Partito Comunista Francese | |
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(FR) Parti Communiste Français | |
Segretario | Fabien Roussel |
Stato | Francia |
Sede | 2, Place du Colonel Fabien, 75019 Parigi |
Abbreviazione | PCF (dal 1943) Storicamente: SFIC (1920) PC-SFIC (1921-1943) |
Fondazione | dicembre 1920 |
Derivato da | Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO) |
Ideologia | Comunismo[1] Eurocomunismo Antifascismo Femminismo marxista Pacifismo Euroscetticismo moderato[senza fonte] Storicamente: Marxismo-leninismo[senza fonte] (1926-1979) |
Collocazione | Sinistra/Sinistra radicale |
Coalizione | NUPES (dal 2022) |
Partito europeo | Partito della Sinistra Europea |
Gruppo parl. europeo | Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica |
Affiliazione internazionale | Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai |
Seggi Assemblea nazionale | |
Seggi Senato | 14 / 348
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Seggi Europarlamento | 0 / 79
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Testata | L'Humanité |
Organizzazione giovanile | Movimento Giovani Comunisti di Francia |
Iscritti | 47.349 (2019)[2] |
Sito web | www.pcf.fr/ |
Il Partito Comunista Francese (in francese Parti communiste français, PCF) è un partito politico francese di orientamento comunista.
Il PCF fa parte del Partito della Sinistra Europea, e i suoi europarlamentari siedono nei banchi del Gruppo della Sinistra al Parlamento europeo.
Il partito fu fondato nel 1920, a seguito della scissione e adesione all'Internazionale Comunista (Comintern) dell'ala rivoluzionaria della Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO). In origine portava ufficialmente il nome di Sezione Francese dell'Internazionale Comunista (SFIC), modificato l'anno successivo in Partito Comunista - SFIC (PC-SFIC), per poi assumere il nome attuale nel 1943, a seguito dello scioglimento del Comintern.
Il partito è stato presente nella politica francese per tutto il XX secolo, sopravvivendo alla caduta del blocco orientale e mantenendosi su posizioni eurocomuniste. Nel corso della sua storia, il PCF ha partecipato a tre governi: il Governo provvisorio della Repubblica francese (1944-1947), all'inizio della Presidenza di François Mitterand (1981-1984) e alla coalizione di governo della Sinistra plurale (in francese Gauche Plurielle) guidata da Lionel Jospin (1997-2002).
Il PCF è stato il partito di sinistra in Francia che ha ottenuto i migliori risultati in diverse tornate elettorali, dal 1945 al 1960, prima di venir superato dal Partito Socialista nel corso degli anni 1970. Da quel momento il PCF perse ulteriore terreno a favore dei socialisti.
Dal 2009, il PCF è stato uno dei principali componenti del Fronte di Sinistra (Front de gauche), a fianco al Partito di Sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Nel corso delle elezioni presidenziali in Francia del 2017, il PCF supportò la candidatura di Mélenchon; tuttavia, delle tensioni tra il PCF e il movimento di Mélenchon, La France Insoumise, hanno portato le due parti a portare avanti la campagna elettorale per le elezioni generali in maniera separata.[3] Sebbene il supporto elettorale si è ridotto negli ultimi decenni, il PCF mantiene una forte influenza nella politica francese, in particolare a livello locale. Nel 2012 il PCF sostenne di contare 138.000 membri all'attivo, di cui 70.000 avrebbero pagato una tassa di iscrizione.[4]
Il PCF nacque nel 1920, in seguito alla scissione di una grossa maggioranza di membri dal partito socialista della Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO), per andare a formare un nuovo partito che prese il nome di Sezione Francese dell'Internazionale Comunista (SFIC), l'anno successivo cambiato in Partito Comunista-SFIC (PC-SFIC). Ludovic-Oscar Frossard ne fu il primo segretario generale. Tra coloro che alimentarono e sostennero la scissione vi fu anche il vietnamita Ho Chi Minh, avvicinatosi al marxismo-leninismo al suo arrivo a Parigi, dove era giunto con una delle navi sulle quali ha lavorato in gioventù.[5]
Il nuovo partito SFIC si definiva come rivoluzionario e vicino al centralismo democratico. Gli anni 1920 videro una serie di spaccature interne al partito circa la natura dei rapporti con gli altri partiti della sinistra e circa l'adesione alle direttive del Comintern. Il partito entrò nella Parlamento francese, ma promosse anche azioni di sciopero e si oppose al colonialismo, una posizione isolata nel panorama politico francese dell'epoca. L'Unione Intercoloniale, creata nel 1922, riunì gli attivisti provenienti dalle colonie francesi intorno a delle richieste di uguaglianza politica (diritto di voto) e sociale ("uguale retribuzione per uguale lavoro"). Di conseguenza, i comunisti invitarono alla fraternizzazione con gli insorti marocchini durante la Guerra del Rif (1925-1926) e per l'evacuazione del Marocco da parte dell'Esercito francese; chiesero anche la fine dei combattimenti e l'indipendenza della Siria francese durante la Grande Rivolta Siriana (1925-1927), denunciando anche i festeggiamenti per il centenario della colonizzazione dell'Algeria, organizzando in particolare una campagna per boicottare l'Esposizione Coloniale di Parigi del 1931.[6]
Il partito era organizzato attorno alle figure dei dirigenti provenienti per lo più dalla classe operaia, istituendo programmi di formazione e promozione e incoraggiando la presentazione di candidati della classe operaia alle elezioni. La squadra di Maurice Thorez, Jacques Duclos e Benoit Frachon, che erano stati rispettivamente minatori, metalmeccanici e pasticceri, ebbe una longevità eccezionale e guidò il partito per quasi tre decenni. Il ferroviere Pierre Sémard è stato segretario generale del partito dal 1924 al 1929.[6]
Pierre Sémard cerco l'unità del partito e alleanze con altri partiti, tuttavia la classe dirigente, incluso Maurice Thorez (leader di partito dal 1930 al 1964), impose una linea "stalinista" a partire dalle fine degli anni 1920. Dopo anni di polemiche con i socialisti, nel febbraio 1934, a seguito del tentato colpo di mano delle forze fasciste e della grande manifestazione dei partiti operai, il PC-SFIC avviò una politica di unità anti-fascista e anti-monopolista, che culminò nel patto d'unità d'azione siglato con la SFIO (luglio 1934) e poi nella nascita della coalizione del Fronte popolare, contribuendo all'affermarsi di tale linea al 7º Congresso del Comintern. Tuttavia il PC-SFIC non partecipò al governo del Fronte popolare diretto dal socialista Léon Blum. Il partito sostenne gli insorti repubblicani della Seconda Repubblica spagnola, e si oppose agli Accordi di Monaco del 1938 con Hitler. Fu l'unico partito politico in Francia a denunciare apertamente l'accordo.[7]
A settembre del 1939 i deputati comunisti votano per la dichiarazione di guerra contro Germania nazista. Dopo la sconfitta militare e l'occupazione della Francia, il partito venne messo al bando dal governo di Édouard Daladier in conseguenza al Patto Molotov-Ribbentrop, il patto di non aggressione tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica. Il bando venne motivato dalla partecipazione del PC-SFIC al Comintern, che si opponeva alla guerra (prima dell'invasione dell'Unione Sovietica da parte della Germania nazista). La dirigenza del partito, minacciata di esecuzione, fuggì in esilio all'estero. Dopo l'invasione tedesca del 1940, il PC-SFIC iniziò ad organizzare l'opposizione all'occupazione tedesca, mettendo rappresentando la forza più attiva all'interno della Resistenza francese. Poco prima l'avvio dell'Operazione Barbarossa (iniziata nel giugno 1941), con la quale la Germania invase l'Unione Sovietica, nel maggio 1941 il PC-SFIC formò il movimento del Fronte nazionale che si inseriva all'interno dell'ampia compagine della Resistenza francese, assieme al gruppo armato dei Franchi-tiratori e Partigiani (Francs-Tireurs et Partisans, FTP). Allo stesso tempo il partito iniziò a collaborare con l'organizzazione della France libre (Francia libera) guidata dal generale Charles de Gaulle, che si autodefiniva il legittimo governo francese in esilio. Successivamente, il partito prese parte anche al Consiglio nazionale della Resistenza (Conseil national de la Résistance, CNR). Nel 1943, a seguito dello scioglimento del Comintern, assunse ufficialmente il nome di Partito Comunista Francese (PCF).
Con la fine dell'occupazione tedesca con la liberazione di Parigi nel 1944, il PCF era ormai diventata una delle principali forze politiche in diverse parti della Francia. Figurò tra i principali partiti del Paese alla elezioni del 1945 (26,2% nell'ottobre) e del 1946 (25,9% nel giugno, 28,3% nel novembre), ed entrò nel governo del Tripartismo, la coalizione di governo composta dai tre principali partiti francesi: il PCF, il Movimento Repubblicano Popolare (MRP) e la Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO). La coalizione, formata tra 1946 e 1947, tentò di introdurre riforme sociali e misure stataliste. Tuttavia, tra le preoccupazioni interne alla Francia e all'estero circa la portata dell'influenza comunista, il PCF venne escluso in seguito alla crisi del maggio 1947 e politicamente isolato, pur mantenendo un forte legame con l'Unione Sovietica. Sotto le pressioni di Mosca, il PCF si distanziò ulteriormente dagli altri partiti francesi e si concentrò sulle manifestazioni e scioperi all'interno della propria base elettorale sindacale. Per il resto della Quarta Repubblica francese, il PCF guidato da Maurice Thorez e Jacques Duclos, rimase politicamente isolato, continuando ad adottare una linea stalinista, e nonostante tutto mantenendo un supporto elettorale consistente.
A seguito dell'invasione sovietica dell'Ungheria del 1956 e della sua approvazione da parte del PCF, il partito fu al centro di aspre polemiche. Alle politiche del 1958 i comunisti francesi scesero al 19,2%, perdendo il 6,7%. A causa del mancato accordo con i socialisti nel quadro del passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario, il PCF ottenne appena 10 deputati, contro i 150 uscenti. Nonostante il suo conservatorismo morale negli anni 1930 e 1960, il PCF è stato il partito più femminile in Francia per tutto il XX secolo. Impegnato per il diritto di voto delle donne fin dagli anni Venti, nel 1946 elesse diciassette delle prime trentatré deputate. Nel 1956, le donne all'Assemblea nazionale erano solo diciannove, ma quindici erano comuniste.[6]
Sebbene il PCF si fosse opposto alla formazione da parte di De Gaulle della Quinta Repubblica francese nel 1958, gli anni successivi videro un riavvicinamento del partito con le altre forze della sinistra e un rafforzamento del peso politico del partito all'interno del Parlamento francese. Con Waldeck Rochet come nuovo segretario generale, il PCF supportò la candidatura di François Mitterand alla presidenza francese nel 1965, che però non ebbe successo.
Successivamente il PCF si avvicinò al Partito Socialista francese, siglando patti elettorali che permisero al partito di salire, nel 1967, al 22,5% e di eleggere ben 73 deputati. Dopo avere condannato l'intervento sovietico a Praga e dopo le proteste studentesche e gli scioperi del maggio 1968, il partito supportò gli scioperi condannando allo stesso tempo i movimenti studenteschi rivoluzionari. Dopo considerevoli perdite di consensi elettorali nelle successive elezioni parlamentari, il PCF nominò Georges Marchais come leader del partito, e nel 1973 entrò nell'alleanza del "Programma comune" con il ricostituito Partito socialista (PS) di Mitterand. Negli anni '70, il PCF guidato da Marchais, si avvicinò alla linea dell'Eurocomunismo, elaborata assieme al leader del Partito Comunista Italiano (PCI), Enrico Berlinguer, e del Partito Comunista di Spagna, Santiago Carrillo.
Negli anni 1980 il PCF, che partecipò al governo delle sinistre nel 1981-84, durante la presidenza Mitterand, vide calare i suoi consensi sotto il 10%. Il crollo dell'Unione Sovietica (1989-1991) contribuì poi ad aggravare la crisi.
Con Robert Hue (segretario dal 1994 al 2001 e presidente dal 2001 al 2002) e anche in seguito il PCF riapre il dialogo con il Partito Socialista. Dopo il successo alle elezioni legislative del 1997 e la partecipazione al governo di Lionel Jospin, il Partito tornò a calare nei suoi consensi e nella sua forza organizzata.
Alle elezioni presidenziali francesi del 2002, che videro lo scavalcamento del candidato socialista Lionel Jospin da parte del Front National di Le Pen, con i quattro candidati dei diversi partiti della sinistra comunista/trotskista (Parti des Travailleurs allo 0,47%, Lotta Operaia allo 5,72%, Lega Comunista Rivoluzionaria al 4,25% e ovviamente il PCF al 3,37%) hanno raggiunto circa il 15% dei consensi, l'1% di meno rispetto al Partito Socialista Francese.
Nel referendum contro la Costituzione europea del 29 maggio 2005 il PCF si è schierato nel fronte del "No" (di sinistra, differenziando il proprio NO, che derivava da una matrice sociale, da quello della destra euroscettica), che ha raggiunto il 55% dei voti bocciando il TCE.
Nelle elezioni presidenziali del 2007 la sinistra radicale e alternativa francese si è presentata estremamente divisa, con più di cinque candidati, ottenendo un magrissimo risultato. In particolare il PCF aveva presentato come candidata la segretaria del partito Marie-George Buffet, ottenendo l'1,97% dei voti: il minimo storico per il PCF.
Alle politiche del 2007, il PCF ha ottenuto il 4,3% dei voti, perdendo lo 0,5%, ed eleggendo 15 deputati, 6 in meno rispetto al 2002.
Nel 2009 il PCF subisce la scissione operata dall'ex presidente del partito Robert Hue, che fonda il Movimento dei Progressisti.
Alle elezioni presidenziali del 2012 il PCF appoggia il candidato del Fronte di Sinistra Jean-Luc Mélenchon, che ottiene l'11.1% dei consensi, collocandosi quarto.[8]
In occasione delle elezioni legislative del 2017 sono eletti sotto le insegne del PCF 10 deputati; altri due deputati sono invece eletti all'interno di La France Insoumise. Gli eletti del PCF aderiscono al gruppo Sinistra Democratica e Repubblicana, al quale si iscrivono altri sei deputati.
Alle elezioni presidenziali del 2022 candida il deputato Fabien Roussel, che ottiene il 2,28% dei voti. Alle imminenti elezioni legislative il PCF aderisce alla NUPES di Melanchon, che arriva seconda: vengono eletti 22 deputati comunisti che aderiscono al Gruppo della Sinistra democratica e repubblicana.
Il segretario nazionale è il massimo dirigente del PCF dal 1994 (XXVIII Congresso). In precedenza la funzione era quella di segretario generale (posizione creata nel 1924, abolita nel 1928 e ripristinata nel 1935).
Titolo | Nome | Mandato | Note | ||
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Segretario generale | Ludovic-Oscar Frossard | 4 gennaio 1921 | 1º gennaio 1923 | ||
Segretari generali ad interim Louis Sellier e Albert Treint: 21 gennaio 1923 – 23 gennaio 1924 | |||||
Segretario generale | Louis Sellier | 23 gennaio 1924 | 1º luglio 1924 | ||
Pierre Semard | 8 luglio 1924 | 8 aprile 1929 | |||
Segreteria collettiva Henri Barbé, Pierre Celor, Benoît Frachon, Maurice Thorez: 8 aprile 1929 – 18 luglio 1930 | |||||
Segretario generale | Maurice Thorez | 18 luglio 1930 | 17 maggio 1964 | Presidente del partito dal 17 maggio all'11 luglio 1964, data della sua morte | |
Posizione provvisoria a causa dello stato di salute di Maurice Thorez e della sua partenza per l'URSS Jacques Duclos: 17 giugno 1950 – 10 aprile 1953 | |||||
Segretario generale | Waldeck Rochet | 17 maggio 1964 | 17 dicembre 1972 | Vicesegretario generale dal 14 maggio 1961 al 17 maggio 1964 | |
A causa dello stato di salute di Waldeck Rochet, assunse il titolo di vicesegretario generale l'8 febbraio 1970 Georges Marchais: giugno 1969 – 17 dicembre 1972 | |||||
Segretario generale | Georges Marchais | 17 dicembre 1972 | 29 gennaio 1994 | Vicesegretario generale dal 14 maggio 1961 al 17 maggio 1964 | |
Segretario nazionale | Robert Hue | 29 gennaio 1994 | 28 ottobre 2001 | Segretario nazionale (modifica dello statuto del XXVIII Congresso) fino al 28 ottobre 2001 | |
Presidente Segretario nazionale |
Robert Hue Marie-George Buffet |
28 ottobre 2001 | 8 aprile 2003 | Nel 2001, Robert Hue ha creato un tandem[non chiaro] con Marie-George Buffet, diventando lui presidente del PCF e lei segretario nazionale. Questo tandem è rimasto fino al 2003. | |
Segretario nazionale | |||||
Marie-George Buffet | 9 aprile 2003 | 20 giugno 2010 | Dopo l'uscita di scena di Robert Hue, è stata l'artefice dell'abolizione della carica di presidente del PCF, sostituita dalla carica di presidente del consiglio nazionale del partito. | ||
Pierre Laurent | 20 giugno 2010 | 25 novembre 2018 | Durante il XXXVIII Congresso, un mese dopo essere stato sconfitto tramite una votazione dei membri, ha lasciato la segreteria nazionale per diventare presidente del consiglio nazionale, gli è succeduto Fabien Roussel .[9][10] | ||
Fabien Roussel | 25 novembre 2018 | in carica |
Prima del 1958 il presidente della Repubblica veniva eletto dai deputati e dai senatori, riuniti nella «Assemblée nationale» (III République) o nel «Parlement» (IV République). Il 21 dicembre 1958 è stato eletto da un collegio di 80.000 grandi elettori. La revisione costituzionale del 1962, durante la Quinta Repubblica ha instaurato l'elezione del presidente della Repubblica a suffragio universale diretto.
Al gruppo aderiscono due deputati eletti come DVG: Jean-Pierre Brard e Jacques Desallangre.
Alain Bruneel, Marie-George Buffet, André Chassaigne, Pierre Dharréville, Jean-Paul Dufrègne, Elsa Faucillon, Sébastien Jumel, Jean-Paul Lecoq, Fabien Roussel, Hubert Wulfranc, Stéphane Peu e Bénédicte Taurine.
Al gruppo aderiscono tre deputati di Divers gauche (l'indipendente Bruno Nestor Azerot, Huguette Bello di Pour La Réunion e Gabriel Serville del Partito Socialista Guyneano), due regionalisti (Moetai Brotherson di Tavini Huiraatira e Jean-Philippe Nilor del Movimento Indipendentista Martinicano) e Stéphane Peu, eletta con La France Insoumise (Taurine aderisce invece al gruppo di FI).