Felice Chilanti (Ceneselli, 10 dicembre 1914Roma, 26 febbraio 1982[1]) è stato un partigiano, giornalista e scrittore italiano.

Biografia

Aderì al fascismo[2] in gioventù. Fu fra i vincitori dei littoriali fascisti del 1935, organizzati da Giuseppe Bottai ed Alessandro Pavolini. Insieme a Francesco Pasinetti e Vasco Pratolini fondò la rivista Il ventuno domani, che prese parte al dibattito sulla razza e l'impero. In quelle pagine, Chilanti arrivò ad individuare nel popolo lavoratore il supremo difensore e custode della purezza razziale.[3]

All'inizio del secondo conflitto il Chilanti, allora fascista di sinistra[4], è coinvolto in un tentativo di complotto con Vittorio Ambrosini, contro alcuni fascisti (tra cui Galeazzo Ciano): il complotto non ha esito, in quanto vengono traditi da un appartenente al gruppo dei cospiratori stessi. Felice Chilanti è in compagnia di un nutrito gruppo di fascisti che passarono all'antifascismo militante, combattente e comunista nelle diverse frange dell'ideologia: Davide Lajolo, Fidia Gambetti, Ruggero Zangrandi, Elio Vittorini, Vasco Pratolini che rappresentarono la frangia intransigente del fascismo di sinistra e formarono i nuclei fascisti passati nel dopoguerra all'antifascismo.

Come molti altri vincitori dei littoriali, divenne poi parte attiva dell'antifascismo e della Resistenza. Chilanti passò all'antifascismo militante diventando redattore di Bandiera Rossa, giornale dell'omonima formazione partigiana, nella quale militavano anche altri antifascisti come Filiberto Sbardella, Vincenzo Guarniera e Giuseppe Albano (detto "il gobbo del Quarticciolo").

Nel dopoguerra Chilanti collaborò con L'Ora di Palermo e con Paese Sera di Roma; divenne poi vicedirettore de l'Unità, e in seguito aderì ad Avanguardia Operaia. Prese infatti parte, insieme ai colleghi de L'Ora Nino Sorgi (avvocato del giornale che si firmava con lo pseudonimo di Castrense Dadò), Michele Pantaleone, Mario Farinella, Enzo Lucchi, Mino Bonsangue ed Enzo Perrone, alla prima inchiesta giornalistica sulla mafia mai pubblicata da un giornale italiano, che venne portata a termine nonostante l'attentato dinamitardo del 19 ottobre del 1958 che distrusse parte della redazione e della tipografia del quotidiano, e che fu all'origine della istituzione della Commissione Parlamentare Antimafia da parte del governo[5]. Gli articoli, pubblicati su "L'Ora e su "Paese Sera", vennero in seguito raccolti in un volume dal titolo Rapporto sulla Mafia, pubblicato nel 1964. Nello stesso periodo, raccolse anche le memorie del mafioso italo-americano Nick Gentile, che furono pubblicate nel libro Vita di capomafia (1963).

Opere

Riconoscimenti

Nel 1960 ha vinto il Premiolino per l'articolo Brasilia de noantri[6]

Note

  1. ^ Morto lo scrittore Felice Chilanti Archiviolastampa.it
  2. ^ postmoderno
  3. ^ "I lavoratori seguiranno il Regime nella politica razziale (...). E della razza saranno i più intransigenti e accaniti difensori. Nei figli vorranno che la razza sia sempre più pura". F. Chilanti, La missione della razza italiana, 1938, in Mirella Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte 1938-1948, Milano, Corbaccio, 2005.
  4. ^ "Chilanti sosteneva un "superfascismo" che poi in realtà era una forma di comunismo nazionale del genere di quello di Ugo Spirito. Queste idee di Chilanti giravano molto negli ambienti del GUF": Il prof. Vittorio Frosini in una lucida testimonianza su Università, Normale e Collegio Mussolini Archiviato il 16 marzo 2005 in Internet Archive., a cura di Raimondo Cubeddu e Giuseppe Cavera.
  5. ^ Era L'Ora della mafia in prima pagina, su La Stampa, 18 giugno 2012. URL consultato il 19 aprile 2022.
  6. ^ La motivazione ufficiale Archiviato il 20 settembre 2011 in Internet Archive.

Voci correlate

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