Robert Hossein nacque il 30 dicembre 1927 nel 12º arrondissement di Parigi (Senna). Suo padre, André Hossein (nato Aminoullah Hosseinoff) era un compositore di origine azera-iraniana, di fede zoroastriana,[1][2][3] nato russo nel 1905 a Samarcanda (o ad Aşgabat[4][5]). Sua madre, Anna Mincovschi era un'attrice ebrea di Soroca (Bessarabia[6][7], città della Moldavia d'oggi). La famiglia viveva in condizioni modeste all'ultimo piano in rue de Vaugirard[8]. Durante l'infanzia venne messo in collegio, ma spesso si ritrovò cacciato quando i suoi genitori non erano in grado di pagare la quota d'iscrizione. Dopo la licenza di scuola elementare interruppe gli studi,[8] pentendosi in seguito di essere solo un "autodidatta".
Senza abbandonare l'attività di attore, dalla metà degli anni cinquanta Hossein si dedicò con alterni risultati anche alla regia, prediligendo storie drammatiche e a forti tinte[9][10], debuttando dietro la macchina da presa nel 1955 con Gli assassini vanno all'inferno, adattamento dell'opera teatrale Les salauds vont en enfer,[11] del suo amico Frédéric Dard, nel quale apparve anche come attore. In seguito diresse Nella notte cade il velo (1958), considerato la sua opera migliore come regista[9], e La belva di Düsseldorf (1965), omaggio al maestro Fritz Lang[9]. Per tutta la sua carriera continuerà su questa strada, alternando la regia alla recitazione, e tentando anche un'incursione nel genere western con Cimitero senza croci (1968), film che diresse e interpretò accanto a Michèle Mercier, ma che ebbe scarso successo[9].
L'interesse di Hossein per la regia teatrale coincise con l'ultimo periodo del genere Grand Guignol, specializzato in spettacoli di tema macabro e violento. In collaborazione con Frédéric Dard, mise in scena titoli come Docteur Jekyll et Mister Hyde, La Chair de l'orchidée (da James Hadley Chase), o ancora L'Homme traqué (da Francis Carco).
Le sue produzioni divennero via via sempre più spettacolari dal punto di vista scenico, tanto da richiedere ingenti risorse e finanziamenti. Quando, nel 1976, le autorità pubbliche locali decisero di non sostenere più tale impegno finanziario, Hossein lasciò Reims e tornò a Parigi, dove creò una propria compagnia e intraprese una serie di quelli che definì "i grandi spettacoli" al Palais des Sports e al Palais des Congrès, con messe in scena grandiose e caratterizzate da un gran numero di attori e comparse, una profusione di risorse in pirotecnica, sistemi audio, proiezioni, per immergere gli spettatori nel cuore dello spettacolo.
La prima delle sue superproduzioni fu, nel 1975, La Prodigieuse Aventure du cuirassé Potemkine, scritto insieme agli storici Alain Decaux e Georges Soria. Fu André Castelot ad affiancare Hossein nelle sue più grandi produzioni: Notre-Dame de Paris (1978), Danton et Robespierre (1978), Les Misérables (1980), che ebbe molto successo e venne poi ripreso nel West End e in seguito a Broadway, Un homme nommé Jésus (1983), La Liberté ou la mort (1988), Je m’appelais Marie-Antoinette (1993) e 1940-1945: de Gaulle, celui qui a dit non (1999).
Nel 1987 portò in scena lo spettacolo L'Affaire du courrier de Lyon, ricostruzione di un processo in corte d'assise, in cui introdusse l'innovativo espediente di coinvolgere il pubblico, facendolo partecipare allo spettacoloː i primi cento spettatori a rispondere all'invito presero posto sul set per formare una giuria popolare; terminato il processo, avevano solo dieci secondi per esprimersi sulla colpevolezza dell'imputato e il voto veniva visualizzato su uno schermo. Sei anni dopo, nello spettacolo Je m'appelais Marie-Antoinette, l'intero pubblico fu invitato durante l'intervallo a votare sul destino della regina Maria Antonietta al termine del processo. Hossein ripeterà tale formula anche in L'Affaire Seznec, un procès impitoyable nel 2010.
L'apice delle sue fastose produzioni venne raggiunto nel 2004 con Ben-Hur, uno spettacolo con 500 comparse, un budget di 13 milioni di euro e la mitica corsa delle bighe dell'omonimo film ricostruita allo Stade de France da sette carri trainati da ventotto cavalli. Tuttavia, quando i suoi grandi spettacoli pian piano ebbero sempre meno successo, Hossein tornò al repertorio classico. Direttore dal 2000 del Théâtre Marigny, su proposta dell'industriale François Pinault che ne aveva la concessione, Hossein diresse, fra gli altri, un adattamento di La signora delle camelie in cui tornò a lavorare con Isabelle Adjani. Nel 2008 lasciò la direzione del Théâtre Marigny.
I suoi ultimi grandi spettacoli furono influenzati dal suo interesse verso tematiche religiose: N’ayez pas peur! Jean Paul II nel 2007 al Palais des Sports e Una donna di nome Maria, creati per uno spettacolo unico nell'agosto 2011, rappresentato davanti a 25.000 spettatori e 1.500 malati a Lourdes. Dal 2015, con Stéphane Bern ed Ève Ruggieri, si prestò come voce narrante dello spettacolo Le Fabuleux Noël du château de Maintenon, nella scena che ripercorre la visita di Winston Churchill al Castello di Maintenon, quartier generale dell'ammiraglio François Darlan.
Nel 1955 Hossein sposò l'attrice Marina Vlady, dalla quale ebbe due figli, Igor e Pierre. La coppia divorziò nel 1960.
Nel 1962 sposò Caroline Eliacheff, la figlia quindicenne della giornalista e scrittrice Françoise Giroud, dalla quale ebbe un figlio, Nicolas, nato nel 1963 e diventato Aaron Eliacheff, rabbino a Strasburgo, dove tiene lezioni di religione.[14][15] Hossein e la Eliacheff divorziarono nel 1964.
Nel 1973 si legò alla ventiduenne attrice Michèle Watrin (che interpretava la cugina di Claude Jade in Prêtres interdits). L'anno successivo, poco prima del loro matrimonio, la donna morì in un incidente automobilistico nel quale Hossein rimase gravemente ferito.[16] Nel 1976 sposò a Reims Candice Patou.[17], dalla quale ebbe il figlio Julien.
Particolarmente devoto a Santa Teresa di Lisieux, nel 2007 presentò uno spettacolo dal titolo N'ayez pas peur sulla vita di Giovanni Paolo II[20]. Nel aprile 2016 venne ricevuto da Papa Francesco in Piazza San Pietro a Roma. Dichiarò poi a Radio Vaticana le sue motivazioni per la difesa di un teatro popolare "che permetta ai giovani di trovare prospettive di cultura, significato e fede"[19].
Robert Hossein è morto il 31 dicembre 2020, Il giorno dopo il suo 93º compleanno presso la clinica di Essey-les-Nancy a seguito di un problema respiratorio.[21][22][23][24] La vedova ha negato che il marito sia stato vittima del COVID-19, smentendo dunque le indiscrezioni date inizialmente dalla stampa francese e anche internazionale.[25].
Dopo le esequie celebrate nella chiesa di Saint-Rémy, Hossein venne sepolto il 6 gennaio 2021 a Vittel (Vosgi) alla sola presenza della famiglia. Una messa in sua memoria si è tenuta il 9 febbraio 2021 nella Chiesa di Saint-Sulpice di Parigi, celebrata dall'arcivescovo Michel Aupetit[26][27] e trasmessa in diretta dal canale televisivo KTO, sulla sua antenna e sul suo sito ktotv.com[25].
^Nonostante le dichiarazioni di Robert Hossein, il certificato di matrimonio di suo padre dà come luogo di nascita Aşgabat, rettificato, con sentenza del tribunale di grande instanza della Senna, a Echghabad. Probabilmente è Aşgabat che si trova vicino al confine con l'Iran.
^Hossein André, su Les gens du cinéma. URL consultato il 20 dicembre 2020..
^Les salauds vont en enfer est d'abord un pièce de théâtre creata a Parigi nel 1954 et d'ailleurs mise en scène par Robert Hossein. Pièce et film donneront naissance à un roman qui paraîtra aux éditions Fleuve noir en 1956.
^Dictionnaire du cinéma français, collection Références Larousse, 1987