Cesare Goretti (Torino, 26 aprile 1886 – Pozzo d'Adda, 14 maggio 1952) è stato un filosofo e giurista italiano.
Laureatosi in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Torino nel 1909 (relatore è il filosofo del diritto Gioele Solari), Goretti frequenta successivamente l'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che sarebbe confluita nel 1924 nell'Università degli Studi di Milano), dove incontra Piero Martinetti; lì nel 1921 si laurea in Filosofia.
Nel 1926 è segretario del VI Congresso Nazionale di Filosofia, organizzato dalla Società filosofica italiana e presieduto da Piero Martinetti; il Congresso è sciolto dalle autorità fasciste dopo appena due giorni. Il 31 marzo 1926 Martinetti e Goretti firmano la lettera di protesta indirizzata al rettore Luigi Mangiagalli[1], nel quale si "protesta in nome della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del pensiero".
Nel 1931, al momento del giuramento di fedeltà al Fascismo, necessario per entrare nella carriera universitaria o per proseguirla, Goretti si rifiuta e resta così al di fuori della carriera accademica; svolge attività professionale a Milano, effettua traduzioni di testi filosofici e collabora alla "Rivista di filosofia" (anche quale componente del comitato direttivo)[2]. Frequenta, come altri filosofi antiscolastici ed antifascisti, la casa di Luigi Fossati (1871-1945, bibliofilo ex sacerdote e docente, poi allievo del Martinetti e direttore di Rivista di filosofia) in Via Ciro Menotti a Milano.[3][4][5][6]
In prossimità della morte, avvenuta nel 1943, Piero Martinetti lascia la sua biblioteca privata in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi nel 1955 alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato dell'Università di Torino, presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia.[7]
Solo nel secondo dopoguerra Goretti è riammesso nel mondo universitario e nel 1948 assume per concorso la cattedra di Filosofia del diritto; insegna all'Università degli Studi di Ferrara fino alla morte.[8]
Il Comune di Ferrara ha intitolato una via a Cesare Goretti, "filosofo - patriota".
Prolifico filosofo del diritto, autore di scritti su Kant, Sorel, Bradley, traduttore di varie opere filosofiche (Afrikan Špir, Bradley, Thomas Hill Green), a Goretti si deve il primo intervento[9] che qualifica l'animale come “soggetto di diritto”.
Nel 1926 Piero Martinetti aveva pubblicato “La psiche degli animali” in cui aveva sottolineato che gli animali possedevano intelletto e coscienza e, in generale, un vita interiore, come emergeva dagli “atteggiamenti, i gesti, la fisionomia”; questa vita interiore è “forse estremamente diversa e lontana” da quella umana” ma “ha anch'essa i caratteri della coscienza e non può essere ridotta ad un semplice meccanismo fisiologico”.[10]
Nel 1928 Goretti va oltre, fino ad affermare che gli animali sono veri e propri “soggetti di diritto” e che l'animale ha una “coscienza giuridica” e una percezione del giuridico.[11] In tal modo ha anticipato tematiche proprie della bioetica e dell'etologia; nonostante l'originalità e l'innovatività delle posizioni assunte, il suo scritto non ha avuto fortuna ed è stato del tutto trascurato dal dibattito animalista e negli studi di etologia.[12][13]
«Come non possiamo negare all'animale in modo sia pure crepuscolare l'uso della categoria della causalità, così non possiamo escludere che l'animale partecipando al nostro mondo non abbia un senso oscuro di quello che può essere la proprietà, l'obbligazione. Casi innumerevoli dimostrano come il cane sia custode geloso della proprietà del suo padrone e come ne compartecipi all'uso. Oscuramente deve operare in esso questa visione della realtà esteriore come cosa propria, che nell'uomo civile arriva alle costruzioni raffinate dei giuristi. È assurdo pensare che l'animale che rende un servizio al suo padrone che lo mantiene agisca soltanto istintivamente. [...] Deve pure sentire in sé per quanto oscuramente e in modo sensibile questo rapporto di servizi resi e scambiati. Naturalmente l'animale non potrà arrivare al concetto di ciò che è la proprietà, l'obbligazione; basta che dimostri esteriormente di fare uso di questi principî che in lui operano ancora in modo oscuro e sensibile.»
Cesare Goretti è ritenuto – unitamente al filosofo del diritto francese Jean Ray - esponente dell’istitutismo giuridico.[14]
Nella filosofia del diritto occidentale del XX secolo, si individuano tre teorie dell'"istituzionalità nel giuridico" (Lorini):[15][16]