Marisa Volpi (Macerata, 19 agosto 1928 – Roma, 13 maggio 2015) è stata una storica dell'arte, critica d'arte e scrittrice italiana.
Nata a Macerata nel 1928, Marisa Volpi, dopo la laurea presso l'Università di Roma La Sapienza (1952), si è specializzata in Storia dell'arte a Firenze (1956) con lo storico dell'arte Roberto Longhi e ha insegnato nelle Università di Cagliari e Roma (Magistero e Sapienza). Come storica dell'arte si è occupata sia di arte moderna del XVII e XVIII secolo, sia di arte contemporanea, con saggi sull'Impressionismo, sul Simbolismo, sull'Espressionismo, sull'Astrattismo e sull'Informale.
Negli anni Sessanta e Settanta ha pubblicato numerosi articoli di critica militante su periodici e quotidiani. Dal 1966 ha curato le mostre di artisti italiani e stranieri presso la Galleria Editalia in via del Corso a Roma, la cui attività è legata alla rivista “QUI arte contemporanea”, diretta da Lidio Bozzini e fondata da Capogrossi, Colla, Fontana, Leoncillo e Sadun. [1] Dal 1978 ha coniugato l'attività di docente universitaria, di critica e di storica dell'arte, con quella di scrittrice, pubblicando su riviste (fra cui "Paragone" e "Nuovi argomenti") - e poi in volumi - una serie di racconti sia di argomento finzionale, sia ispirati a episodi della vita di artisti, fra cui Claude Monet, Edouard Manet, Berthe Morisot, Arnold Böcklin, Edgar Degas.[2] Nel 1986 - con il libro Il maestro della betulla, edito da Vallecchi - ha vinto il Premio Viareggio per la narrativa.[3] Così il critico Cesare Garboli analizza lo snodo fra documenti storico-artistici e immaginazione narrativa in questo volume:
“Sei dei nove racconti di questa raccolta s’ispirano a fatti e a storie realmente accadute, o, come nel caso di Cordelia Wahl, prendono lo spunto da fantasie ed episodi già espressi. Il rapporto fra l’immaginario e ciò che è realmente accaduto costituisce uno di quei temi che non si finirebbe mai di approfondire. [...] A sollecitare un interesse di narratrice non è qui un accaduto ‘storico’, ma, come si conviene a una storica dell’arte, un accaduto ‘formale’” (Cesare Garboli, 1986)[4].
L’attività letteraria e diaristica di Marisa Volpi si accompagna, fino al pensionamento, alla scelta degli argomenti delle sue lezioni universitarie presso la Sapienza (Dipartimento di Storia dell'arte)[5] e al rapporto con gli artisti (fra cui Giosetta Fioroni, Marilù Eustachio, Giulio Paolini, Ruggero Savinio, Costantino Nivola, Mario Nigro), a cui dedica - fino all’ultimo periodo della sua vita - testi critici e saggi.
Coniugata con Ferdinando Orlandini (1926-1988) ha firmato numerosi titoli di storia dell'arte con il doppio cognome "Volpi Orlandini".
Il metodo di Marisa Volpi ha coniugato lo studio filologico dei documenti con la ricostruzione dei contesti in cui hanno operato artisti, critici, galleristi, collezionisti, con l’obiettivo di individuare le permanenze nella variazione degli stili, la rilevanza degli elementi biografici, i caratteri dei linguaggi visivi.[6]
Volpi ha considerato la letteratura come una delle fonti della storia dell’arte e curato la scrittura come strumento di analisi e resa delle immagini e dell’operare artistico. Ha infine posto attenzione critica al ruolo delle donne (artiste, critiche, galleriste, collezioniste, scrittrici d’arte) nelle vicende della storia dell'arte internazionale.
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