Presidente supplente della Repubblica Italiana | |
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Stendardo del presidente supplente della Repubblica Italiana | |
Il presidente del Senato Pietro Grasso nel gennaio 2015, mentre esercita le funzioni di presidente supplente della Repubblica | |
Stato | Italia |
Tipo | Capo dello Stato ad interim |
Istituito | 1º gennaio 1948 |
da | art. 86 della Costituzione della Repubblica Italiana |
Sede | Palazzo Giustiniani, Roma |
Indirizzo | Via della Dogana Vecchia, 29 |
Il presidente supplente della Repubblica Italiana è il Capo di Stato ad interim dello Stato italiano, che fa le veci del Presidente della Repubblica nei casi in cui egli non possa adempiere le proprie funzioni. La supplenza può essere esercitata solo dal Presidente del Senato, secondo l'art. 86 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il caso più frequente in cui si verifichi la supplenza è il caso di dimissioni del Capo dello Stato; inoltre, in virtù di una interpretazione dell'art. 86 impostasi nel tempo, il Presidente del Senato può supplire le funzioni di Presidente della Repubblica anche durante una visita all'estero del titolare della carica, qualora sia da quest'ultimo incaricato.[1]
La figura del presidente supplente non è esplicitamente prevista dal testo costituzionale, ma è ricavabile dalla disposizione contenuta nell'art. 86, che recita:
«Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.»
La funzione di supplenza del Presidente del Senato consente la continuità delle funzioni e delle competenze dell'organo presidenziale,[2][3][4] che altrimenti risulterebbero interrotte nei casi di impedimento della persona del presidente e di vacanza della carica.
I due commi dell'art. 86 della Costituzione configurano le due fattispecie di supplenza che danno luogo a due diverse conseguenze:
In dottrina, in particolare secondo l'opinione del giurista Giuseppe Guarino[8], si fa notare come i due commi si distinguono fra loro non per gravità ma per durata: in entrambi i casi deve trattarsi di impedimento assoluto; assoluto e temporaneo nel primo, assoluto e permanente nel secondo.[9][10]
Tuttavia la genericità della norma costituzionale[1] genera non pochi aspetti critici:
Come detto, il testo costituzionale non disciplina quale sia l'organo preposto a determinare l'impedimento del Presidente della Repubblica. Tale problematica affiorò il 7 agosto 1964, quando il presidente Antonio Segni fu colpito da una trombosi cerebrale durante un colloquio con il presidente del Consiglio dei ministri Aldo Moro e con il ministro degli esteri Giuseppe Saragat.
In quel caso, i professori Challiol, Fontana e Giunchi, medici curanti del Presidente, redassero un bollettino medico, il quale accertò lo stato di impedimento fisico del Presidente[11]; tale bollettino medico fu poi ufficializzato dal segretario generale della Presidenza della Repubblica Paolo Strano.[2]
In conseguenza di ciò il Presidente del Consiglio Moro convocò il Consiglio dei ministri, che diede atto che il Presidente della Repubblica fosse impedito nell'esercizio delle sue funzioni. Il Presidente del Senato Cesare Merzagora, avuto comunicazione di ciò, convocò i presidenti della Camera e del Consiglio dei ministri per accertare formalmente l'impedimento temporaneo e legittimare il ricorso all'istituto della supplenza. Fu dunque pubblicato in Gazzetta Ufficiale un comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri che decretava l'assunzione dell'esercizio delle funzioni di Capo di Stato da parte del presidente del Senato.[L 1]
Il 10 agosto la supplenza fu dunque assunta dal presidente del Senato Merzagora, che la esercitò per quasi quattro mesi, sino al 6 dicembre dello stesso anno, quando il Presidente Segni si dimise.[L 2] In ragione del carattere volontario delle dimissioni del presidente, non si presentò mai la fattispecie dell'impedimento permanente.
Dunque, a causa della mancanza di disciplina costituzionale in merito e allo scarsa frequenza di casi di impedimento nella prassi, attualmente non esiste una norma o una consuetudine che disciplini la determinazione dell'impedimento del Capo dello Stato, se non la prassi applicata nel 1964 e limitatamente alla fattispecie dell'impedimento temporaneo.
Nel corso del tempo sono state elaborate dalla dottrina diverse teorie in merito alla determinazione dell'impedimento, attribuendo tale competenza al Parlamento in seduta comune, alla Corte Costituzionale o al Presidente della Camera dei deputati.[12]
L'istituto della supplenza per viaggio all'estero è stato definito più dalla prassi che dal testo costituzionale, rappresentando una fattispecie non espressamente prevista dall'art. 86 della Costituzione: in questo caso specifico infatti non vi è un Presidente della Repubblica impedito nelle sue funzioni, che anzi le svolge pienamente in quanto rappresentante dello Stato italiano all'estero.[2]
Tale istituto, già adoperato durante la presidenza Saragat[L 3] e già preso in considerazione nel caso del primo viaggio all'estero di un Presidente della Repubblica[13][14], prese a tutti gli effetti piede quando il presidente Sandro Pertini scelse di ricorrere alla supplenza nel caso del suo viaggio in Cina del settembre 1980.[L 4] Successivamente, essa fu adoperata in tutti i casi di viaggi superiori ad una settimana, divenendo prassi.[1]
Durante la supplenza per viaggio all'estero del presidente Saragat nel 1967, fu un comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri ad annunciare l'esercizio temporaneo di funzioni del Capo dello Stato da parte del Presidente del Senato.[L 3] Nel 1980 invece fu emanato decreto del presidente della Repubblica, controfirmato dal presidente del Consiglio e pubblicato in Gazzetta Ufficiale.[L 4] Da allora quest'ultimo è il normale procedimento nei casi di supplenza per viaggio all'estero.[1]
Sebbene l'istituto sia stato definito dalla prassi, la dottrina giuridica ha posto degli interrogativi. Infatti il decreto presidenziale del presidente Pertini individua il viaggio all'estero come un caso di impedimento temporaneo secondo il primo comma dell'art. 86, e tuttavia circoscrive i poteri del supplente:
«Esercizio temporaneo di funzioni del Capo dello Stato da parte del Presidente del Senato
[...]
La supplenza prevista dall'articolo 86, primo comma, della Costituzione delle funzioni del Presidente della Repubblica è esercitata, per le funzioni non inerenti allo svolgimento della missione all'estero, dal Presidente del Senato [...][L 4]»
Nel caso in cui si consideri dunque la supplenza per viaggio all'estero come un impedimento temporaneo, come secondo l'interpretazione riportata dal decreto presidenziale, l'impedimento sarebbe circoscritto alle funzioni che il Presidente esercita in relazione alle attività istituzionali interne allo Stato italiano[2]. Esistono comunque più interpretazioni: secondo una prima tesi è possibile separare il complesso dei compiti presidenziali anche nell'ipotesi che alcuni di essi possano essere svolti dal Presidente titolare, e dunque è legittimo l'istituto della supplenza per viaggio all'estero; secondo la tesi opposta invece la supplenza « abbraccia l'intera competenza dell'ufficio », e quindi « il compimento diretto di un atto da parte del Presidente pone automaticamente fine alla supplenza... ».[15]
Ad oggi, l'istituto della supplenza per viaggio all'estero, normato dalla prassi, resta comunque dipendente dalla volontà discrezionale del Presidente della Repubblica, che può scegliere quali funzioni delegare al proprio supplente, potendo di fatto rendere la supplenza solo parziale.[1][16] Proprio in ragione del carattere discrezionale di questa fattispecie di supplenza, non sempre è adoperata quando il presidente è in visita di stato all'estero, ma solo per taluni viaggi ufficiali di lunga durata o di particolare distanza.[17]
Il caso delle dimissioni del Presidente della Repubblica in carica è una delle fattispecie previste dal secondo comma dell'art. 86 (impedimento sede vacante). In questa occasione, il presidente del Senato supplisce il presidente della Repubblica uscente assumendo le funzioni di presidente supplente fino al giuramento del nuovo presidente eletto dal Parlamento in seduta comune.
Tuttavia, non sempre alle dimissioni del presidente della Repubblica il presidente del Senato gli subentra: non vi è infatti la supplenza nel caso di dimissioni di cortesia del presidente uscente, che presenta spontaneamente le proprie dimissioni in modo tale da favorire l'insediamento del successore già eletto. L'ultimo esempio di ciò risale al 2006, quando Carlo Azeglio Ciampi si dimise anticipatamente per permettere l'insediamento Giorgio Napolitano.[18]
Rappresentò una peculiarità invece l'elezione a Capo dello Stato di Francesco Cossiga. In quella occasione, il presidente Pertini presentò le proprie dimissioni in modo tale da favorire l'insediamento del successore Cossiga, presidente del Senato al momento dell'elezione. In quanto presidente del Senato dunque Cossiga assunse l'esercizio delle funzioni di Presidente della Repubblica in qualità di presidente supplente fino al giorno del proprio stesso giuramento.[L 5]
Le scelte operate nelle varie costituzioni rispecchiano la varietà delle forme di governo: la distribuzione dei poteri nei momenti critici di stallo istituzionale mira ad assicurare il particolare sistema di bilanciamento dei poteri proprio di ciascuna Costituzione, per impedire rivoluzioni del sistema istituzionale con l'accumulo di cariche costituzionali.
Nell'ordinamento costituzionale italiano la scelta di chiamare alla supplenza del presidente della Repubblica il presidente del Senato fu essenzialmente dovuta a motivi di simmetria nella distribuzione dei poteri, in quanto il presidente dell’altro ramo del Parlamento è chiamato dalla Costituzione a indire l'elezione del nuovo Capo dello Stato[L 6] e a presiedere il Parlamento in seduta comune[L 7] integrato dei delegati regionali che lo eleggerà[L 8].[19]
L'opzione adottata non è stata immune da critiche: in seno all'Assemblea Costituente si propose l'alternativa di affidare la supplenza al Presidente del Consiglio dei ministri[21][22]. Al contrario in dottrina si è fatta presente l'opportunità di evitare tale evenienza sottolineando come, con una supplenza del Presidente del Consiglio, sarebbe venuta meno la garanzia della firma-controfirma: secondo l'articolo 89 infatti tutti gli atti del Presidente della Repubblica, eccettuate le dimissioni, devono avere la controfirma governativa.[L 9]
Fu inoltre esclusa l'opzione di affidare la supplenza al presidente della Corte costituzionale, in quanto è proprio quest'ultimo chiamato a presiedere il collegio giudicante in caso di incriminazione del Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Costituzione[L 10].[23]
Di fronte alla genericità dell'articolo 86 e a causa dello scarso ricorso all'istituto della supplenza nella prassi, la dottrina è intervenuta a delinearne il contenuto. Vi è attualmente tra i costituzionalisti un dibattito sul carattere organico o personale dell'istituto.
Chi afferma che si è di fronte a una supplenza di organo[24], afferma che il Presidente del Senato debba essere considerato solo come tale, dunque esclude la possibilità di riconoscergli la tutela penale che è assicurata al presidente della Repubblica[L 11] e nega la possibilità di sottoporlo alla responsabilità di fronte alla Corte costituzionale[L 10]; il Presidente del Senato rimarrebbe dunque nella identica posizione in cui si trovava prima dell'impedimento del presidente della Repubblica, ma ciononostante i suoi atti avrebbero la stessa efficacia di quelli dello stesso.[25]
Al contrario, dal carattere personale della supplenza[4] (il che significa che è la persona del Presidente del Senato ad assumere temporaneamente la Presidenza della Repubblica) conseguono deduzioni opposte, con l'ulteriore conseguenza dell'incompatibilità per il presidente supplente di svolgere le funzioni di presidente a Palazzo Madama[26][27] e dell'inammissibilità per un vicepresidente del Senato di assumere la supplenza al Quirinale.[28][29]
Particolarmente dibattuta è la questione se tutti o solo alcuni dei poteri del presidente della Repubblica possano essere esercitati dal supplente. Durante la seduta dell'Assemblea Costituente del 22 ottobre 1947, il deputato Amerigo Crispo affermò che il potere di sciogliere anticipatamente le Camere non potesse essere esercitato dal supplente vista la natura "interinale" del suo ufficio[30][31].
Si sono sviluppate principalmente due ipotesi in merito all'esercizio dei poteri da parte del supplente:
Sono state comunque sviluppate nel corso del tempo diverse ipotesi in merito agli effettivi poteri del supplente, presentando opinioni diverse anche rispetto ai singoli poteri propri della carica di Capo dello Stato.[37]
Nel caso delle dimissioni del governo Cossiga II nel settembre 1980, il presidente supplente Amintore Fanfani decise di riservare ogni decisione in merito al da farsi al presidente Pertini, di ritorno dal viaggio di Stato in Cina.[38]
La sede del presidente supplente della Repubblica è palazzo Giustiniani a Roma, la cui sala della Costituzione ne è l'ufficio.[39]
Inoltre a partire dal 1986 durante l'esercizio delle funzioni il presidente supplente può fregiarsi di un vessillo, creato per decisione del presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Esso è simile allo stendardo del presidente della Repubblica, con cornice azzurra, ma all'interno, anziché recare i colori del tricolore italiano, ha uno sfondo bianco; inoltre l'emblema della Repubblica è di color argento anziché di color oro.[40]
Presidente supplente (nascita-morte) |
Partito | Presidente | Mandato | Note | |||
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Dal | Al | ||||||
1 | Cesare Merzagora (1898-1991) |
Indipendente | Antonio Segni | 10 agosto 1964 | 6 dicembre 1964 | Unico caso di supplenza per impedimento fisico del presidente. Antonio Segni fu colpito da trombosi che lo costrinse a dimettersi il 6 dicembre 1964.[L 1] | |
Vacante | 6 dicembre 1964 | 29 dicembre 1964 | Transizione dalla presidenza Segni (dimissionario[L 2]) alla presidenza Saragat. | ||||
Giuseppe Saragat | 11 settembre 1967 | 3 ottobre 1967 | Visita di Stato in Canada, Australia e Stati Uniti.[L 3] | ||||
2 | Amintore Fanfani (1908-1999) |
Democrazia Cristiana | Vacante | 15 giugno 1978 | 9 luglio 1978 | Transizione dalla presidenza Leone (dimissionario[48][L 12]) alla presidenza Pertini. | |
Sandro Pertini | 16 settembre 1980 | 29 settembre 1980 | Visita di Stato in Cina.[L 4] | ||||
25 marzo 1981 | 4 aprile 1981[49] | Visita di Stato in Messico, Costa Rica e Colombia e congresso in Portogallo.[50] | |||||
3 | Francesco Cossiga (1928-2010) |
Democrazia Cristiana | Vacante | 29 giugno 1985 | 3 luglio 1985 | Transizione dalla presidenza Pertini (dimissioni di cortesia[L 5]) alla presidenza Cossiga. | |
4 | Giovanni Spadolini (1925-1994) |
Partito Repubblicano Italiano | Francesco Cossiga | 7 ottobre 1988 | 21 ottobre 1988 | Visita di Stato in Australia e Nuova Zelanda.[L 13] | |
10 ottobre 1989 | 18 ottobre 1989 | Visita di Stato negli Stati Uniti.[L 14] | |||||
10 gennaio 1992 | 19 gennaio 1992 | Visita di Stato in Croazia e in Slovenia.[L 15] | |||||
Vacante | 28 aprile 1992 | 28 maggio 1992 | Transizione dalla presidenza Cossiga (dimissionario[L 16]) alla presidenza Scalfaro. | ||||
5 | Carlo Scognamiglio (1944) |
Unione di Centro | Oscar Luigi Scalfaro | 23 giugno 1995 | 2 luglio 1995 | Prima visita di Stato in America Latina.[L 17] | |
14 luglio 1995 | 24 luglio 1995 | Seconda visita di Stato in America Latina.[L 18] | |||||
26 marzo 1996 | 6 aprile 1996 | Visita di Stato negli Stati Uniti e in Messico.[L 19] | |||||
6 | Nicola Mancino (1931) |
Partito Popolare Italiano | 21 giugno 1997 | 3 luglio 1997 | Visita di Stato in Norvegia, Islanda e Canada.[L 20] | ||
12 aprile 1998 | 20 aprile 1998 | Visita di Stato all'estero.[L 21] | |||||
7 giugno 1998 | 21 giugno 1998 | Visita di Stato all'estero.[L 22] | |||||
3 dicembre 1998 | 7 dicembre 1998 | Visita di Stato all'estero.[L 23] | |||||
Vacante | 15 maggio 1999 | 18 maggio 1999 | Transizione dalla presidenza Scalfaro (dimissioni di cortesia[L 24]) alla presidenza Ciampi. | ||||
Carlo Azeglio Ciampi | 9 maggio 2000 | 15 maggio 2000 | Visita di Stato in Brasile.[L 25] | ||||
11 marzo 2001 | 17 marzo 2001 | Visita di Stato in Argentina e Uruguay.[L 26] | |||||
7 | Marcello Pera (1943) |
Forza Italia | 12 marzo 2002 | 15 marzo 2002 | Visita di Stato in Sudafrica.[L 27] | ||
12 novembre 2003 | 17 novembre 2003 | Visita di Stato negli Stati Uniti.[L 28] | |||||
3 dicembre 2004 | 9 dicembre 2004 | Visita di Stato in Cina.[L 29] | |||||
12 febbraio 2005 | 16 febbraio 2005 | Visita di Stato in India.[L 30] | |||||
8 | Franco Marini (1933-2021) |
Partito Democratico | Giorgio Napolitano | 14 marzo 2008 | 20 marzo 2008 | Visita di Stato in Cile.[L 31] | |
9 | Renato Schifani (1950) |
Il Popolo della Libertà | 12 settembre 2009 | 20 settembre 2009 | Visita di Stato in Corea del Sud e in Giappone.[L 32] | ||
23 ottobre 2010 | 30 ottobre 2010 | Visita di Stato in Cina.[L 33] | |||||
10 | Pietro Grasso (1945) |
Partito Democratico | Vacante | 14 gennaio 2015 | 3 febbraio 2015 | Transizione dalla presidenza Napolitano (dimissionario[L 34]) alla presidenza Mattarella. |