Teoria del gender è un neologismo (prestito linguistico dall'inglese gender theory) coniato in ambienti conservatori cattolici negli anni 90 del XX secolo per riferirsi in modo critico agli studi scientifici di genere: chi fa uso di tale espressione sostiene che gli studi di genere sottendano un complotto predefinito mirante alla distruzione della famiglia e di un supposto ordine naturale su cui fondare la società.[1] In sostanza, l'espressione "teoria del gender" è un termine ombrello, usato come parola d'ordine contro i movimenti femministi e LGBT, in opposizione alle lotte, rivendicazioni e teorie che tali movimenti hanno elaborato e prodotto.[2]
A questa "teoria gender" o "gender agenda" (presentata a seconda delle occasioni come filosofia progressista, teoria sociologica o ideologia di sinistra) viene imputato di propagandare l'inesistenza di differenze tra i sessi biologici, e la conseguente possibilità di variare il proprio genere a piacimento. Tale costruzione mescola elementi propri della sociologia costruzionista (il genere e i ruoli sociali come costrutti della società), degli studi di genere, della teoria queer (il superamento del binarismo di genere), del femminismo (l'uguaglianza tra uomo e donna), e degli studi sul transessualismo (la differenza tra identità di genere e sesso biologico), finendo per delineare un sistema di pensiero unitario e finalizzato che, invero, non appartiene né è propugnato da alcuno degli ambiti culturali e di ricerca citati.
Altresì il termine teoria del gender è largamente usato come espediente retorico al fine di prendere posizione contro i diritti LGBT e il femminismo, inferendo che anche quei movimenti, benché eterogenei, propugnino tale teoria, per nascondere una strategia politica unitaria.[3][4][5]
In ambito accademico qualsiasi riferimento a una teoria strutturata come anzi descritto - quando non esplicitamente presentata come "ideologia" gender - è generalmente considerato un tipico argomento fantoccio[6] da leggere nel contesto di una teoria del complotto.[7] In Italia il termine è usato talora con varianti quali teoria gender, ancora ideologia [del] gender, gender theory, gender ideology, ideologia del genere e ideologia di genere.[8] Nei paesi anglosassoni, per riferirsi al fenomeno che in Italia viene denotato come "teoria del gender", si usò inizialmente l'espressione gender feminism,[9] per poi adottare l'espressione "gender ideology" o talvolta anche "gender theory", ma quest'ultima soltanto quando dal contesto sia chiaro che non si riferisce al concetto anglosassone traducibile in "teoria del genere".[10] Anche nel mondo conservatore polacco viene mantenuta, non tradotta, l'espressione inglese "gender",[11] così come in Germania.[12]
Le origini della narrativa anti-gender sono ascrivibili a Dale O'Leary, medica statunitense e antifemminista storica, affiliata all'Opus Dei, e collaboratrice dei controversi centri Narth di terapia di conversione di omosessuali fondati da Joseph Nicolosi,[13] terapia considerata inutile, dannosa e contraria all'etica professionale da molte agenzie internazionali (a partire dalle Nazioni Unite[14]) e da ordini e associazioni professionali (tra cui l'American Psychiatric Society[15] e l'Ordine italiano degli psicologi[16][17][18][19][20]). Nel suo The Gender Agenda: Redifining Equality del 1997 O'Leary prende le mosse dallo scontro politico avvenuto alla Conferenza mondiale sulle donne del 1995, nella quale l'uso della parola gender (in luogo di sex) da parte di associazioni per i diritti delle donne e delle persone LGBT era stato aspramente contestato dai gruppi pro-famiglia[21].
Già due anni prima della conferenza di Pechino la biologa Anne Fausto-Sterling spiegava, in un articolo sulla rivista The Sciences[22], come il tentativo di forzare talora l'appartenenza sessuale dei neonati alla logica binaria fosse un atto di violenza ai dati biologici[22] e proponeva provocatoriamente di aggiungere ai due sessi tradizionali lo herm (l'ermafrodito, ovvero un intersessuale con un testicolo e un'ovaia); il merm (lo pseudoermafrodita maschio con i testicoli, con qualche caratteristica sessuale femminile e nessun'ovaia) e la ferm (pseudoermafrodita femmina con le ovaie, con qualche caratteristica sessuale maschile e nessun testicolo).
Lo scopo dell'articolo di Fausto-Sterling ‒ al pari di uno precedente di Suzanne Kessler del 1990[23] ‒ era quello di favorire un dibattito e un cambio di prassi all'interno del mondo clinico che si occupava del trattamento delle persone intersessuali, in particolare per mettere un freno alla diffusa abitudine di operare alla nascita i neonati con malformazioni genitali, assegnando loro arbitrariamente un sesso prima ancora che essi potessero sviluppare una loro identità di genere.
Nel corso dei lavori preparatori alla conferenza di Pechino, tenutisi a New York nel marzo del 1995, furono diffusi tra i delegati pro-famiglia alcuni articoli comparsi su riviste femministe e usati come materiale di studio nelle università statunitensi. Un funzionario americano conservatore, discutendo in famiglia dei contrasti sorti tra opposte fazioni durante tali lavori all'ONU, aveva ottenuto alcuni articoli in questione tramite la baby-sitter dei suoi figli, studentessa allo Hunter College di New York[24] Tra tali scritti figurava anche il citato articolo del 1993 di Fausto-Sterling. Fraintendendo (o mistificando) il significato di tale articolo, i delegati pro-famiglia asserirono la volontà del fronte progressista di voler superare il paradigma binario dei due sessi noti per introdurre anche i concetti di «omosessuale maschile, omosessuale femminile e transessuale».[25] oppure «omosessuale, lesbica, bisessuale e transessuale»[26]
In tal modo il termine gender diveniva una definizione in codice di «omosessualità» nonché una sorta di attributo dal significato di «a supporto dei diritti gay».[27][28] O'Leary utilizzava l'espressione «gender feminism» («femminismo di genere»), coniata dalla scrittrice e critica del femminismo contemporaneo Christina Hoff Sommers, per definire i promotori, a suo dire, dell'ideologia del gender, ovvero un gruppo eterogeneo composto da fautori del controllo demografico, libertari della sessualità, attivisti per i diritti LGBT, promotori multiculturali del politicamente corretto, ambientalisti estremisti, neomarxisti e progressisti; decostruzionisti e postmodernisti[29] e sostenuta dai grandi liberal governativi e da corporazioni multinazionali.[29]
Dopo la polemica del 1995 O'Leary scrisse il citato The Gender Agenda (pubblicato dieci anni più tardi in Italia come Maschi o femmine?[30]), mentre il Pontificio consiglio per la famiglia avviò la realizzazione di un glossario in cui fossero contenuti tutti i termini «ambigui e discussi sulla famiglia», il Lexicon[31], in cui compare anche il saggio della teologa tedesca Jutta Burggraf (anch'essa dell'Opus Dei) Genere (Gender)[32], e un altro saggio del vescovo peruviano Óscar Alzamora Revoredo, Ideologia di genere: pericoli e portata.[33]
Quella citata nel paragrafo precedente è la produzione culturale di riferimento di quella parte di mondo cattolico che dà credito alla narrativa sulla teoria del gender[33][34][35].
L'espressione fu ripresa e diffusa dal Pontificio consiglio per la famiglia quale sinonimo di ideologia tendente a svalutare la differenza e la complementarità dei sessi e usata per giustificare le unioni omosessuali: «l'identità sessuale di genere (gender) sarebbe non solo il prodotto dell'interazione tra la comunità e l'individuo, ma anche indipendente dall'identità sessuale personale […] il matrimonio e le unioni di fatto (incluse quelle omosessuali) è oggi generalmente giustificato facendo ricorso a categorie e termini derivanti dall'ideologia di gender»[36].
Sia lo stesso Ratzinger[37] che, in seguito, il suo successore Bergoglio[38], in più occasioni hanno utilizzato tale narrativa in chiave di denuncia dei pericoli derivanti da permissivismo verso i diritti familiari delle persone LGBT.
La XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, tenutasi nel mese di ottobre 2015 sul tema della famiglia, ha affermato che l'ideologia del gender «svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un'identità personale e un'intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina».[39]
Nell'esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, papa Francesco fa riferimento soltanto in un passaggio all'ideologia genericamente chiamata gender, affermando che essa «induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un'identità personale e un'intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L'identità umana viene consegnata ad un'opzione individualistica, anche mutevole nel tempo».[40] L'esortazione recepisce altresì uno dei principi fondanti degli studi di genere, ossia la distinzione tra "sesso" e "genere": «Non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender) si possono distinguere, ma non separare».[40]
Diversi intellettuali cattolici parlano di "teoria del gender" sulla base della lettura di alcuni testi di intellettuali ritenuti femministi e LGBT. La filosofa Judith Butler è talvolta citata: Butler sostiene che il genere, come percezione sociale, sia risultato di comportamenti e consuetudini culturali, mentre la natura della persona non sarebbe per tutti strettamente binaria.[41][42][43] Tuttavia, Judith Butler non nega una componente innata e immutabile nella definizione dell'orientamento sessuale, sostenendo che «la sessualità non può essere sommariamente fatto o disfatta, e sarebbe un errore associare il "costruttivismo" con la libertà del soggetto di formare la sua sessualità come lui o lei desidera.»[44]
L'espressione inglese gender ideology ('ideologia di genere') viene utilizzata in campo accademico, nel mondo anglosassone, nell'ambito degli studi di genere.[48] In questo contesto, tuttavia, l'espressione si riferisce ad «ogni atteggiamento riguardante i ruoli, i diritti e le responsabilità appropriati agli uomini e alle donne in una società»,[49] senza alcuno specifico riferimento all'omosessualità o al transgenderismo. Questa prassi d'uso, quindi, è radicalmente diversa dalla presunta "ideologia" oggetto degli attacchi del mondo conservatore, di cui tratta questa voce.
Diverse associazioni accademiche e ordini professionali si sono espressi soprattutto negli anni 2014-2015, ribadendo che una "ideologia" del gender semplicemente non esiste: le intense campagne mediatiche sarebbero piuttosto da ricondurre a dinamiche tipiche delle teorie del complotto.
«intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l'inconsistenza scientifica del concetto di "ideologia del gender". Esistono, al contrario, studi scientifici di genere, meglio noti come Gender Studies che, insieme ai Gay and Lesbian Studies, hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all'economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali) e alla riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e l'orientamento sessuale.»
«favorire l'educazione sessuale nelle scuole e inserire nei progetti didattico‐formativi contenuti riguardanti il genere e l'orientamento sessuale non significa promuovere un'inesistente "ideologia del gender", ma fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell'affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni e mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci capaci di contrastare fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo.»
Alcuni studiosi hanno denunciato come movimenti cattolici, tra i quali ProVita onlus e Manif Pour Tous Italia (oggi nota come Generazione Famiglia), abbiano introdotto nel dibattito pubblico una lettura distorta delle teorie del genere, con toni aggressivi ed allarmistici (affermando ad esempio che la teoria del gender condurrebbe all'insegnamento della masturbazione in età scolare, oppure indurrebbe a confondere i bambini circa il loro orientamento sessuale, o negherebbe l'esistenza dei generi maschio e femmina) al solo fine di ostacolare il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali, transgender e intersex[6].
Significativo, in effetti, è il fatto che intense campagne di denuncia del presunto complotto dettato dall'agenda "gender" siano state condotte, prima in Francia e poi in Italia, esattamente in coincidenza con l'apertura di un pubblico dibattito circa il matrimonio egualitario o le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Secondo la filosofa Michela Marzano questa sarebbe una prova sufficiente della strumentalità di campagne basate sulla paura e sulla confusione voluta e cercata, campagne il cui vero bersaglio è il riconoscimento della piena dignità delle persone LGBT.[56]
In questo senso, anche l'utilizzo dell'anglicismo "gender", al posto della parola già esistente in italiano, "genere", sarebbe un artificio retorico volto a creare, nelle persone meno preparate, la confusione e la paura che si stia introducendo qualcosa di anomalo ed alieno.[56]
Un sondaggio Ipsos dell'ottobre 2019 ha rilevato che la maggioranza degli uomini polacchi sotto i 40 anni crede che «il movimento LGBT e l'ideologia di genere» siano la «più grande minaccia da affrontare nel 21º secolo».[57]
Un sondaggio del 2020 su un campione rappresentativo di 1.000 polacchi ha rilevato che il 30% di loro credeva nell'esistenza di una cospirazione relativa all'ideologia di genere definita come: «un piano segreto per distruggere in parte la tradizione cristiana assumendo il controllo dei media pubblici».[58]