Stefan Bakałowicz,Il circolo di Mecenate (1890)
Questa voce è parte della serieStoria della letteratura latina Età preletteraria Età arcaica Età classica Età di Cesare Età di Augusto Età imperiale Età giulio-claudia Età flavia e di Traiano Età di Adriano e Antonini III-IV secolo V secolo Classici latini conservati: Dalla fondazione alla fine della Repubblica Da Augusto agli Antonini Dai Severi alla caduta dell'Occidente Categoria: Letteratura latina Questo box: vedi • disc. • mod.

La letteratura latina è l'insieme della produzione letteraria in lingua latina e delle problematiche che gravitano intorno al suo studio.

Definizione

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura e Storia della letteratura latina.

Il binomio "letteratura latina" richiede un'interpretazione problematica di entrambe le parole.

Un primo equivoco va sgombrato: nell'immaginario collettivo il termine letteratura latina, per influenza della critica letteraria romantica e idealista, coincide con il termine storia della letteratura latina. Per lo svolgimento diacronico delle forme di espressione ad intento artistico e il loro legame con la storia romana, la definizione più corretta è storia della letteratura latina, mentre la parola "letteratura" implica considerazioni non solo legate allo svolgimento temporale, ma anche ad altri fattori.

"Letteratura"…

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura.

Il sostantivo "letteratura" come diretto derivato della parola latina littera nell'immaginario collettivo sottende la scrittura come veicolo di trasmissione di idee "artistiche".

In primo luogo questa determinazione, adeguata per le letterature moderne, è discutibile per quelle antiche, dotate non solo di un millennio di elaborazione, ma anche di una secolare gestazione: nel corso del XX secolo la progressiva indagine relativa al rapporto tra oralità e scrittura ha ridato ragione e dignità della cultura e della tradizione orale, modificando dunque l'ottica di studio dei fenomeni letterari latini, e non solo dei periodi preletterario e arcaico.

In secondo luogo la definizione di letteratura come trasmissione di idee "artistiche" ebbe come conseguenza l'esaltazione di un canone di letterati a fronte della svalutazione di molta produzione definita "minore" o "tecnica" (giuristi, grammatici, gromatici, ecc.). Fino a pochi decenni fa la determinazione di modelli assoluti e quasi disincarnati a cui ispirarsi nella produzione di nuovi contenuti in lingua latina definì in senso puramente storicistico (arcaici, classici, tardi, medievali) il concetto di letteratura.

La fragilità di tale distinzione è testimoniata da scritture preminentemente tecnico-politiche come i Commentarii de bello Gallico che nessuno definisce unicamente "manuale dello stratega" (categoria che pesa come lapide su Vegezio o sull'anonimo De rebus bellicis). Tale opera rivela al lettore attento non meno arte delle più accorate orazioni ciceroniane. Anche in questo caso l'esegesi letteraria degli ultimi decenni ha preso in considerazione il rapporto tra produzione scritta e temperie sociale (evoluzione politica, geografica e demografica) contestuale ad essa.

…"latina"

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua latina.

L'aggettivo "latina" è spesso considerato sinonimo di "romana", ma andrebbe meglio interpretato come "in lingua latina": dal punto di vista geografico, è ormai assodato che, se la gran parte della letteratura generalmente accettata come aurea proviene dalla città di Roma, nel corso della secolare produzione di scritti in lingua latina va considerato il formarsi dell'Impero romano e la conseguente diffusione della sua lingua ufficiale in regioni lontane: a titolo di esempio, si consideri il gallo-romano Ausonio o il britannico Beda.

La lingua latina da ben più di un secolo non è considerata solo in senso sincronico, vale a dire scritta solo in età classica da intellettuali e poeti in un breve raggio attorno a Roma: lo studio diacronico della lingua latina, tramite testimonianze epigrafiche, documentali e il raffronto con le radici italiche e le continuazioni romanze, ha evidenziato una necessità di contestualizzare il medium lingua non meno del medium stile.

Peculiarità e rapporti

Lo studio della letteratura latina presuppone dunque la compresenza e la sinergia di diverse discipline a definirne i complessi rapporti e la differente impostazione rispetto alla letteratura antecedente e successiva. Un elemento che contraddistingue la letteratura latina dalle altre letterature mondiali è la specificità degli argomenti trattati nelle varie opere: infatti, nella storia romana, i temi più studiati erano la retorica, l'oratoria, la politica e il diritto. In quest'ultimo campo, la civiltà romana trovò livelli di perfezioni, per quei tempi irraggiungibili, tant'è che ancora oggi utilizziamo codici e diritti risalenti all'epoca romana (diritto romano). Non c'è da stupirsi, dunque, se i temi trattati sono estremamente pratici e specifici, basti pensare alle opere di Cicerone e Cesare riguardanti la sfera politica, o i trattati di Vitruvio e Apollodoro di Damasco riguardanti la sfera tecnico-ingegneristica.

La comunicazione letteraria si caratterizza per uno scarto semantico rispetto a quella di uso quotidiano. Nel mondo antico questo si esplicitò in due modalità:

Linguistica e letteratura

La letteratura latina implica la riflessione metalinguistica, vale a dire lo studio della lingua latina e della storia della lingua latina.

La lingua latina è stata infatti codificata dalla costante elaborazione dei grammatici latini, la cui ricerca ed esposizione dei meccanismi interni alla lingua ha fornito non solo un metodo per l'apprendimento del latino che si è perpetuato invariato fino a pochi decenni fa, ma ha anche conservato sotto forma di esempi numerosi frammenti di autori arcaici altrimenti destinati all'oblio.

La storia della lingua latina consiste nello studio diacronico della lingua, dunque la sua origine indoeuropea e i numerosi influssi di substrato esercitati sia dalle lingue preesistenti nel Lazio sia dalle lingue circostanti. Di queste ultime le principali sono le lingue osco-umbre, vale a dire:

Inoltre, è da menzionare anche una lingua del medesimo ceppo di quella latina, la lingua falisca[1]

La storia della lingua latina è generalmente catalogata dagli storici in diverse fasi in buona parte corrispondenti con quelle della storia della letteratura; inoltre, vi sono il latino medievale e umanistico e, in una commistione tra considerazioni cronologiche e sociologiche, il latino volgare. In una lingua latina non ancora linguisticamente pronta vennero scritte le prime commedie di grandi autori quali Plauto, Terenzio, Livio Andronico e Nevio. Questi ultimi due, seppur linguisticamente inferiori, furono i veri precursori della letteratura: già nel III secolo a.C. si cominciavano a delineare i generi delle commedie e delle tragedie che assunsero poi un'importanza elevata nella società romana.

Storia della letteratura latina

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura latina.

Possiamo idealmente porre, come data di inizio della letteratura latina, il 240 a.C., quando a Roma andò in scena il primo spettacolo scritto da Livio Andronico. Complessivamente i secoli interessati dalla formazione di vari esempi di letteratura sono pertanto circa sei (dal III secolo a.C. al V secolo d.C.)[2]

La letteratura latina può essere convenzionalmente divisa nei seguenti periodi:[3]

Verranno di seguito riportati gli autori più rappresentativi della letteratura, dal periodo repubblicano di Livio Andronico, Gneo Nevio e Quinto Ennio fino alla tarda età imperiale della letteratura cristiana di Sant'Ambrogio e Sant'Agostino.

Età arcaica

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura latina arcaica.

L’epica
da Livio Andronico a Lucrezio

I primi frammenti su ostrakon e fibule riguardano dediche, risalenti al VII secolo a.C., come il Lapis niger e la Fibula prenestina. Altre iscrizioni riguardano soprattutto formule di preghiera o testi sacri brevi, nonché i primi canti dei “carmina convivialia” e le “laudationes funebres”.

Il primo vero autore in lingua latina è il poeta Livio Andronico.

Si occupò di poesia, e specialmente di tradurre "poeticamente" l'Odissea di Omero, dopo che Roma conquistò la colonia greca di Taranto. Nel III secolo a.C. non ancora esisteva una vera e propria forma di letteratura latina, ma soltanto gli annales pontificum, e leggi scritte su tavole, come le Leggi delle Dodici Tavole. Livio si adoperò per il programma di prima acculturazione romana, ispirandosi alla civiltà antica più illustre, verso cui tendeva a mirare le sorti: l'Antica Grecia. La storia di Odisseo era già molto nota a Roma, e così Livio usò una traduzione "artistica", trasportando i versi esametri greci nel saturnio italico-latino. Dai frammenti superstiti molti furono i cambiamenti poetici del poeta, come il trasportare elementi di cultura italica al posto dell'originale greco, ad esempio la sostituzione della tradizionale musa poetica Calliope con le Muse Camene italiche, e piccoli cambiamenti di situazioni descritte, in primo luogo per ragioni di diversità metrica, in secondo luogo per far corrispondere l'eroismo del protagonista Odisseo, qui chiamato "Ulisse" per la prima volta, agli ideali guerriglieri romani. Fu così che nacque il poema epico dell'Odusia. Livio fu anche uno dei primi a comporre delle tragedie, sempre ispirandosi al modello greco, rifacendosi molto a Euripide, le cosiddette fabulae cothurnatae, in cui spiccano molte analogie con il modello originario, essendo il teatro un argomento ancora del tutto sconosciuto a Roma.
Fu poeta e comico latino. La sua importanza è dovuta soprattutto all'invenzione del primo vero poema epico prettamente latino: il Bellum Poenicum, che tratta inoltre un argomento storico, la prima guerra punica tra Roma e Cartagine. L'importanza del poema è dovuta all'intento di manifesto di propaganda a favore di Roma, proprio nel periodo precedente alla colonizzazione dei regni del Mediterraneo, rappresentando la guerra cartaginese come cesura tra la conquista italica e l'inizio dell'espansione mediterranea romana. La struttura del poema è ancora molto semplice e statica, e si rifà al chiaro modello omerico del ricordo del protagonista davanti al fregio di un tempio di Agrigento, modello stilistico per poter ripercorrere dalle origini la fondazione di Roma e l'arrivo al potere fino al momento della guerra cartaginese. Chiaro elemento di prima enciclopedia tribale latina per definire una volta per tutte i chiari canoni del modello di vita romano, e dei propri valori, successivamente ripresi da Virgilio per Enea.
Nevio scrisse anche molte commedie di stampo greco, avviando definitivamente lo sviluppo del teatro romano.
Cosiddetta testa di Ennio, dal sepolcro degli Scipioni sull'Appia.
Ennio è ritenuto da Cicerone il pater della letteratura latina, dacché col poema Annales sancì la definitiva affermazione letteraria di Roma. Il poema, suddiviso in 18 libri, trae spunto dagli annales pontificum, narrando in maniera storico-mitico-didascalica la storia di Roma dalle origini della fuga di Enea da Troia, fino alle battaglie di Roma durante le guerre macedoniche (II secolo a.C.). L'importanza di Ennio risiede in un meticoloso lavoro di labor limae, e studio consapevole di adottare, per celebrare la grandezza di Roma e delle nuova letteratura nascente, l'esametro dattilico greco, avvicinandosi ancora meglio ai modelli indiscussi della civiltà antica. L'abbandono del rozzo saturnio italico dimostra una chiara padronanza dei latini della nuova lingua, poiché Ennio nel poema e nelle tragedie conierà nuovi termini, spesso "calchi" di originali greci. Il programma di formazione culturale enniano è dichiarato in un secondo proemio del poema, in cui Ennio si immagina di salire al monte delle Muse, per ricevere la corona d'alloro dalle ninfe; mentre in un altro episodio dichiara di essere una reincarnazione dello stesso Omero, la cui anima, dopo un processo trasmigrante, è giunta in lui, legittimando così per volontà quasi divina il suo agire e il suo comporre da massimo poeta latino. Tale idea della trasmigrazione dell'anima riporta agli ideali di Pitagora, mostrando come Ennio fosse molto attento allo studio della cultura greca, che gli valse l'appellativo di primo "filologo" latino, per la conseguente motivazione anche in base alla scelta delle parole, e alla creazione di nuove per il poema.
Riguardo ad altri generi letterari, Ennio lavorò anche a numerose tragedie, ispirandosi molto a Euripide, a piccoli encomi verso gli Scipioni, facendo parte del circolo culturale, e sperimentò per primo il genere letterario della satira, trattando nella raccolta argomenti di vario genere in tono umoristico.
Retore romano, le parti superstiti degli Annales dimostrano l'importanza del fenomeno enniano di "grecizzazione", essendo il poema scritto in versi in lingua greca. Infatti tali opere erano destinate ancora a un pubblico molto colto, e di cerchia, ed essendo la lingua greca di moda tra i latini proprio per il processo di acculturazione, Pittore scrisse in tale stile, ispirandosi sempre agli annales e agli acta del senato. Lo schema è quello classico, usato anche da Nevio, per la narrazione del presente, senza trascurare l'elogio delle origini mitiche di Roma: 1) narrare il momento della battaglia 2) ricordare con un flashback i fasti di Roma 3) breve resoconto della battaglia finale. Infatti l'opera di Pittore riguarda la prima parte della seconda guerra punica, a partire dall'inizio, offrendo un flashback centrale, e giungendo al resoconto della battaglia di Canne.
Copertina della traduzione di Mario Rapisardi del De rerum natura di Lucrezio
La commedia

Dal IV secolo a.C. fino al III secolo a.C. andava di moda, importata dall'Etruria, l'arte goliardica dei Fescennini e del mimo: rozzi figuranti di feste paesane, che si cambiavano insulti per far ridere la parte più bassa del volgo. Successivamente tra il III-II secolo a.C., con lo sviluppo delle fabulae palliatae - togathae (di costume greco e romano), il teatro latino nascente andò a creare le prime rappresentazioni, basandosi sulla contaminazione di più opere, tratte dalla commedia nuova della Grecia. Menandro fu considerato il modello prediletto, a differenza di Aristofane. I massimi rappresentanti della commedia latina, presi a modello fino alla fine della letteratura latina imperiale, furono in assoluto Plauto e Terenzio.

Tito Maccio Plauto
La tragedia

La tragedia latina si è sempre basata su miti greci, e raramente su storie romane. Ne danno esempio Pacuvio, Accio e Seneca. Nell'età arcaica i due massimi tragediografi furono Marco Pacuvio e Lucio Accio. Il primo ostentò, al pari di Ennio, una cura per lo stile e la forma, il cosiddetto labor limae, ostentando però un'eccessiva pedanteria filosofica, pur di ottenere la solennità. Accio rispecchiò il gusto del pubblico romano per il macabro e l'orrido, e inserì numerose scene di sangue nelle tragedie, ricalcando inoltre i miti più truculenti delle storie greche, come la vicenda degli Argivi e i Sette contro Tebe.

Età classica

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura latina classica.

Età cesariana

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura latina (78-31 a.C.).

Prima e durante il potere di Giulio Cesare, la letteratura latina subì un'ulteriore spinta nello sperimentalismo di vari generi letterari, con lo sviluppo crescente della storiografia, dell'oratoria-retorica, e della prima ricerca erudita dell'analisi della lingua stessa latina, assieme a vari studi di filologia.

Altra importanza varroniana è la definitiva entrata in scena nella letteratura della satira latina, che porterà alla dicitura di Quintiliano: satura tota nostra est. L'opera varroniana delle Saturae Menippeae ne è una prova: una raccolta in diversi libri di piccoli bozzetti di vita quotidiana romana, descritti in prosimetrum (prosa e metro poetico). Varrone scherza, inserendo anche l'intervento divino, sui tipici vizi del cittadino romano, come la corruzione, l'arrivismo e la prostituzione, offrendo varie piccole scene, che ispireranno poi Orazio; i bersagli varroniani sono sempre gente della borghesia, e mai potenti.
Statua di Sallustio a L'Aquila
Lo stile di Sallustio fu definito "tragico" per la sua forte carica di pathos e partecipazione appassionata durante la descrizione degli eventi. Benché la descrizione rappresenti uno stile più misurato e sobrio, rispetto alla patina di arcaismo e ampollosità dei primi trattati romani storiografici della prima generazione, è stata rilevata una caratterizzazione quasi romanzesca e curata dei protagonisti di ciascuna monografia, che sembrano assumere un ruolo quasi teatrale nelle vicende.
Il De bello gallico di Cesare
Nel De bello civili Cesare descrive, ancora una volta, le capacità militari dell'esercito del virtuoso comandante, portato per la sua sapienza e tempestività al successo, a differenza delle truppe del Senato corrotto, guidate dal debole Pompeo Magno, destinate a perdere. Anche in quest'opera sono descritte le buone qualità di Cesare, e specialmente sono forniti moli esempi della clementia. Lo stile di Cesare è molto schietto, costruito da un ordine ciclico nel periodo della principale-subordinata-coordinata, o subordinata-coordinata-principale, offrendo una lettura molto veloce e facile, basata soltanto sulla sapiente costruzione tecnica del periodo.
Cicerone oratore
Busto di Cicerone
Le massime opere oratorie sono le Catilinarie, le Verrine e le Filippiche; ma anche le orazioni Pro Archia poeta, Pro Caelio e la Pro Milone. Cicerone, fino alla prima "verrina", adottava il tipico stile ampolloso ripreso dall'oratore rivale Quinto Ortensio Ortalo, della scuola asiana. Cicerone, dopo aver compiuto un viaggio giovanile di formazione in Grecia, riuscì a trovare il perfetto connubio tra stile atticista (troppo schietto e scarno, di cui Lisia era il massimo esponente), e lo stile asiano (troppo ampolloso e ridondante), ispirandosi moltissimo all'oratoria di Demostene, ritenuto il miglior oratore occidentale della Grecia antica. Nelle Verrine, durante il processo contro Gaio Verre, governatore della Sicilia, accusato di falso e appropriazione indebita, Cicerone riuscì a vincere la causa, sperimentando per la prima volta questo stile, che offriva uno schema del periodo a grappolo, con in cima la principale, seguita dalle coordinate o subordinate, che poteva variare e invertirsi, a volte anche con il verbo principale al termine del periodo, a suo piacimento; spesso con lunghe tirate di subordinate, che prevedevano la rarità del punto fermo. Nelle Catilinarie Cicerone accusò e condannò Lucio Sergio Catilina dopo la sventata congiura del 62 a.C., mentre nelle Filippiche, ispirandosi al corpus di Demostene contro Filippo il Macedone, Cicerone osteggiò fortemente il governo di Marco Antonio dopo la morte di Cesare, firmando così la sua condanna a morte. Molte altre orazioni riguardano cause di persone a Cicerone conosciute, in cui entrano dibattiti riguardo alla difesa degli antichi valori della Repubblica, unica ancora di salvezza per la politica e il futuro del popolo romano. Dopo l'esilio nel 58 a causa di battaglie legali contro il tribuno Publio Clodio Pulcro e per la condanna a morte senza processo dei congiurati di Catilina, Cicerone scrisse una nuova rilevante orazione contro il tale Clodio, inserendo come tema centrale non solo la minaccia verso la Repubblica da parte di Clodio, ma anche il pretesto della causa, ossia l'adescamento del giovane Milone, da Cicerone difeso, da parte della sorella Clodia del tribuno stesso Pulcro; facendo perno specialmente su questo scandalo e sui costumi immorali della sorella Clodia, onde far scacciare Clodio dal senato romano.
Cicerone retore-politico
Le opere in trattato di Cicerone riguardano specialmente lo studio sulla miglior forma dell'oratoria, e sono il De oratore la Repubblica, il De legibus e il De officiis. Cicerone stabilisce un vero e proprio sistema sull'insegnamento dell'oratoria, fondato sullo studio della precettistica passata latina, nonché sul suo metodo della conciliazione dei due massimi sistemi dell'atticismo e dell'asianesimo. I 5 sistemi del comporre un'orazione sono pronunciati in questo ordine: inventio - dispositio - elocutio - memoria - actio; ossia il trovare l'argomento per l'orazione, raccogliendo le informazioni necessarie per la composizione; la composizione stessa dell'orazione, rielaborando il materiale, secondo un ordine perfetto; l'uso del linguaggio da adottare per l'atto pubblico (per Cicerone esistono tre livelli stilistici: basso, medio, alto); l'uso della memoria, con diversi esercizi da adottare per ricordare il discorso a memoria; infine lo studio del teatro e di metodi appositamente studiati per catturare l'attenzione del pubblico nella pronunciazione del discorso pubblico. Per Cicerone infatti, durante l'actio, l'oratore deve osservare le regole del probare - delectare - flectere: ossia il commuovere e il catturare l'attenzione del pubblico con determinate formule di parole; pronunciare il discorso, facendo alcuni echi e rimandi e deviazioni per entrare in perfetta sintonia con lo spirito del pubblico, inducendolo al riso o all'indignazione; infine il convincere definitivamente il pubblico ad approvare il suo discorso e le sue richieste al magistrato riguardo alla pena adeguata da far scontare all'imputato.
Per quanto concerne il sistema politico, Cicerone dimostra tutta la sua benevolenza verso il buon sistema della Repubblica romana, fondata sul triplice sistema governativo della monarchia, repubblica e democrazia, rifacendosi molto al sistema aristotelico delle costituzioni della Grecia antica: i tre metodi assoluti di governo da cui provengono le varie degenerazioni di dispotismo, tirannia e oligarchia. In questo complesso sistema tripartito, Cicerone affida il governo al senato e ai consoli, rappresentabili soltanto da un elevato ceto cittadino dei boni - optimates, ossia quelle persone di alto casato e di antiche origini, ben istruiti e portati a volere solo il bene della Repubblica. Tuttavia nella Repubblica il protagonista Scipione Africano dichiara, nel Somnium Scipionis, di vedere uno stato governato da una sola persona virtuosa, illuminata e contenitrice di tutti i valori necessari, elencati da Cicerone, per il buon governatore: un princeps; molti critici hanno evidenziato questo passo, collegabile con il principato di Ottaviano.
Nelle altre opere politiche Cicerone si concentra sempre su problemi riguardanti la Repubblica, e sul miglior insegnamento dell'oratoria, secondo i principali schemi forniti nel De oratore.
Cicerone filosofo
Frontespizio del De officiis di Cicerone
Molte sono le opere filosofiche, ispirate ad Aristotele, Platone e Panezio: il De officiis, il De divinatione e i due dialoghi del De senectute e il De amicitia. Nella prima opera Cicerone formisce la descrizione per il buon modello del filosofo romano, che deve ispirarsi ai due massimi filosofi greci Platone ed Aristotele, soffermandosi su delle qualità innate che devono essere contenute nel suo spirito: la benevolentia, la sapientia, e l'honestas. Nelle varie altre opere filosofiche, Cicerone crea dei "calchi" dalla filosofia greca, specialmente per quanto concerne l'insegnamento del mos maiorum romano, legittimato da teorie molto simili elencate da altri filosofi antichi. Cicerone tuttavia prova avversione per Epicuro e la sua dottrina, non ammettendo il fatto dell'inesistenza degli Dei, e la necessità dell'uomo di vivere alla giornata, immerso in un profondo materialismo. Tale critica è riversata soprattutto nel dialogo De amicitia, in cui Cicerone discretamente tenta di rifarsi a Platone, risultando più che altro un lungo discorso oratorio del protagonista, impersonato da un personaggio fittizio legato a Cicerone stesso. L'amicizia per Cicerone è un bene molto speciale che deve riguardare non solo l'ambito affettivo, ma soprattutto politico-sociale, atto a favorire il bene della Repubblica, e da qui potrà automaticamente perpetuare il bene dei stessi individui amici. Nel dialogo Cicerone fornisce molti esempi di buoni amici politici, partendo dai mitici Achille e Patroclo, per finire all'amicizia di Scipione Africano e Gaio Lelio, il protagonista del dialogo.

Età augustea

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura latina (31 a.C. - 14 d.C.).

Ritratto di Virgilio
Le Georgiche riguardano, sempre in tono allegorico, il perfetto stile di vita, sempre contestualizzato in una comunione panico-allegorica con la natura, delle buone virtù del civis romanus, incarnate ad esempio nel lavoro meticoloso delle api nell'alveare, così come la descrizione delle vari arti del contadino e dell'artigiano, e nella ripartizione ciclica della coltivazione nei campi. L'elemento di prosperità e fecondità è sempre presente, e Virgilio nel raccontare la maestria dei lavori campestri riesce a fondere in una grande unità, rispondendo ai canoni propagandistici, non solo i Romani, ma tutti gli italici e le popolazioni sottomesse da Roma durante le conquiste. Il contesto è molto simile al poema didascalico delle Opere e giorni di Esiodo.
Nel poema dell’Eneide Virgilio tratteggia definitivamente il modello per antonomasia del buon governante romano, incarnato in Augusto, fuso con le qualità dell'eroe mitico Enea. Per la prima volta Virgilio, rifacendosi molto a Nevio ed Ennio, supera il poema degli Annales per cantare la storia di Roma attraverso lo scenario mitico, narrando le imprese dell'eroe protagonista, e celebrando la fusione simbolica tra civiltà troiana-latina, patrocinata dai due poemi omerici dell'Iliade e Odissea, la cui essenza di cultura, legata alla guerra di Troia e al viaggio di Odisseo, si rispecchiano nel viaggio di Enea, scampato alla rovina della città. Tale collegamento legittima Virgilio a celebrare i fasti di Roma, seguendo come sempre una narrazione fatta di echi, allusioni a miti e a vaticini oracolari provvidenziale, riguardante la storia di Roma da Cesare al casato di Augusto, destinato a regnare per volontà divina, e facendo risalire le sue origini a Enea stesso, come gli viene predetto nel libro IV, durante la discesa agli Inferi. Molti sono i richiami alla storia e ai caratteri peculiari che descrivono e rappresentano i costumi e gli usi del popolo romano, come la rivalità eterna tra Romani e Cartaginesi rappresentata dalle origini dell'amore passionale della regina Didone per Enea, così come la rozzezza e la negatività dell'animo bellico italico rappresentato dal guerriero Turno del popolo Latino. Il sistema dei valori fondanti dell'Impero sono tutti contenuti nel carattere di Enea, rappresentato come un uomo pius, virtuoso, leale, eroico e coraggioso, tutti epiteti formulari necessari per il progetto propagandistico e provvidenziale dello svolgimento dei fatti e delle azioni del drappello di eroi; voluto specialmente dal Fato e dal volere degli Dei.
Orazio
Ritratto di Ovidio, uno dei massimi esponenti della letteratura latina
I Fasti furono scritti in base alla norma augustea di valorizzare il calendario di Cesare, ispirato a quello antico di Numa Pompilio. La descrizione delle origini mitiche di ciascun mese dell'anno è riportata seguendo gli schemi degli antichi miti greci, benché la trattazione si fermi al mese di giugno, perché la raccolta è incompiuta. Le ultime opere riguardano il periodo dell'esilio a Tomi, delle quali la più rappresentativa è i Tristia, in cui Ovidio a momenti si lascia andare a uno sfogo di depressione per l'ambiente freddo, ostile e provinciale in cui si trova, supplicando il princeps di richiamarlo a Roma, invece in altri il poeta riconosce la propria colpa in base all'esilio a causa di un grave error, consigliando a sé stesso alcuni metodi per consolarsi, come ad esempio l'uso della scrittura e il continuare a comporre poesie, per combattere il mondo di ignoranza in cui è stato relegato.

Età imperiale

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura latina imperiale.

La filosofia, il romanzo, la poesia
Persio
Busto di Seneca
Nei Dialoghi e nelle consolazioni Seneca affronta per la prima volta il tema della problematicità interiore dell'io individuale, mostrando come l'animo umano spesso sia incline alle passioni e al desiderio di futilità mondane per arrivare all'approdo del successo. Questo è dovuto ad un profondo senso di frustrazione che colpisce gli spiriti più deboli e insoddisfatti, che dovrebbero cercare rifugio nella cultura, nella filosofia, e soprattutto nell'amicizia. Infatti Seneca sostiene che l'uomo, avendo vita breve, non debba perdersi nello sperperamento in utilità della propria vita, quanto invece debba cercare di renderla migliore possibile avvalorandosi dello studio della filosofia, ampliando la propria conoscenza, e approdando al traguardo della sapientia. Molti dei dialoghi riguardano l'imperatore Claudio, assieme a Nerone, in cui Seneca tenta con moderazione di trattare vari argomenti come la clemenza, l'ira, la costanza e la saggezza di cui l'imperatore dovrebbe analizzare i vari aspetti per poter arrivare ad un grado massimo di pace, calma e connubio con il proprio regno e sudditi. Infatti per Seneca il ruolo dell'imperatore è un qualcosa di gravoso e complesso di cui il rappresentante illuminato si fa carico per poter operare nel bene comune, e per far questo necessita di studio e soprattutto di equilibrio dell'animo, raggiungibile solo con lo studio. Nelle Lettere a Lucilio invece Seneca tratta del tema della sapienza, e di varie esperienza fatte dal poeta nel tentativo di raggiungerla, come lo studio, l'isolamento tipico degli stoici, e la contemplazione, rifacendosi alle opere di Epicuro. Nell’Apokolokyntosis Seneca dimostra un cambiamento di programma netto nei confronti della sua moderazione e riverenza verso l'impero, sfogandosi apertamente contro l'imperatore Claudio che non lo riammise a Roma, dopo l'esilio voluto da Caligola. L'imperatore, morto, giunge davanti al Sommo Giudice dove è deriso delle sue azioni terrene, e mandato negli Inferi al servizio di un suo liberto. La produzione delle tragedie senecane, come l’Agamennone - Medea - Ercole furioso, sono un unicum nella letteratura latina, dopo le opere di Pacuvio e Accio, che dimostrano un tentativo da parte dell'impero di riproporre l'argomento tragico nello scenario teatrale romano, che preferiva di molto la commedia. Seneca scelse gli argomenti più truculenti, con scene piene di sangue e violenza, pescando molto dalle opere di Eschilo e Sofocle, dove governava più l'azione che il dialogo riflessivo nelle opere euripidee, mostrando al pubblico romano, sia nello stile che nella rappresentazione un gusto per il macabro e per l'orrido.
Antiporta illustrata del Satyricon di Petronio
La storiografia e l'oratoria
Frontespizio dell'opera omnia di Tacito in un'edizione del 1598.
Nel De viris illustribus vi erano varie sezioni come l'opera di Nepote, riguardanti varie categoria di personaggi famosi. Ci è giunta mutila la sezione dei poeti e letterati, e tra le vite di più grande importanza ci sono, sempre seguendo lo schema bipartito della vita, e delle passioni intime del commediografo Terenzio, del politico Cicerone e del poeta Orazio.
L'oratoria post-augustea
Quintiliano
L'epos del periodo post-augusteo
Silio Italico
L'opera delle Silvae, a parità delle Satire enniane, riguarda vari argomenti di stampo bucolico, mentre l'Achilleide rimase incompiuto a causa della morte del poeta, e avrebbe dovuto riguardare la storia dell'eroe Achille dalla fine della formazione militare da Chirone, con la partenza per Troia e la morte per mano di Paride. Infatti dell'opera è rimasto solo il primo canto, in cui viene mostrato l'inganno di Ulisse ai danni dell'eroe, nascosto dalla madre tra delle vergini, proprio perché un oracolo aveva predetto la morte istantanea, ma piena di gloria, del giovane durante la battaglia a Troia. L'inganno di Ulisse, consistente nel nascondere delle armi sotto un vassoio di doni, porterà Achille a imbracciarle, essendo il legame dell'eroe con la guerra troppo stretto, e alla conseguente partenza per lo stretto dei Dardanelli con le legioni greche di Agamennone.

L'età cristiana

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura cristiana.

San Gerolamo
Nella Città di Dio Agostino adotta la struttura bipartita in due sequenza della materia trattata, ossia la prima parte dedicata allo smantellamento delle solite classiche accuse dei romani e dei pagani contro i cristiani, e della attribuzione di tutte le peggiori causalità della natura e disgrazie ad essi, mostrando come invece la presunta purità delle coscienze romane sia macchiata di assassinio, guerre continue e campagne di conquista secolari. Nella seconda sezione, rifacendosi alla Repubblica platonica, Agostino traccia il disegno utopico della città divina dove tutto è regolato dall'amore di Dio, e dove i puri di spirito sono portati per volontà del Signore a far parte di essa, mentre i malvagi sono gettati nell'Inferno.

Rapporto con le letterature straniere

L'influenza greca è già visibile nelle prime opere della letteratura, come ad esempio l’Odusia di Livio Andronico, la cui materia trattata è direttamente ispirata all'Odissea omerica. Influssi del grecismo sono presenti in tutta l'età arcaica, e specialmente nel movimento della seconda sofistica, creatosi durante l'impero degli Antonini. Lo studio e l'immissione di elementi del greco nelle primitive opere latine riguardano un processo voluto di acculturazione, dal momento in cui Roma (II secolo a.C.) prende coscienza della propria potenza, con l'inizio delle campagne di conquista in Italia, e successivamente nel Mediterraneo. Elementi di presenze italiche nella letteratura sono presenti nelle opere dei poeti Nevio e Livio, come il termine Camene stante a raffigurare la Musa Italica al posto della classica Calliope greca. Simbolicamente Virgilio riunirà i popoli italici e Roma in una grande unità culturale nelle Georgiche, dopo l'universalizzazione della nascita dell'impero con Augusto. Il filologo Marco Terenzio Varrone, nelle sue opere, specialmente nel trattato giuntoci del De lingua latina, analizzò le origini e i cambiamenti sintattici e morfologici della lingua latina, derivata dall'impasto linguistico dell'etrusco, del latino primitivo, e dell'italico.

Rapporto con le letterature moderne

Dante Alighieri

La letteratura latina, in un certo senso, perdurò fino ai giorni nostri, venendo filtrata nel periodo medievale grazie alla Chiesa cattolica e alle varie omelie, nonché trattati apologetici ed esegetici sullo studio della Bibbia, come le opere di San Gerolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino. Attraverso il movimento della scolastica nel XII-XIII secolo, il latino ricoprì un ruolo di grande importanza nelle opere in trattato, i cui rappresentanti massimi furono Sant'Anselmo e San Tommaso d'Aquino nella Summa Theologiae. Inoltre il latino era quotidianamente studiato nei monasteri, con la scrittura e copiature dei codici antichi delle opere dei classici latini, primo tra i quali Cicerone assieme a Seneca e Virgilio, la cui patina di classicismo e perfezione dello stile influenzarono di molto il tipico impianto di maniera della sintassi del periodo tardo medievale, e successivamente rinascimentale. Oltre alla trattatistica in latino, in cui nel XIII secolo il massimo rappresentante fu Dante Alighieri con le opere De vulgari eloquentia e De Monarchia, nel XIV secolo Francesco Petrarca dette notevole esempio del classicismo latino nell'influenza culturale fiorentina, presente soprattutto negli ideali di poetica e di restaurazione della cultura greco-romana nelle Epistole, nella sezione riguardante il viaggio a Roma. A lui si rifecero molti altri scrittori umanisti come Cola di Rienzo, Brunetto Latini, Poggio Bracciolini e Lorenzo Valla.
Quanto allo storicismo, pervenne fino al periodo di Niccolò Machiavelli il termine "tacitismo" dallo scrittore Cornelio Tacito che usò un impasto particolare e variegato dello stile storiografico, basato specialmente sulla brevitas e sull'analisi delle personalità delle figure imperiali trattate negli Annales, introspezione molto acuta, nonché minata da un pessimismo, a cui Machiavelli si ispirerà per la trattazione de Il Principe, riguardante la miglior forma di governo, e l'analisi dei vari governi ("principati") del passato antico e dell'epoca contemporanea, mostrando tra i migliori il governo di Cesare Borgia. Per la continuità dell'analisi introspettiva lucida, basata sul rapporto Potere-Fortuna, indissolubile basato sulla reciproca collaborazione e sapiente scelta dei momento di azione durante la carica di governo, il metodo di studio del Machiavelli è stato battezzato "machiavellismo".

Sociologia e letteratura

Virgilio con l'Eneide tra Clio e Melpomene

La letteratura latina come tutte le letterature antiche, nella sua fase scritta -ma anche il poco che si riesce a dedurre della fase preletteraria- è stata sicuramente una letteratura in cui il rapporto tra scrittore e committenza era legato al contesto sia religioso che storico in cui avveniva la produzione letteraria: certamente i dati sull'alfabetizzazione e la tradizione religiosa di Roma antica possono contribuire a dare un quadro minimale di tale rapporto.

L'ecdotica ci chiarisce che l'alfabetizzazione era un fenomeno limitatissimo nella Roma repubblicana, e dunque la letteratura scritta è definibile un fenomeno di élite, come testimonia la fortissima componente politica che permea anche opere non direttamente connesse con lo scenario politico, fra tutte l'Eneide di Virgilio o la Pharsalia di Lucano. La committenza, eccettuati rari casi di parziale coincidenza con l'autore - è il caso ad esempio di Catone o di Giulio Cesare - non ha davanti agli occhi un destinatario popolare o illetterato, bensì un pubblico di pari con cui esprimersi in una lingua i cui sottintesi e le cui connotazioni sono comprese chiaramente. Questo implica per il lettore moderno la necessità della loro riappropriazione.

Stilistica e letteratura

Metrica

Lo stesso argomento in dettaglio: Metrica classica e Metrica latina.

L'inizio della metrica latina fu segnato dall'influenza italica del saturnio, presente soprattutto in Livio Andronico e in Nevio. Successivamente Ennio, rispondendo al canone di acculturazione romana mediante l'influsso greco, compose il suo poema usando il più nobile esametro. L'esametro dunque diventerà il principale metro per l'epica, mentre il distico elegiaco entrerà nella poesia latina, incominciando da Catullo, che si avvale dell'uso dell'endecasillabo falecio. Il giambo invece viene usato in ambito teatrale sia nella commedia che nella tragedia. Con lo sviluppo di nuovi generi letterari, quali soprattutto il romanzo (I secolo), Petronio Arbitro fornirà un esempio di prosimetrum, ossia un'opera in prosa, intrisa però di alcune piccole parti in versi, come citazioni e favole di divagazione tratte dal genere letterario delle fabulae milesiae.

Retorica

Lo stesso argomento in dettaglio: Retorica.

Esempi di retorica sono presenti già nelle prime opere poetiche della triade Livio-Nevio-Ennio, ispiratisi alla forma del discorso esortativo dei protagonisti delle opere epiche di Omero. Successivamente, sin dalla nascita della Repubblica, l'attività oratoria sarà molto influente a Roma, fino alle testimonianze dei discorsi oratori di Cicerone e Catilna nelle opere storiche di Sallustio, nonché nelle opere tragiche di Pacuvio e Accio, in cui lo stile dell’actio è intriso di una forte carica di pathos e teatralità. Cicerone sarà il primo autore latino, a noi giuntoci, a mettere per iscritto dei canoni e principi da seguire riguardo alla tecnica della perfetta oratoria ideale, descrivendo le varie componenti di un'orazione, che deve probare - delctare - flectere, e che deve esser suddivisa, durante la sua creazione, negli elementi di inventio - dispositio - elocutio - memoria - actio. Nel periodo imperiale anche Quintiliano si concentrerà sullo studio della retorica, poiché caduta in profonda decadenza, riproponendo i canoni ciceroniani, fornendo esempi anche di altri scrittori latini non giuntici integri, e fornendo un metodo completamente rivoluzionario di insegnamento per il fanciullo. Esempi di retorica sono precedenti anche nelle Odi di Orazio, in cui l'autore mediante la metrica espone i chiari principi del mosa mariorum romano, che servono all'impero nascente poiché il dominio di Roma possa essere stabile nei secoli.

Filologia e letteratura

Esempi di studio della lingua latina furono presenti già dal II secolo a.C. con Sempronio Asellione, la cui analisi sulla differenza tra "storicismo" e "annalismo" riguardo alla pratica dell'opera storica, è stata citata da Aulo Gellio. Anche Varrone si cimentò sullo studio della lingua latina, nonché compiendo un primo lavoro di filologia sulle commedie di Plauto, riconoscendone 19 autentiche su un totale di quasi 100 spurie. Un ultimo esempio di filologia è presente nella revisione della Bibbia operata da San Girolamo, con la traduzione letteraria delle Sacre Scritture ebraiche nella versione della Vulgata.

Note

  1. ^ Vittore Pisani, Le lingue dell'Italia antica oltre il latino, Torino, Rosenberg & Sellier, 1964 (seconda edizione): "Capitolo I: I dialetti osco-umbri", pp. 1-222.
  2. ^ "Se qualcuno avesse chiesto a un Romano colto in che anno era cominciata una vera letteratura in latino, costui probabilmente avrebbe risposto indicando il 513 dalla fondazione di Roma, cioè il 240 a.C. Era quello l’anno in cui Livio Andronico, uno schiavo liberato, proveniente dalla città greca di Taranto, aveva fatto rappresentare per la prima volta un testo scenico in lingua latina, presumibilmente una tragedia." Gian Biagio Conte, Letteratura latina. Vol. I: Dall'alta repubblica all'età augustea, Firenze, Le Monnier Università, 2012, Capitolo 2, "Le origini. 1. La nascita della letteratura latina". p. 2.
  3. ^ Ettore Paratore, 1962, 1.

Bibliografia

Voci correlate

Generi

Le Opere letterarie in latino si possono suddividere per generi letterari secondo questi filoni stilistici:

Scrittori

Gli scrittori latini sono normalmente associati ai generi letterari che consacrarono la loro fama:

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