Carlo Emilio Gadda (Milano, 14 novembre 1893 – Roma, 21 maggio 1973) è stato uno scrittore e poeta italiano. Ingegnere di professione, svolse la sua attività scrivendo al tempo stesso per la rivista Solaria. Dalla nativa Milano si trasferì a Roma dove collaborò a lungo con la Rai in programmi culturali.
Gadda ha segnato la narrativa del Novecento attraverso un impasto personalissimo di linguaggi diversi (dialetti, termini gergali e tecnici, neologismi) e un incessante stravolgimento delle strutture tradizionali del romanzo. È stato uno degli scrittori più originali di tutti i tempi anche per la satira della realtà contemporanea e per l'umorismo con cui stempera la pietà e la derisione per l'uomo moderno. Nella sua opera più celebre Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, utilizzando il genere giallo, in una fusione straordinaria di italiano, molisano e romanesco, descrive un ambiente affollato e concentrato di avvenimenti, cose, suoni, odori, un garbuglio che riflette la situazione oscura e feroce degli anni del fascismo in cui è ambientata.[1]
Primogenito dei tre figli delle seconde nozze di Francesco Ippolito Gadda (1838-1909), rimasto vedovo quasi trent'anni prima e risposatosi nel 1893 con l'ungherese Adele Lehr (1861-1936), Carlo Emilio Gadda nacque a Milano il 14 novembre 1893. Il padre, industriale tessile, e la madre, insegnante di lettere e poi direttrice in alcune scuole lombarde, assicurarono alla famiglia notevoli agi, non immuni da alcuni vezzi esteriori della borghesia lombarda, come l'oneroso acquisto di una villa a Longone, in Brianza, contro la quale si indirizzarono subito l'odio e il sarcasmo di Gadda, che in essa vide l'origine di tutte le disgrazie familiari: infatti le spese sostenute in questa circostanza, nonché alcuni azzardati investimenti paterni nell'allevamento dei bachi da seta, uniti alla concorrenza dell'industria tessile giapponese e, da ultimo, alla morte stessa del padre, che avvenne nel 1909, segnarono il passaggio, traumatico per il giovane, a una difficile condizione economica, a cui solo il lavoro e i sacrifici materni riuscirono a far fronte. Ciononostante manterrà nei confronti della madre un affetto ambivalente, caratterizzato da affetto ma anche ostilità.
Conseguita la maturità al Liceo classico "Giuseppe Parini" (1912), contro la propria volontà e in obbedienza alle aspirazioni materne[2] Gadda si iscrisse, come il fratello Enrico, al corso di laurea in Ingegneria elettrotecnica presso il Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (il futuro Politecnico): la rinuncia alle proprie inclinazioni letterarie fu la nota costante e dolente del ritratto che il Gadda maturo diede di sé.
Da convinto interventista qual era, nel maggio 1915 scese in piazza inneggiando all'entrata dell'Italia nel conflitto contro l'Austria-Ungheria nella prima guerra mondiale. Partì volontario arruolandosi nel Regio esercito, dove fu inquadrato come sottotenente della seconda sezione dell’89º reparto mitragliatrici del 5º reggimento alpini, venendo dislocato nelle zone arretrate del fronte sull'Adamello e sulle alture vicentine. Dopo la disfatta di Caporetto, l'ufficiale Gadda venne fatto prigioniero ai piedi del monte Krasji, nei pressi di Ternova d'Isonzo, nell'ottobre 1917; deportato a Celle, presso Hannover (Germania), nella baracca 15c (soprannominata la "baracca dei poeti") strinse amicizia con Bonaventura Tecchi, Camillo Corsanego e Ugo Betti[3]. L'esperienza vissuta con questi intellettuali viene raccontata nel capitolo "Compagni di prigionia", de Il castello di Udine.
Tra il 24 agosto 1915 e il 31 dicembre 1919 Gadda tenne un minuzioso diario, in parte (quella del 1917) andato perduto. Col titolo Giornale di guerra e di prigionia, fu parzialmente pubblicato solamente nel 1955 e, con alcune aggiunte, nel 1965. Solo dopo la sua morte sarà pubblicata anche la parte relativa a Caporetto e alla prigionia, fino al ritrovamento di altri sei taccuini inediti, comprati a un'asta di Finarte dalla Biblioteca Centrale Nazionale di Roma nel 2019, restaurati e finalmente pubblicati nella nuova edizione critica del 2023 (Adelphi). È una denuncia forte e amara dell'incompetenza con cui era stata condotta la guerra e del degrado fisico e morale della vita dei prigionieri di guerra. L'opera gaddiana riporta in differenti occasioni alcuni dei temi che diventeranno il fondamento delle maggiori: il disordine oggettivo del reale, l'affetto dell'autore nei confronti del fratello, l'orrore della guerra, il disprezzo delle gerarchie.
Il rientro in Italia, a Milano, alla fine del gennaio 1919, è funestato dalla notizia della morte in un incidente di guerra, il 23 aprile 1918, dell'amato fratello Enrico, aviatore, "la parte migliore e più cara di me stesso", come annota nel Giornale.
Tornato a Milano, il 14 luglio 1920 conseguì la laurea in Ingegneria elettrotecnica, discutendo la tesi Turbine ad azione Pelton con due introduttori.
Come ingegnere lavorò in Sardegna, in Lombardia, in Belgio e in Argentina[4][5], presso la Compañía General de Fósforos, fondata dagli industriali italiani Dellachà e Lavaggi.
Nel 1921 si iscrisse al Partito Nazionale Fascista. Fu docente di matematica e fisica al Liceo Parini di Milano, nel quale aveva studiato[4], fra il 1924 e il 1925[6].
Nel 1924 decise di iscriversi al corso di laurea in filosofia e di dedicarsi alla passione a lungo rimandata: la letteratura e le arti umanistiche. Superò tutti gli esami previsti dall'ordinamento didattico e concordò la tesi col professor Piero Martinetti. La dissertazione di laurea riguardava i Nouveaux Essais sur l'entendement humain di Leibniz, ma per oscuri motivi Gadda non terminò mai la sua stesura e rinunciò così a laurearsi in Filosofia.
Nel 1926 iniziò la sua collaborazione alla rivista fiorentina Solaria, esordendo nel 1927 sulle pagine di critica con il saggio dal titolo Apologia manzoniana.
Negli anni Venti iniziò a scrivere ampi abbozzi di romanzi e trattati, come Racconto italiano di ignoto del Novecento, nel 1924-25, contenente molte informazioni sulle caratteristiche che deve avere il romanzo moderno in rapporto alla tradizione (specie quella manzoniana). Nel 1928-29 abbozzò un trattato filosofico, la Meditazione milanese (di cui stese una prima versione e iniziò, senza concluderla, una seconda versione), che trattava di una gnoseologia e nel quale si manifestava il suo interesse per Leibniz, ma anche per Kant e per Spinoza. Nello stesso anno si dedicò al romanzo La meccanica, che tuttavia, rimasto incompiuto, vedrà la luce solamente nel 1970.
Nel 1931 iniziò la sua collaborazione al quotidiano milanese L'Ambrosiano e pubblicò presso le Edizioni di Solaria una raccolta di racconti e prose varie, intitolata La Madonna dei filosofi. Con Il castello di Udine, sua seconda raccolta di racconti, che verrà pubblicata tre anni dopo, lo scrittore otterrà il premio Bagutta.
Nel 1936 morì la madre, con la quale Gadda intratteneva un rapporto conflittuale. Fu anche per la morte di Adele Lehr e in relazione alla scelta di vendere la casa paterna in Brianza, in cui la madre aveva vissuto, che lo scrittore cominciò a stendere i primi abbozzi del romanzo La cognizione del dolore, pubblicato successivamente tra il 1938 e il 1941 sulla rivista Letteratura.
Nel 1940 lo scrittore, abbandonata ormai definitivamente la professione di ingegnere, si trasferì a Firenze, dove visse fino al 1950. Nel 1944 pubblicò L'Adalgisa, una raccolta di racconti di ambiente milanese, un quadro storico-satirico della borghesia milanese nel primo trentennio del Novecento, affiancato da note che danno un rimando saggistico all'opera: al suo interno, "raccontando i Perego, i Maldifassi, i Lattuada, i Corbetta, i Rusconi, i Ghiringhelli, e in primo luogo le loro donne", queste erano descritte come "le vere custodi e interpreti dei sentimenti e delle istituzioni della tribù".[7]
Il soprannome Il gran Lombardo, attribuitogli dal primo biografo[8], è un riferimento al verso 70-3 del Paradiso, canto XVII, che predice a Dante la protezione che avrebbe ricevuto da Bartolomeo I della Scala di Verona durante il suo esilio da Firenze: "Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello / sarà la cortesia del gran Lombardo/ che 'n su la scala porta il santo uccello". Il Gran Lombardo è anche un personaggio incontrato dal protagonista Silvestro nella prima parte del romanzo Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini (1941).
Nel 1950 Gadda si trasferì a Roma dove lavorò presso la RAI per i servizi di cultura del Terzo programma fino al 1955. Sarà di questi anni la produzione letteraria più matura dello scrittore che lo imporrà come una delle grandi personalità letterarie del Novecento. Nel 1952 pubblicò Il primo libro delle favole e nel 1953 Novelle del ducato in fiamme, un'ironica rappresentazione dell'ultimo periodo del fascismo, con il quale ottenne nel 1953 il premio Viareggio.[9]
Nel 1957 venne pubblicato Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, uno sperimentale romanzo giallo ambientato nei primi anni del fascismo, che era già apparso in una prima versione nel 1946-47 sulla rivista Letteratura. Da quest'opera nel 1959 fu tratto il film Un maledetto imbroglio del regista Pietro Germi.
Nel 1963 venne dato alle stampe La cognizione del dolore. L'opera, già apparsa in parte tra il 1938 e 1941 sempre su Letteratura, ottenne il Prix International de la Littérature e uscì successivamente ai saggi e alle note autobiografiche raccolte nel 1958 con il titolo I viaggi la morte. Sempre nel 1963 uscirono Le meraviglie d'Italia nella loro stesura definitiva, con modifiche sostanziali rispetto alla pubblicazione del 1938. Il Gadda di questa fase matura è quello maggiormente ricordato come rappresentante della Linea Lombarda.
Tra le ultime opere, il romanzo-saggio del 1967 Eros e Priapo: da furore a cenere, un violento e grottesco pamphlet sui miti del ventennio fascista che dimostra ancora una volta il rapporto di sostanziale ostilità di Gadda col fascismo; proprio Eros e Priapo è un divertente benché amarissimo scritto contro il regime e Benito Mussolini: in tempi più recenti, il libro è stato riletto come una riflessione sui «torbidi moventi» derivati da impulsi latenti sublimati, dato accentuato dal suo orientamento sessuale[10]. Al riguardo Sergio Luzzatto ricordò che comunque Gadda era stato iscritto al Partito Fascista fin dal 1921 e, a suo parere, le sue invettive sarebbero il frutto di un innamoramento deluso[11]. Bisogna altresì ricordare che l'originale inedito di Eros e Priapo risale al 1945, pur non essendo stato pubblicato prima del 1967 (comunque fortemente rimaneggiato) anche per una notevole censura praticata dalle case editrici cui fu proposto.
Vennero poi pubblicati il primo romanzo di Gadda, La meccanica, nel 1970, e altri scritti inediti che risalgono ai suoi primi anni di attività letteraria, come Novella seconda del 1971.
Gadda morì il 21 maggio 1973 a Roma. È sepolto nel cimitero acattolico di Roma. Dopo la sua morte vennero pubblicati Meditazione milanese (1974) e Racconto italiano di ignoto del novecento (1983).
Nella quinta delle Lezioni americane[12][13] Italo Calvino analizza l'opera di Gadda come esempio moderno di «romanzo contemporaneo come enciclopedia» (p. 103); secondo Calvino, Gadda «cercò per tutta la vita di rappresentare il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo, di rappresentarlo senza attenuarne affatto l'inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni evento» (pp. 103-4). Il critico letterario Guido Almansi ha sostenuto che questa definizione potrebbe applicarsi tanto a Gadda quanto a Thomas Pynchon.[14]
Alberto Arbasino ha analizzato la scrittura del Gadda nel saggio Genius Loci (1977)[15]:
«la derisoria violenza della sua scrittura esplodeva esasperata, contestando insieme il linguaggio e la parodia, tra il ron-ron rondesco-neoclassico-fascistello e il pio-pio crepuscolare-ermetico-pretino, in schegge di incandescente (espressionistica) espressività… Proprio come per Rabelais e per Joyce che gli sarebbero poi stati accostati, «a braccio» e «a orecchio», i suoi messaggi fanno a pezzi ogni codice, spiritate e irritate, le sue invenzioni verbali dileggiano significati e significanti; devastano ogni funzione o finalità comunicativa; rappresentano innanzitutto se stesse, e i propri fantasmi, in un foisonnement inaudito e implacabile di spettacolari idioletti.
[…]
La complessa ricchezza linguistica e tematica dell'opera gaddiana, così visceralmente composta e tramata, e sardanapalesca, e pantagruelica, continua a sollecitare una pluralità di letture, a diversi livelli, lungo differenti parametri, secondo i più svariati presupposti e pregiudizi: a costo di razionalizzare fin troppo lucidamente attraverso nitidi procedimenti di schede e di referti quel suo atrabiliare viluppo di fantasticate irrisioni e di furie compossibili.
[…]
Non per nulla, gl'interessi enciclopedici dell'Ingegnere coincidono (fino al delirio di riversare tutta la Funzione nell'Espressione) coi manifesti tracciati due secoli fa dagli impeccabili fratelli Verri e da Cesare Beccaria, risoluti a insultare programmaticamente la Crusca in nome di Galileo e di Newton, cioè a sviluppare una cultura extraletteraria cosmopolita e un pensiero intellettuale «assolutamente moderno» a dispetto della grammatica arcaica dei Pedanti, trasgredendo al purismo imbecille che caldeggia l'impiego di qualsiasi grulleria del Piovano Arlotto per definire prodotti e nozioni del nostro tempo»
«Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene, certo; ma io chiedo al romanzo che dietro questi due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, forse le ragioni o le irragioni del fatto»