Leopoldo Elia (Fano, 4 novembre 1925 – Roma, 5 ottobre 2008) è stato un giurista e politico italiano, presidente della Corte costituzionale dal 21 settembre 1981 al 7 maggio 1985.
Figlio di Raffaele Elia, che è segretario del Partito Popolare Italiano a Fano nel primo dopoguerra e senatore della Democrazia Cristiana nelle prime due legislature della Repubblica. Ai tempi dell'università è stato iscritto alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), nella quale fu anche il condirettore della rivista Ricerca. Nell'immediato dopoguerra Elia aderì al gruppo dossettiano, collaborando a Cronache Sociali, e intrecciando legami con autorevoli esponenti del cattolicesimo politico della sua generazione (dai coniugi Glisenti a Carlo Alfredo Moro a Pietro Scoppola), che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.
Fu Giuseppe Dossetti a presentarlo al costituzionalista Costantino Mortati, di cui Elia divenne allievo. Si laureò il 25 novembre 1947 in giurisprudenza all'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Funzionario del Senato dal 1º febbraio 1950 al 30 novembre 1962. Nel periodo in cui lavorò al Servizio studi di Palazzo Madama, apprestò la segreteria della Giunta delle elezioni[1]. Ne trasse utili spunti di approfondimento scientifico, che riversò nella voce Elezioni politiche (contenzioso) dell'Enciclopedia del diritto, nel 1965[2]. Fu segretario del Gruppo dei Parlamentari Italiani al Consiglio d'Europa e all'Assemblea Comune della CECA, e svolse successivamente funzioni direttive nel Segretariato dell'Assemblea, incaricato di formulare una costituzione per l'Europa.
Libero docente di diritto costituzionale, ordinario dal 1962, insegnò Istituzioni di diritto pubblico nella Facoltà di Economia e commercio dell'Università di Urbino (sede di Ancona) dal 1960 al 1963 e, come professore ordinario, diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Ferrara nell'anno accademico 1962-1963, dell'Università degli Studi di Torino dal 1963 al 1970 e dell'Università La Sapienza di Roma dal 1970 al 1997. Durante gli anni torinesi (1963-1970) si formò attorno a lui una vera e propria scuola, composta da Gustavo Zagrebelsky, Alfonso Di Giovine, Mario Dogliani, e Francesco Pizzetti. Nel periodo romano (1970-1976) ebbe come allievo, tra gli altri, Carlo Mezzanotte.
È stato eletto il 30 aprile 1976 dal Parlamento giudice della Corte costituzionale, giurando il successivo 7 maggio. Dal 21 settembre 1981 fu Presidente e venne rieletto il 24 settembre 1984. Cessò dalla carica di Presidente il 7 maggio 1985. Il suo periodo alla presidenza, 4 anni, fu uno dei mandati più lunghi. Nel primo periodo alla Corte costituzionale (1976-1981) ha avuto come assistente di studio Augusto Cerri.
Cessato l'incarico, ricoprì sempre[3] ruoli di primo piano:
Leopoldo Elia è stato anche vicepresidente della Commissione per il riordino del settore radiotelevisivo ed è stato socio fondatore del Laboratorio per la polis, rete di cultura e formazione all'impegno civile (2001).[4]
Negli anni sessanta la sua attività di riflessione si concentrò attorno a due poli: l'organizzazione costituzionale e le libertà civili. Il suo saggio sulla forma di governo per l'Enciclopedia del Diritto del 1970 è forse il saggio più citato nel dopoguerra sull'argomento[5].
Fu sua la celebre formula conventio ad excludendum, per qualificare la regola non scritta secondo cui l'Italia del dopoguerra era una democrazia bloccata, in cui l'alternanza al governo era di fatto impossibile a causa della presenza nel sistema politico del più forte partito comunista d'occidente.
Nel dibattito seguito al messaggio del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga sulle riforme costituzionali (1991) Elia sottolineava come, procedendo nel percorso riformatore, sia da respingere sia la tentazione minimalista, sia l’attesa di una «palingenesi» e «la psicosi dell’azzeramento dell’ordine costituzionale», occorrendo "piuttosto ricercare un equilibrio tra novità e continuità e procedere con coraggio nell’opera riformatrice. Pur con qualche scetticismo sugli effetti degli interventi sugli assetti normativi, giacché «non possiamo illuderci di modificare le cose operando solo sulle istituzioni, se i partiti non si modificano di pari passo»"[6].
Ha sostenuto Sabino Cassese che "c'è un insegnamento complessivo dell'opera di Elia: quello di non concentrare l'attenzione della riflessione costituzionalistica solo sui diritti, di non dimenticare i poteri e le strutture dello Stato. Un insegnamento significativo, se si pensa alla sua duplice esperienza, di funzionario parlamentare e poi di parlamentare (per quasi un trentennio complessivo) e di giudice costituzionale (per nove anni), nella prima veste chiamato particolare a governare i rotismi delle strutture della democrazia, nella seconda a garantire il rispetto dei diritti costituzionali".[7]
Il gruppo FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) dell’Università degli Studi di Macerata è dedicato alla memoria di Leopoldo Elia.