scelti da lui stesso.[3] Gravemente ferito ad una gamba nel secondo giorno di guerra rimpatriò nel novembre.[3]
Dopo una lunga degenza presso l'Istituto Rizzoli di Bologna,[2] riprese servizio presso il deposito dell'8º Reggimento alpini.[3] Promosso capitano con decorrenza dal 1º marzo 1941, il 7 agosto 1942 partì per la Russia al comando della 12ª Compagnia del Battaglione "Tolmezzo" ed il 1º novembre venne nuovamente nominato aiutante maggiore dell'8º Reggimento alpini.[3] Durante le marce di ripiegamento dal Don seguite all'Operazione Piccolo Saturno con cui i sovietici sfondarono il fronte italo-tedesco, egli cadde, combattendo, in mano nemica il 22 gennaio 1943 presso Novo Georgewka con i pochi superstiti del suo reggimento.[3]
Non piegandosi di fronte alle minacce e alle sevizie, mantenne un contegno fierissimo e per questo nel febbraio 1950 venne condannato da un tribunale militare sovietico a 15 anni di lavori forzati da scontarsi in un lager di correzione.[4]
Dopo aver sopportato 11 lunghi anni di persecuzioni e campi di punizione, rimpatriò nel febbraio 1954.[4] Promosso maggiore per meriti di guerra, con anzianità 28 dicembre 1942, poco dopo divenne tenente colonnello con anzianità 1º gennaio 1955, e rientrò nei ranghi della nuova Brigata alpina "Julia", ove ebbe il comando dapprima del Battaglione "Feltre" e poi del battaglione "Gemona" da lui stesso ricostituito.[4]
Il 9 febbraio 1956 fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare[2] per il suo valore dimostrato in combattimento e per il suo eroico comportamento in prigionia.[4] Promosso colonnello nell'ottobre 1956 comandò il 7º Reggimento della Brigata alpina "Cadore" e poi, nel 1960-61, la Scuola Militare Nunziatella.[4] Promosso generale di brigata il 15 dicembre 1961, assunse il comando della Brigata alpina "Taurinense" e quindi, dall'ottobre 1964,[2] venne trasferito al Comando della Regione Militare Nord Ovest.[4]
Ricoverato in ospedale a Torino per gli esiti di un incidente stradale, vi morì il 1º marzo 1965.[4] I funerali solenni[N 1] si svolsero a Torino, con la salma trasportata su un affusto di cannone con i reparti che rendevano gli onori militari alla presenza di una numerosissima folla.[4] Per onorarne la memoria la sua città natale gli ha intitolato una piazza, e a lui è stato intitolato anche il locale gruppo dell'Associazione Nazionale Alpini.
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