Nella notazione musicale il pentagramma, o rigo musicale, è un elemento grafico costituito da cinque linee parallele orizzontali che delimitano quattro spazi di uguale altezza, tramite il quale viene annotata la trascrizione di una o più linee melodiche musicali. Il termine deriva dalle parole greche "πέντα" (penta; cinque) e "γράμμα" (gramma; scrittura, lettera).
La sua storia parte dal IX secolo d.C. con il passaggio dalla notazione adiastematica (senza rapporto esatto di intervalli) a un primo esempio di notazione diastematica (dove le altezze sono determinate) con la breve parentesi della notazione daseiana e, in seguito, l'introduzione di una linea tirata a secco - cioè incisa a pressione sulla pergamena - e poi disegnata. In seguito le linee divennero due, contraddistinte dalle lettere C (DO) e F (FA), colorate rispettivamente in rosso e giallo, per poi passare alle quattro del tetragramma, introdotto poco dopo l'anno Mille da Guido d'Arezzo. L'attuale pentagramma risale invece al teorico musicale Ugolino da Forlì[1].
Le linee sono comunemente chiamate righe (al singolare rigo); sulle righe e negli spazi si scrivono le note, le pause ed altri simboli.
La numerazione delle righe e degli spazi viene, per convenzione, effettuata con ordine crescente dal basso verso l'alto.
Ogni spazio identifica uno scarto di una nota rispetto alle righe da cui è delimitato, in più rispetto al rigo inferiore e in meno rispetto al rigo superiore; analogo meccanismo riguarda ciascun rigo rispetto agli spazi tra cui è posto (e pure le estensioni sopra il 5° rigo e sotto il 1°, quali le posizioni negli spazi esterni al pentagramma e quelle create dai tagli addizionali).
Adottando quindi ad esempio la chiave di Sol, che fissa il Sol sul 2° rigo, avremo che una nota posta sul 1° rigo sarà dunque inferiore di 2 note rispetto al Sol (1 spazio e 1 rigo), e vista la scala musicale risulterà quindi un Mi.
Il pentagramma può essere:
A volte il pentagramma triplo è usato anche da compositori in brani pianistici di notevole complessità, come da Claude Debussy nei Préludes (Feux d'artifice).
Sul pentagramma vengono tracciate righe verticali, dette stanghette, e l'insieme di valori compreso tra due stanghette è detto misura; nella prima misura viene specificata la chiave, seguita dall'armatura di chiave. L'indicazione del metro, ovvero del numero e del valore dei tempi di ogni misura, avviene soltanto ad inizio brano, salvo cambiamenti durante l'esecuzione.